Dopo Andrea Bonafede – il geometra che ha prestato la sua identità a Matteo Messina Denaro e si era intestato la proprietà della casa perquisita il giorno dopo l’arresto – le indagini sui fiancheggiatori dell’ex primula rossa di Castelvetrano incrociano il nome di Errico Risalvato, inquilino del secondo covo individuato dai Ros dei carabinieri. È stato l’uomo a dare agli investigatori la chiave della stanza blindata occultata dal fondo di un armadio pieno di vestiti.
Risalvato è un nome noto alle forze dell’ordine. Già consigliere comunale a Castelvetrano, nel 2001 uscì assolto da un processo per associazione mafiosa a fronte di una richiesta di 11 anni della procura che già allora ipotizzava, tra le altre cose, un suo ruolo come favoreggiatore della latitanza di Messina Denaro. E ancora nel 2019, Risalvato finì tra i 19 indagati di una nuova inchiesta sulla latitanza del boss. Oggi 70enne, l’uomo fu perquisito dalla direzione distrettuale antimafia che dava la caccia al latitante. Errico ha soprattutto un fratello, Giovanni, che per associazione mafiosa ha scontato 14 anni. Imprenditore nel settore dei calcestruzzi, oggi Giovanni è un uomo libero. Ma il suo nome è legato a quello del boss di Castelvetrano a tal punto che per un certo periodo si sospetta ne abbia condiviso il covo durante la latitanza.
Quello tra i Risalvato e i Messina Denaro, peraltro, è un legame di lunga data. Il padre di Giovanni e Errico, Antonino, finì arrestato nel 1996 durante una operazione della Squadra Mobile durante la quale venne ritrovata una parte di quello che è ritenuto essere il “tesoro” di Totò Riina. Durante gli arresti vennero sequestrati un crocifisso in oro con brillanti, 400 sterline oro, sei passaporti in bianco, quattro monete d’ oro commemorative dei Mondiali del ’90, ciascuna intestata ad un figlio di Riina, 1500 dollari, ed altri preziosi. E lo stesso Antonino fu accusato di avere organizzato a suo tempo la latitanza di don Ciccio Messina Denaro, padre del boss arrestato lunedì mattina.
C’è poi un ulteriore elemento inquietante che lega il nome dei Risalvato a quello di Messina Denaro. Lo scorso 25 maggio, una seduta della commissione parlamentare antimafia che si teneva a Trapani fu sospesa dopo che l’allora presidente Nicola Morra (la nuova non si è ancora insediata) scoprì un individuo che stava registrando la sessione di nascosto con il suo telefono cellulare.
Il soggetto, poi identificato dalle forze dell’ordine, risultò essere un affiliato di una loggia massonica locale. Quel che è sorprendente, e oggi sembra assumere un significato ancora più oscuro, è che i lavori della seduta erano dedicati alla audizione di alcuni esponenti della massoneria trapanese. Come riportò quello stesso giorno Report, “tra i punti all’ordine del giorno c’era il ruolo di un noto medico della cittadina, Claudio Germilli (…) che era stato scoperto da Report in passato in affari relativi allo smaltimento rifiuti con uno dei più fidati uomini di Messina Denaro, Giovanni Risalvato”. La trasmissione di Rai Tre aveva intervistato Germilli, di professione ginecologo, in merito ad alcuni contratti di affitto “mai registrati” che l’Istituto IAMC-CNR di Capo Granitola (località del territorio di Campobello di Mazara) aveva stipulato in favore del fratello. Secondo una testimonianza citata da Report, anche lì per un breve periodo si sarebbe nascosto Messina Denaro.