Nei 13 mesi trascorsi tra il varo del decreto contro gli abusi sui bonus edilizi e il 31 dicembre 2022, la Guardia di finanza ha sequestrato crediti inesistenti legati alle agevolazioni fiscali per riqualificazioni edilizie per un valore di oltre 3,7 miliardi di euro. “Si tratta di crediti fiscali falsi che, se non fossero stati sequestrati, sarebbero stati compensati con debiti tributari veri, con conseguente diminuzione del gettito erariale”, racconta il colonnello Marco Thione, capo ufficio tutela entrate del Comando generale della Guardia di Finanza, che con ilfattoquotidiano.it fa il punto sulle attività nel campo del contrasto alle frodi e all’evasione fiscale anche in vista degli obiettivi del Recovery plan. Le tipologie di frode che destano più allarme? Oltre a quelle sui bonus edilizi ci sono gli illeciti nel settore dei prodotti energetici, tema caldissimo viste le polemiche dei giorni scorsi sul rialzo dei prezzi dopo lo stop agli sconti sulle accise.

Già dal marzo 2022, quando il governo Draghi ha ridotto l’imposizione sui carburanti, il Corpo ha tra l’altro il compito di segnalare all’Antitrust eventuali condotte anti concorrenziali o pratiche scorrette e di supportare “Mister Prezzi“, il garante governativo a cui è affidato il monitoraggio delle quotazioni alla pompa. Il settore, spiega Thione, “è fortemente esposto a fenomeni di evasione dell’Iva e delle accise che, oltre a pregiudicare il gettito erariale, producono effetti distorsivi della concorrenza. Nella maggior parte dei casi, lo schema classico utilizzato per perpetrare gli illeciti è caratterizzato dalla presenza di società “cartiere” fittiziamente interposte nella filiera commerciale”. Che spesso sono “riconducibili a strutturate “regie” della criminalità organizzata che reimpiega i proventi dell’evasione nell’economia legale”. Questo spiega lo stretto collegamento con le attività affidate alle Fiamme Gialle nel campo del contrasto ai comportamenti che mirano a non pagare le tasse. Un ruolo tanto più cruciale considerato che il Piano nazionale di ripresa e resilienza impegna il Paese a ridurre la propensione all’evasione (tax gap) al 15,8% entro il 2024, dal 18,5% registrato nel 2019.

Dalla scorsa estate, con la presa d’atto da parte del Garante della privacy del decreto sulla cosiddetta “pseudonimizzazione” dei dati contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari che contiene le informazioni su saldi e movimentazioni di conti e depositi bancari, Entrate e Gdf hanno in mano uno strumento nuovo e potente: “È ora consentito utilizzare i dati dell’archivio dei rapporti finanziari in maniera massiva per elaborare analisi del rischio di evasione fiscale, anche attraverso l’incrocio con le altre banche dell’Amministrazione finanziaria (ad esempio, le dichiarazioni fiscali, il patrimonio mobiliare e immobiliare), avvalendosi di opportune tecnologie e metodologie informatiche”, ricorda il colonnello Thione. “I risultati delle analisi saranno utilizzati per far emergere le posizioni dei contribuenti che presentano i più alti indici di rischio, così da indirizzare, previ ulteriori riscontri da parte degli investigatori, i controlli in maniera sempre più mirata, ma anche per supportare l’adempimento spontaneo dei contribuenti attraverso semplificazioni degli adempimenti e nuove forme di dialogo tra il fisco e i cittadini”.

Un esempio di come la pa possa e debba “sempre più sfruttare le potenzialità derivanti dall’interoperabilità delle banche dati e dalle nuove tecnologie di analisi dei big data, nel pieno rispetto della privacy e delle indicazioni del Garante per la tutela dei dati personali”, sottolinea il comandante, anche se “rimane centrale lo sviluppo “antropocentrico” di tali tecnologie”. Cioè “è sempre necessaria una lettura consapevole e calibrata dei dati, affiancando alla tecnologia la tradizionale vocazione investigativa, che costituisce la cifra identitaria della Guardia di finanza”.

Al contrasto alle frodi fiscali e alle frodi carosello sull’Iva, e dunque alla riduzione del tax gap, “può certamente e concretamente concorrere” secondo Thione il rafforzamento del presidio preventivo sulle partite Iva, “favorito dalla nuova normativa” inserita nella legge di Bilancio per contrastare quelle “apri e chiudi”. Già oggi comunque il Corpo fa controlli mirati su quelle di nuova costituzione “che presentano significativi alert di rischio” e, nel caso manchino i requisiti richiesti, inoltra all’Agenzia delle entrate la proposta di cessazione. “Nel solo 2022 sono oltre 1.600 le proposte di chiusura avanzate dalla Guardia di finanza”, quantifica il colonnello. “Si tratta di un’attività fondamentale: la chiusura d’ufficio della partita Iva inibisce la possibilità di emettere fatture elettroniche, impedendo, quindi, la predisposizione di ulteriori documenti fittizi, nonché scongiurando omessi versamenti“. Oltre a precludere la compensazione orizzontale dei crediti fiscali.

Così si tenta di chiudere il cerchio, tornando al dato iniziale, rispetto alle frodi sui crediti di imposta introdotti negli ultimi anni per stimolare la ripresa dell’economia. Frodi che spesso, come emerso dalle indagini svolte dalla Gdf, coinvolgono proprio “imprese “apri e chiudi”, costituite in un ristretto arco temporale o che hanno ripreso ad operare dopo un periodo di inattività”. L’azione di contrasto “continuerà incessantemente anche nel 2023”, garantisce Thione, “posto che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede anche il riconoscimento di incentivi alle imprese sotto forma di crediti d’imposta, alcuni dei quali cedibili a terzi”.

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