E' stata un’artista a tutto tondo che mai si è lasciata conquistare dell’evanescenza di paillettes e chiacchiere dello star system. Quintessenza della bellezza antica, si ritira lentamente dai set nei primi anni settanta. Una vita fatta di amori strani e usurpatori
Addio “Lollo”. Gli occhioni magnetici e il sorriso sensuale di una delle dive del cinema italiano riconosciuta e amata a livello internazionale ci hanno lasciato. Gina Lollobrigida è morta a 95 anni lunedì 16 gennaio. Lo scorso settembre aveva avuto una caduta con la rottura del femore, mentre era in corsa alle elezioni politiche con Italia Sovrana e Popolare per un seggio al Senato. Donna risoluta e bellissima, caparbia e consapevole del proprio fascino, capricciosa e determinata, riuscì ad affermarsi con la rinascita del cinema italiano del primo dopoguerra, e poi negli anni sessanta a farsi conoscere non senza lasciare cuori infranti dietro di sé nella culla di Hollywood.
Sex symbol e interprete originale di moltissimi numeri musicali in scena, coraggiosa finta trapezista tra le braccia di Burt Lancaster e popolana invasata di fianco a Vittorio De Sica, la Lollo è stata un’artista a tutto tondo che mai si è lasciata conquistare dell’evanescenza di paillettes e chiacchiere dello star system. Non doveva e non voleva diventare attrice, ha spiegato più volte Gina, citando l’aneddoto del doppio destino che bussa alla sua porta: “Studiavo all’Accademia di Belle Arti e dunque la mia carriera era indirizzata all’arte, alla scultura, ma poi mi hanno fermato davanti l’Accademia per ben due volte, mi hanno chiesto di fare la protagonista di un film, dopo dieci giorni hanno cercato di convincere mia madre e io non sapevo cosa inventare e allora fine ho chiesto loro un milione di lire e mi hanno detto sì e sono rimasta a bocca aperta”.
Nessuno dei biografi ufficiali ha però mai saputo indicare quale produttore fosse stato a rispondere di sì alla Lollo. La leggenda deve rimanere tale. Anche perché l’esordio, sicuramente datato 1946 della 19enne attrice di Subiaco non è definito con precisione: se la giocano Aquila nera di Riccardo Freda dove interpreta una schiava e Lucia di Lammermoor, di Piero Ballerini. Nel 1947 però un altro “incidente” la travolge e le sconvolge la vita: un amico la spinge a partecipare al concorso di Miss Roma dove arriva seconda e viene spinta a lanciarsi dal trampolino di Miss Italia. Arriva terza dopo Lucia Bosè e Gianna Maria Canale. Ed è qui che il fisico della Lollo esplode. Campane a martello di Luigi Zampa (1949) dove interpreta una prostituta di Ischia è il primo vero ruolo da protagonista, a cui seguono quello di Anna in Achtung! banditi! di Lizzani (1949), e Fanfan la Tulipe di Christian-Jaque (1952), film in costume, dove la Lollobrigida è la protagonista femminile Adeline La Franchise, opera che vince il premio come miglior regia al Festival di Cannes.
Si racconta che in quegli anni, in cui i film italiani ed europei viaggiavano parecchio negli Usa, il magnate con mire da settima arte Howard Hughes avesse messo gli occhi addosso alla Lollo chiamandola oltreoceano. Lei, già sposa del medico Milko Skofic dal 1949, rifiutò decisa, facendo slittare al 1959 l’anno del definitivo sbarco ad Hollywood. Il 1952 è anche l’anno in cui Vittorio De Sica, nei panni di un avvocato, nel film ad episodi, Altri tempi di Alessandro Blasetti, difende Mariantonia Desiderio/Lollobrigida, petto in bella vista, vitino da ape, fascino magnetico, che ha tentato di avvelenare marito e suocera.
Nell’infuocata arringa dove ne difende la bellezza universale (“è parte del nostro paesaggio (…) come faremmo a mettere in carcere il Vesuvio?”) De Sica esplode con una battuta che farà la storia del cinema italiano e diventerà eterno detto popolare: “Se questa nostra legge assolve i minorati psichici, perché non può assolvere una maggiorata fisica?”. Sorvoliamo sulla concorrenza tutta interna alla corrente “maggiorate” (Loren, Mangano, Ekberg), frutto di una forsennata immaginazione da rotocalchi. Perché nel 1953 la giovane e avvenente Gina fa il botto ancora in coppia con De Sica in Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini.
Nel film sempre in vestaglietta estiva si fa chiamare “la Bersagliera”, cavalca un asinello, regala un cardellino a De Sica, sbraita in chiesa, si azzuffa con un’altra fanciulla per un vestitino, finisce dentro al fiume e con l’abito bagnato e aderente al corpo viene “salvata” dal maresciallo De Sica, anche se alla fine del film se ne andrà col bel carabiniere giovane quanto lei, salutando il maresciallo alla finestra sotto i fuochi d’artificio. Campione d’incassi in Italia per una ringalluzzita Titanus, il film di Comencini consacra la stella nostrana, la sua naturalezza nel mostrarsi, la sua facilità nell’imporsi semplice e regale, la sua spigliatezza nella recitazione mai troppo espressionista e mai nemmeno spudoratamente neorealista.
