“Ridurre le accise? Se si vuole farlo bisogna prima riequilibrare il carico fiscale, che oggi pesa sul lavoro tre volte più che su profitti, interessi e rendite. Ma la destra fatica a dirlo perché il suo mantra è che le tasse devono calare per tutti. E in legge di Bilancio ha fatto l’opposto, creando ulteriori iniquità e inefficienze con allargamento della flat tax, tassa piatta incrementale e condoni“. Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla giustizia economica di Oxfam Italia, parte dal tema caldo che ha mandato il governo in affanno nei giorni scorsi per commentare il rapporto Disuguitalia, pubblicato come ogni anno dalla ong in contemporanea con l’avvio del forum che riunisce a Davos i ricchi e potenti del mondo. Il report si conclude con la proposta di un’agenda politica che punti alla riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali in un Paese in cui a fine 2021 il 20% più benestante deteneva il 68,6% della ricchezza nazionale contro il 14% in mano al 60% più povero. E in cui il nuovo governo vuole abrogare il reddito di cittadinanza nonostante l’impennata della povertà assoluta che coinvolge oggi 1,9 milioni di famiglie contro le 960mila del 2009.
Per quanto riguarda il contrasto al caro vita, nell’analisi di Oxfam dare preferenza ai trasferimenti diretti alle famiglie più in difficoltà (piuttosto che sconti generalizzati) è la soluzione migliore, come del resto suggerito anche dall’Ufficio parlamentare di bilancio. “Ma il governo l’ha fatto a risorse invariate“, cioè, come rivendicato dalla premier Giorgia Meloni, utilizzando i fondi con cui era stato finanziato lo sgravio sui carburanti per potenziare altri aiuti mirati. A parte il fatto che quegli aiuti – vedi il caso del bonus sociale bollette – restano spesso poco utilizzati per scarsa conoscenza, difficoltà ad accedervi e ritardi burocratici, il punto è che di risorse se ne sarebbero potute trovare altre, argomenta Maslennikov. Per esempio “correggendo il prelievo sugli extraprofitti introdotto Draghi in modo da ridurre i rischi di incostituzionalità. Ed estendendolo al comparto farmaceutico e a quello assicurativo, oltre ad aumentare l’aliquota“. In più si poteva “evitare di disperdere gettito nei rivoli dei condoni, che comportano perdite erariali e fanno aumentare la propensione a evadere”.
La nuova maggioranza ha fatto scelte diverse. Sul fronte fiscale, ha ampliato la flat tax portando a 85mila la soglia massima di ricavi per aderire al regime: “Questo crea iniquità anche all’interno dello stesso universo degli autonomi, oltre all’evidente iniquità di trattamento rispetto ai dipendenti e pensionati soggetti al regime progressivo. E arriva peraltro in una fase in cui i lavoratori indipendenti, a differenza degli altri, possono già difendersi dall’inflazione trasferendo i maggiori costi ai clienti”. Per non parlare del possibile incentivo alla “migrazione” verso il lavoro autonomo per categorie che lo Stato avrebbe invece tutto l’interesse a trattenere nel comparto pubblico, come i medici. Stesso giudizio per l’altra misura di bandiera di FdI, la flat tax incrementale, che “viola l’equità orizzontale di contribuenti con lo stesso reddito ed è probabile stimoli comportamenti opportunistici per “gonfiare” l’imponibile 2023″.
