L’esordio delle nuove Camere riunite è fissato alle 16. Lo scopo è eleggere i dieci membri laici del prossimo Csm (Consiglio superiore della magistratura) l’organo costituzionale che decide su nomine, trasferimenti e sanzioni disciplinari di giudici e pm. L’incombenza è già stata rimandata per due volte: nella scorsa legislatura il Parlamento in seduta comune era stato convocato per mercoledì 21 settembre, subito dopo l’elezione dei venti membri “togati” da parte dei magistrati, tenuta il 18 e 19. Poi però lo scioglimento delle assemblee, dovuto alla caduta del governo Draghi, ha costretto a rimandare la pratica: da ormai quattro mesi il vecchio Consiglio (funestato dal caso Palamara) opera dunque in regime di prorogatio, cioè continua a gestire le pratiche pur essendo formalmente scaduto. Anche una successiva convocazione, al 13 dicembre, è stata fatta saltare per non rubare tempo prezioso all’approvazione della legge di bilancio. L’appuntamento definitivo, dunque, è stato fissato a martedì 17 gennaio: il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha già informato che in caso di “fumata nera” deputati e senatori saranno riconvocati a oltranza ogni settimana. E un certo pressing per non ritardare ulteriormente l’elezione è arrivata anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che è presidente di diritto del Csm.
Come sempre, i nuovi consiglieri laici dovranno essere scelti tra professori universitari ordinari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio. Come sempre lo scrutinio sarà segreto e per l’elezione servirà la maggioranza dei tre quinti dei componenti. Ma quest’elezione è un inedito sotto almeno tre punti di vista: è la prima volta che il Csm viene eletto dalle Camere ridotte dopo il taglio dei parlamentari, la prima volta che i laici da scegliere sono dieci e non più otto (novità della riforma dell’ex ministra Marta Cartabia) e la prima volta (altro effetto della riforma) che le candidature devono essere formalizzate prima del voto. Così, nelle ultime settimane, il dibattito sul tema è stato monopolizzato dai nomi sempre nuovi che si sono aggiunti alla lista degli aspiranti consiglieri, consultabile sul sito della Camera. Chi ha i requisiti poteva candidarsi direttamente con una pec: in alternativa, i nomi potevano essere presentati da un minimo di dieci parlamentari, appartenenti ad almeno due diversi gruppi. Alle 10 di lunedì 16 gennaio (termine ultimo per autocandidarsi) i nominativi nell’elenco sono 286, di cui soltanto tre proposti dai partiti. Ma per le candidature di origine parlamentare c’è tempo ancora fino alle 10 di martedì.
L’intesa tra le forze politiche però è ancora lontana: quasi sicuramente l’elezione non arriverà alla prima seduta. Il primo nodo da sciogliere è il numero di laici che spettano a ciascun partito: l’ipotesi più accreditata è che la maggioranza ne tenga per sé sette, di cui tre in quota FdI e due ciascuno a Forza Italia e alla Lega. In questo modo ai tre maggiori partiti di opposizione (Pd, M5s e Azione-Iv) ne spetterebbe uno ciascuno. Ma c’è chi pensa che il centrodestra abbia in mente di schierare ancora una volta il collaudato asse con il partito di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che garantirebbe il quorum dei tre quinti e la possibilità di fare cappotto dividendosi l’intera torta.
Scorrendo l’elenco dei candidati, e al netto dei nomi ancora “coperti”, si nota già qualche profilo papabile, a partire dalle tre proposte dei partiti. Forza Italia schiera l’ex senatore Enrico Aimi, Fratelli d’Italia il presidente della Fondazione Alleanza Nazionale Giuseppe Valentino (per lui si parla di un possibile ruolo da vicepresidente, il capo di fatto dell’organo), mentre la Lega sembra puntare su Fabio Pinelli, già avvocato di Luca Morisi e di Armando Siri. Tra gli autocandidati ci sono vari docenti universitari di area Pd: Marilisa D’Amico (Milano), Roberto Romboli (Pisa), Riccardo Ferrante (Genova), Luigi Pannarale (Bari). Ma anche un leghista, l’ex senatore Francesco Urraro, che da mesi è descritto come la prima scelta del Carroccio. E nomi importanti di ex parlamentari azzurri: su tutti Gaetano Pecorella, ex avvocato di Berlusconi, poi Luigi Vitali, Roberto Cassinelli, Ciro Falanga. Senza dimenticare l’ex presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin. Se non sarà decisivo, il voto di oggi aiuterà certamente a capirne di più.