di Maurizio Contigiani

Un uomo è stato arrestato dopo trent’anni, nel momento in cui gliene mancano al massimo due da vivere ancora. Un uomo che non contava più niente per il motivo di cui sopra, ma soprattutto perché la mafia non ha più bisogno di soggetti di quello stampo. Oggi può fare affidamento in risorse attive nei parlamenti nazionali ed europei, a Davos come nei consigli di amministrazione delle potenze finanziarie.

Un elicottero, con a bordo un quinto del governo di quel “Tragicamente Comico Presidente Ucraino”, schiantatosi forse a causa di un sabotaggio ordito non si sa da chi, non importa, ma nel suo carico di morti ci sono anche dei bambini, dei quali non frega niente a nessuno. Un’umanità orribile, all’interno della quale non si riesce a intravedere nessuna speranza per un mondo migliore. Non si riesce a inseguire l’illusione di come, un giorno, un buono possa vincere sul cattivo. Perché sono tutti cattivi. Forse è sempre stato così.

Dopo la seconda guerra mondiale, in Europa Occidentale, si era vissuto un sogno durato ottant’anni. Troppi per i ricorsi storici e la storia, oggi, ci presenta il conto. Un conto difficile da digerire perché siamo più informati, più in grado di valutare l’assurdità di quanto sia facile rovinare tutto da una posizione di benessere e di civiltà mai goduti prima. Ottant’anni vissuti bene grazie a una sorta di equilibri regalati dall’equidistanza nucleare, dalla nascita di democrazie ancora non imbastardite dal tempo. Ottant’anni in cui la lotta di classe aveva ristretto le forbici tra privilegio e disperazione.

Ottant’anni in cui, quelli della mia età, hanno vissuto il miglior periodo e nel miglior luogo per vivere una vita da essere umano nella più completa inconsapevolezza. Un’inconsapevolezza letale per i giovani ai quali non abbiamo trasmesso l’importanza di tutto questo. Quei giovani fra i quali molti, oserei dire troppi, non scendono in piazza, non si indignano, non si interessano, che non inventano, che non rischiano, che non votano e che sono il risultato della nostra condotta che li sta portando inesorabilmente verso un destino peggiore del nostro.

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