La Lollo è la quintessenza della bellezza antica di un Italia cinematografica che sposa il glamour delle megaproduzioni europee che si impongono anche ad Hollywood. Il bis con Comencini è dietro l’angolo. Pane, amore e gelosia (1954) nulla aggiunge alla Bersagliera Lollobrigida già riconoscibile da Nord a Sud. Quando sarà ora del terzo episodio della mini saga ecco però la sorpresa: la Lollo non ci sta e la “sostituisce” la Loren. Inutile, la rivalità tra le due è palpabile. Ma tanto è sostenuta e melodrammatica Sofia, quanto è più brillante e leggiadra Gina che assieme a Vittorio Gassman diventa ne 1956 La donna più bella del mondo, cioè la soprano della Belle Epoque, Lina Cavalieri (brani musicali cantati tutti dalla Lollo, autentico mezzo soprano); sale sul Trapezio di Carol Reed assieme a Lancaster e Tony Curtis rischiando diverse volte l’osso del collo nei numeri acrobatici; è Esmeralda nel Gobbo di Notre Dame di Delannoy con un Quasimodo alias Anthony Quinn; è la regina di Saba in Salomone e la regina di Saba, quando gli muore tra le braccia Tyrone Power e finisce il film con Yul Brynner.
Nel ’59 il definitivo percorso negli studios californiani inizia con Sacro e profano dove lavora con Frank Sinatra; poi prosegue nel ’61 con la Lisa Fellini (!) in Torna a settembre – un Golden Globe per lei come miglior attrice – assieme a Rock Hudson (“Non credo che fosse gay ai tempi, la gente può cambiare. Quando abbiamo girato le scene d’amore era del tutto normale”); e con Sean Connery per La donna di paglia (1964) (“l’unico professionista serio che non mi ha mai fatto la corte”). Per Gina è anche l’epoca dei grandi rifiuti che guarda caso combaciano con la sua volontaria lontananza dalla commedia all’italiana dei Monicelli, Risi e compagnia che comincerà a prendere il posto dei Pane, amore e… Basti pensare che su imboccata dello sceneggiatore Rodolfo Sonego dovrebbe diventare protagonista di Una vita difficile con Sordi, ma poi dopo aver fatto leggere il copione anche al marito, dalla sua villa sull’Appia Antica pronunciò il suo ennesimo aut aut: o mi date lo stesso numero di pose di Sordi o non se ne fa nulla.
La Lollobrigida si ritira lentamente dai set di cinema nei primi anni settanta. Giusto l’apparizione come Fata Turchina ne Le avventure di Pinocchio di Comencini e un cameo per il film di Agnes Varda nel 1995 assieme ad un nutrito gruppo di vecchie glorie come Michel Piccoli e Mastroianni. Perché la Lollo si sa, non voleva fare l’attrice, ma essere artista vera, ispirata pittrice e scultrice, fotografa col pallino del reportage. Vedi la rapida corsa a Cuba nel 1976 ad intervistate e fotografare un’entusiasta Fidel Castro. Infine ci sono le apparizioni tv, le interviste per ricorrenze ed anniversari, gli strani amori e i veri usurpatori in tarda età di una signora dal patrimonio ricco valutato attorno ad oltre 200 milioni di dollari.
Fa ancora discutere il falso matrimonio per procura, vera e propria trappola in cui la fa cadere il giovane spagnolo Francisco Javier Rigau nel 2009. L’attrice ha però più volte negato la stipula consenziente dell’atto (“chissà cosa m’ha fatto firmare, io non so nemmeno lo spagnolo”). Per non parlare poi dell’ultimo arrivato a casa Lollo, quell’Andrea Piazzolla che è subentrato come tuttofare e confidente dei segreti più cari della diva, dopo la lite definitiva col figlio Milko jr. e col nipote Dimitri. Eppure stiamo ancora parlando del mito Lollobrigida. Capezzolo/imboccatura della tromba (“per me lei è Gina“) che si deve tenere con forza tre le labbra per suonare da Dio secondo Joey in The Commitments di Alan Parker; confidente temuta e rispettata di Marilyn Monroe nel 1954, proprio quando la ragazzina timida ed introversa, piange a dirotto tra le braccia di Gina confessa le sue pene d’amore. “Le star non sono quelle che non danno confidenza a nessuno”, ha raccontato recentemente in tv su Rai1. “Non devono darsi arie, ma essere persone soprattutto amate e popolari. Io non mi sono mai accorta di esserlo. Il cinema è un lavoro, appena finito torno me stessa”.