All’orizzonte si profila la sconfitta di politica e management che sin qui hanno gestito la partita. Sì, perché all’ipotesi che le Olimpiadi di Milano-Cortina si trasformino – sorprendentemente – nelle Olimpiadi “dell’intero arco alpino” non stanno lavorando solo in Piemonte, ma anche a Roma. La notizia, da una parte, è che il governo si è accorto che i ritardi ci sono e che alcuni di essi sono insuperabili, tanto da far dire a Matteo Salvini che “nemmeno se arrivasse oggi Gesù bambino riusciremmo a fare in tre anni quello che non è stato fatto in sei”; dall’altra è che nella Capitale – e non solo sul fronte dell’esecutivo – si ragiona sulle modalità con le quali allargare i Giochi del 2026 al Piemonte. Tradotto: le gare di pattinaggio, da Baselga di Piné, finiranno a Torino, all’Oval (che ospitò le competizioni già nel 2006); la pista da bob potrebbe “traslocare” da Cortina a Cesana Torinese (sul tracciato Cesana Pariol di disputarono le gare, sempre 17 anni fa).

IL PATTINAGGIO A TORINO – Che sia una sconfitta della politica è fuori dubbio. Ma la logica, in termini di costi a breve e a lungo periodo, suggerirebbe di aprire la manifestazione al Piemonte. Cosa che il ministro delle Infrastrutture ha fatto al termine della cabina di regia sulle Olimpiadi a Palazzo Lombardia. Sul palazzetto di Torino, che a maggio ospita il Salone del Libro, è praticamente fatta. I lavori per l’allestimento della pista sono decisamente contenuti (ci sono circa 8500 posti a sedere) e in più il Cio ha sempre nutrito perplessità sull’Ice Rink di Piné. La Federazione internazionale di pattinaggio ha chiesto di realizzare una copertura ad hoc dell’impianto trentino. Costo: 55 milioni di euro. E non è nemmeno detto che ci siano i tempi tecnici per farlo.

Salvini è stato chiarissimo: “C’è già un’infrastruttura pronta a Torino, non vedo perché non usare quella, invece di sprecare 100 milioni a Baselga. Dovremmo anche pensare al dopo evento, come è stato per l’Expo”. La scorsa settimana ha incontrato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e il presidente Alberto Cirio, favorevoli a ottenere una parte dei Giochi. Contestualmente, il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha fatto sapere che riferirà sulla vicenda, in Consiglio, il prossimo 7 di febbraio. Ma è probabile che la parola fine, in quell’occasione, sarà già stata scritta: venerdì, infatti, Giovanni Malagò sarà in Trentino per decidere cosa ne sarà del futuro della località (Il nuovo Trentino scrive che il Coni avrebbe già offerto una contropartita a Fugatti, con il potenziamento dell’attività sportiva nell’Ice Rink e, in ogni caso, un coinvolgimento nelle Olimpiadi) . Per cambiare la destinazione delle gare è necessario che tutti i membri del cda della Fondazione siano d’accordo. In questo senso, Salvini dovrebbe convincere Fugatti, anch’egli leghista.

LO SCONTRO NELLA LEGA SU CORTINA – Discorso diverso per quanto riguarda la pista da bob di Cortina, sulla quale si sta giocando – a un livello più alto – la credibilità politica di Luca Zaia e della Lega. Il presidente della Regione Veneto ha chiuso la porta a ogni ipotesi che non riguardi la località ampezzana: “Non siamo qui a fare i bilanci dei ritardi; per il bob di Cortina è stata già avviata una gara che sarà aggiudicata nelle prossime ore. C’è la volontà di essere pronti per il 2026, visto e considerato che abbiamo i test-event da fare. Dunque, prima del 2026 dovremmo cominciare a collaudare le opere”. In questi mesi si è parlato a lungo della pista, sostanzialmente già pronta, di Innsbruck, in Austria, a cui guarderebbe con favore anche il presidente del Cio, Thomas Bach. Il motivo è presto detto: rifare la storica “Eugenio Monti” costerebbe 85 milioni di euro (dai 55 inizialmente previsti). E pure qui è molto probabile che non ci siano i tempi per realizzarla: la pista non va consegnata nel 2026, bensì entro il 2024 per poter organizzare le gare e, in pratica, “omologarla”.

Al contrario, per rinnovare il budello di Cesana Torinese servirebbero, circa, 15 milioni di euro. Cirio e Lo Russo sono favorevoli (non lo è l’amministrazione di Cesana, che al posto del serpentone di Pariol vorrebbe costruire uno ski dome da 50 milioni di euro). Più difficile, in questo caso, l’azione di moral suasion nei confronti di Zaia. L’idea, tuttavia, è che, di fronte all’impossibilità di portare a termine il progetto Cortina, siano gli stessi amministratori veneti ad alzare bandiera bianca. E il governo, tutto sommato, potrebbe far passare il cambio di programma come una specie di vittoria. L’alternativa, infatti, qualora si fosse costretti davvero ad abbandonare la pista “Eugenio Monti”, sarebbe portare gare e atleti in Austria. Non il massimo, per le Olimpiadi di casa nostra.

Mail: @a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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