Il suo nome non circolava ieri tra i possibili candidati, soprattutto considerando che la portavoce del governo aveva sottolineato l’importanza per Scholz di mantenere l’equilibrio di genere all’interno dell’esecutivo, suggerendo così la scelta di una ministra donna. Ma la scelta del cancelliere per il nuovo ministro della Difesa dopo le dimissioni di Christine Lambrecht è caduta su Boris Pistorius, considerato un politico socialdemocratico molto esperto, soprattutto nel suo ruolo di ministro degli Interni in Bassa Sassonia, carica che ricopre dal 2013. Negli anni si è impegnato su temi come l’estremismo di destra e quello islamista. Nel 2017 ha fatto parte come responsabile della sicurezza interna del “gabinetto ombra” dell’allora candidato cancelliere socialdemocratico Martin Schulz. Nel 2019 si è candidato alla presidenza della Spd, tra gli altri anche contro lo stesso cancelliere. Da tempo Pistorius era considerato lanciato verso un ruolo a livello nazionale. Verrà nominato giovedì dal presidente Frank-Walter Steinmeier e presterà lo stesso giorno giuramento al Bundestag. Pistorius è “la persona giusta” per il ministero della Difesa, ha dichiarato Scholz, che lo ha definito “un politico di spicco del nostro Paese, di grande esperienza amministrativa, che si occupa da anni di politica di sicurezza e che, con la sua competenza, la sua assertività e il suo grande cuore, è esattamente la persona giusta per guidare la Bundeswehr in questo svolta”.
Il caso Lambrecht – Le dimissioni di Christine Lambrecht erano state annunciate alcuni giorni fa, ma il passo indietro arriva a Berlino dopo un mare di polemiche e in una settimana molto importante proprio per il settore della Difesa. Fra pochi giorni infatti, il 20 gennaio, si terrà il vertice organizzato dagli americani, che hanno invitato il Gruppo di Contatto sull’Ucraina nella base di Ramstein. Il segretario della Difesa di Joe Biden, Lloyd Austin, verrà prima nella capitale: ma chi lo riceve? E con l’occasione si attende che proprio i tedeschi chiariscano se intendono inviare i Panzer Leopard a Kiev. Scholz, da settimane sotto pressione sull’argomento e bersaglio di forti attacchi anche per la condotta della sua ministra, peraltro socialdemocratica, ha assicurato oggi di avere “un’idea chiara” e di voler annunciare “molto presto” a chi toccherà la successione. Lambrecht, dal canto suo, è andata via sbattendo la porta. È infatti inedito in Germania che il passo indietro di un ministro avvenga senza uno statement davanti alla stampa. La comunicazione è arrivata unicamente per iscritto stavolta, e fra le righe neppure l’ombra di un’autocritica.
Cinquantasette anni, già ministra della Giustizia nell’ultimo governo Merkel, Lambrecht ha chiaramente puntato il dito contro il clamore del dibattito sui giornali: “L’attenzione dei media, che da mesi si concentra sulla mia persona, difficilmente consente di riferire e discutere in modo obiettivo dei militari, della Bundeswehr e delle decisioni di politica di sicurezza nell’interesse dei cittadini tedeschi”, ha scritto nella nota diramata dal suo ministero, nella quale si è poi limitata a ringraziare “tutti coloro che si impegnano ogni giorno per la nostra sicurezza”. Accusata da tempo di essere “incompetente” dall’opposizione dei conservatori, la ministra ha avuto due incidenti di percorso che ne hanno gravemente minato la credibilità di fronte all’opinione pubblica. Il primo, quando circolò sulla rete una foto del figlio, immortalato a bordo di un elicottero della Bundeswehr. Immagine che la delegata alla Difesa di Scholz ammise di aver tra l’altro scattato personalmente e che il ragazzo aveva postato senza pensare alle conseguenze. Il secondo – e cioè la goccia che ha fatto traboccare il vaso – è la gaffe di San Silvestro: quando la ministra ha dedicato i pensieri di fine anno alla guerra in Ucraina in un video su Instagram che aveva come sfondo botti e fuochi d’artificio della Berlino in festa. Acqua passata comunque. Ora a Berlino si cerca il profilo più giusto per realizzare quella grande “svolta epocale” su sicurezza e difesa lanciata dal Kanzler con il fondo da 100 miliardi per l’esercito subito dopo l’attacco russo all’Ucraina.