I reati ipotizzati dal gip a vario titolo sono induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e contraffazione e uso di pubblici sigilli. Oltre a Nino D'Asero, ex membro dell'Assemblea regionale con il Pdl e Alternativa popolare, sono finiti ai domiciliari l'imprenditore Luigi Cozza, l’ex amministratore unico della società, Rosario Torrisi Rigano, e una dipendente dell’azienda, Cristina Sangiorgi
Quattro persone, tra cui l’ex deputato regionale siciliano Nino D’Asero, sono state arrestate e poste agli arresti domiciliari dai carabinieri del comando provinciale di Catania nell’ambito di un’indagine sulla Società degli interporti siciliani, azienda a totale partecipazione pubblica. I reati ipotizzati dal gip nel provvedimento cautelare, a vario titolo, sono induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e contraffazione e uso di pubblici sigilli. Oltre a D’Asero, ex membro dell’Assemblea regionale con il Pdl e Alternativa popolare, sono stati colpiti dalla misura l’imprenditore Luigi Cozza, l’ex amministratore unico della società, Rosario Torrisi Rigano, e una dipendente dell’azienda, Cristina Sangiorgi. Tra gli indagati a piede libero ci sono anche l’assessore regionale all’Economia Marco Falcone di Forza Italia (nella sua veste passata di assessore alle Infrastrutture), il suo ex assistente parlamentare e coordinatore della segreteria, Giuseppe Li Volti, e l’ex vicepresidente della Regione Gaetano Armao (Azione): per loro il gip ha respinto la richiesta dei domiciliari sostenendo l’assenza di esigenze cautelari.
Gli inquirenti riferiscono che le indagini – condotte dal settembre 2019 al marzo 2021 – hanno svelato le interferenze illecite che D’Asero, con l’aiuto di Falcone, Armao e Li Volti ha esercitato sull’amministratore unico Torrisi Rigano per favorire Sangiorgi, ottenendo ad esempio la revoca del licenziamento della donna, che aveva falsamente attestato il possesso di una laurea. “In relazione all’indagine che riguarda la Società interporti ssciliani, voglio sottolineare la mia totale estraneità a ogni tipo di contestazione. Nella mia precedente veste di assessore alle Infrastrutture, infatti, non sono mai entrato nelle dinamiche interne della Società interporti, se non per accelerare e sbloccare procedure amministrative volte a rilanciare ed efficientare la società partecipata della Regione”, ha dichiarato Falcone. A cui è arrivata subito la solidarietà del governatore Renato Schifani: “L’assessore Marco Falcone gode della totale fiducia da parte di questo governo. Quando sarà chiamato sono convinto che avrà modo di chiarire questa vicenda”.
L’inchiesta – scrive ancora la Procura di Catania – ha “fatto emergere un accordo corruttivo intercorso tra Torrisi Rigano e Luigi Cozza, titolare della Lct Spa, società del settore dei trasporti titolare dell’affidamento in concessione della gestione funzionale, operativa ed economica e della manutenzione ordinaria per nove anni del Polo Logistico dell’Interporto di Catania”. In particolare, “Torrisi Rigano avrebbe concesso l’area in uso gratuito” a Cozza “mesi prima che venisse formalizzato il contratto, e anche omesso o comunque ritardato l’invio di diffide ufficiali alla Lct Spa prima della stipula del contratto di concessione, e avrebbe consentito alla società di concludere un contratto con una terza azienda”. In cambio, contesta la Procura, “Cozza avrebbe assunto la nuora di Torrisi Rigano e promesso vantaggi futuri all’amministratore” della Società interporti. Quest’ultimo è inoltre indagato per essersi appropriato di 2.850 euro, con bonifici in suo favore, dal conto della Società degli interporti siciliani spa di cui aveva la disponibilità.