Per i lavoratori dipendenti, al contrario, oltre al mini taglio del cuneo fiscale c’è assai poco. La detassazione delle mance “sottovaluta la reazione dei datori di lavoro, che saranno incentivati a chiamare “mancia” una parte del salario per pagare meno contributi a danno dei futuri pensionati”, quelle dei fringe benefit riguarda una piccola percentuale di dipendenti perlopiù con salari già alti. Quanto alla regolamentazione del mercato, “il motto del governo è renderlo ancora più flessibile: in manovra ha allargato il campo di applicazione dei voucher – senza chiedersi se e quanto il loro utilizzo sia davvero motivato da logiche organizzative genuine – e ora annuncia una revisione del decreto Dignità” attraverso l’eliminazione delle causali, ricorda Maslennikov. “La contrattazione atipica andrebbe invece sfoltita. Il lavoro non standard deve avere costi maggiori. E gli incentivi alle assunzioni dovrebbero essere legati alla qualità dell’occupazione creata, facendo da correttivo alle dinamiche di reclutamento ordinarie”. Invece, come ha rilevato l’Inapp, le decontribuzioni attive nel 2021 (confermate e prorogate dal governo Meloni) hanno prodotto lavoro spesso precario e part-time.
Quanto ai salari, “il governo è silente“, annota l’analista. “Dovrebbe stimolare un confronto serrato tra le parti sociali per i rinnovi contrattuali e un nuovo meccanismo di indicizzazione dei salari: quello attuale, basato su un indice che non tiene conto dei prezzi energetici, è insufficiente in un periodo di alta inflazione”. Al salario minimo legale la destra è poi contraria, come confermato in un atto di indirizzo dello scorso novembre: l’intenzione è quella di limitarsi all’estensione erga omnes dell’efficacia dei Ccnl principali. Per Oxfam fissare una soglia minima per legge è invece necessario, affidando a un organo consultivo il compito di stabilire i parametri per definirla e aggiornarla.
Bocciatura su tutta la linea, infine, per la svolta annunciata sulle politiche per il contrasto alla povertà, con lo stop al reddito di cittadinanza dopo sette mesi per circa 400mila presunti “occupabili“ e la sostituzione del sussidio, nel 2024, con una misura su cui non c’è ancora alcun dettaglio. “In agosto l’Italia si ritroverà senza un sostegno universale per la popolazione in condizioni di disagio, in contrasto con le indicazioni della Commissione. E la filosofia dietro questa scelta è pericolosa e malsana, oltre che in contrasto con quello che si sta facendo negli altri Paesi Ue: si introduce un nuovo criterio di occupabilità che non tiene conto della vicinanza al mercato del lavoro e di altri fattori oggettivi ma coincide con la mera appartenenza a nuclei familiari senza minori, componenti disabili o persone con oltre 60 anni di età”. Uno spartiacque del tutto arbitrario che oltre a condannare alla revoca chi non ricade in quella platea – e avrà come unico appiglio dei corsi di riqualificazione professionale – rischia di discriminare, nota Maslennikov, “genitori o soggetti disabili che sono in grado di lavorare e vorrebbero farlo”. Loro saranno esentati, per gli altri scatterà il “dovere di lavorare” a qualunque condizione. E a qualunque retribuzione, visto che senza reddito non saranno in condizione di rifiutare impieghi sottopagati e sfruttamento. Per il governo, aggiunge l’advisor di Oxfam, quel “dovere” sembra curiosamente ammettere una deroga “per chi può vivere di rendita grazie a ricchezze familiari, visto che lo Stato tassa pochissimo le successioni“.
L’altra incongruenza è che “si minimizza il fatto che un quinto dei percettori già lavora e con il rdc integra una retribuzione molto bassa”. Prova che spesso il lavoro non basta a soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia. Per questo Oxfam chiede al governo un passo indietro, con la conferma dell’erogazione ai beneficiari per tutto il 2023 e l’indicizzazione delle soglie per l’accesso all’inflazione. In caso contrario, intravede il rischio di “accentuare la disperazione degli “occupabili” rendendoli facili prede per l’economia sommersa, lo sfruttamento o la criminalità organizzata“. Con conseguenze per l’intero sistema, visto che in questo scenario il risparmio “dovrà essere compensato con un rafforzamento in termini di sicurezza privata o investimenti nel sistema carcerario”.
(foto di Andrea Rendine)