La Giunta regionale del Piemonte si sta distinguendo in questo periodo per l’approvazione di leggi fortemente identitarie, ideologiche e strumentali che negano l’autodeterminazione delle donne “costringendole” a portare avanti gravidanze indesiderate, limitandone l’accesso alla contraccezione (la contraccezione gratuita rimane un’utopia in Piemonte), imponendo un modello di famiglia naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, non riconoscendo, di fatto, altri tipi di famiglia.

Il bando che ha spalancato le porte dei consultori alle associazioni anti abortiste, l’istituzione del Fondo “Vita nascente” per l’assegnazione di risorse per la tutela della maternità che vengono erogate agli stessi movimenti pro-vita e infine la legge “Allontanamento 0 – Interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti” sembrano far parte di uno stesso disegno, quella strategia molto ben descritta nella pubblicazione “Agenda Europa – Ristabilire l’Ordine naturale”, che ha lo scopo di rovesciare le leggi esistenti sui diritti umani fondamentali e contrastare l’avanzata dei diritti civili, in nome della “Legge naturale” e che in Italia ha trovato grande eco nel marzo del 2019 a Verona al Congresso mondiale delle famiglie, si inseriscono assolutamente in questa visione di società.

Quella che sembrerebbe più “neutra”, meno identitaria se ci si sofferma solo sul titolo, è la legge “Allontanamento 0” che ha nei suoi intenti quello di azzerare gli allontanamenti dei minori dalle famiglie. E chi può essere contrario a ridurre misure che sono sicuramente dolorose per tutti i suoi componenti? Ma come dice l’ex magistrato Ennio Tomaselli in Questione Giustizia del 5 febbraio 2020: “appare evidente di per sé che Allontanamento Zero è uno slogan e non un obiettivo reale e realisticamente perseguibile.”

Infatti giudici, avvocati e avvocate e tutti coloro che si occupano di tutela dei minori (psicologi, assistenti sociali, educatrici ed educatori), concordano nell’affermare che sono molteplici le situazioni in cui è indispensabile per il minore essere allontanato, temporaneamente o definitivamente dalla famiglia diventata disfunzionale, pur nella consapevolezza che queste misure sono emergenziali e che devono essere poste in essere solo dopo che si sono percorse tutte le strade per ritrovare un equilibrio familiare.

La legge, a detta di chi concretamente si occupa di questi problemi, affronta in modo del tutto inadeguato il tema dei minori e delle famiglie in difficoltà; conosciamo tutti, purtroppo, situazioni in cui questa decisione, pur se dolorosa, è necessaria: minorenni abusati o maltrattati, che vivono in situazione di degrado e incuria, o per i quali la cui salute psicofisica è messa a rischio a causa di devianza o psicopatologia come in alcuni casi di tossicodipendenza, alcolismo, ecc. e in molti altri contesti.

Ben altri sono gli strumenti per affrontare queste situazioni: investimenti importanti nel settore sociale e sanitario e non un semplice contributo economico.

Come spiega il Comitato “Zero Allontanamento Zero” (che vede la partecipazione di tanti soggetti che operano nel settore e che è nato per contrastare questa legge) “il provvedimento è centrato sulla convinzione che sia sufficiente fornire un contributo economico per risolvere problemi gravi delle famiglie: le dipendenze si risolvono con un contributo? la violenza si elimina con del denaro? il maltrattamento si cancella con un reddito aggiuntivo?”

Questa legge demonizza l’affidamento e l’accoglienza in comunità che spesso costituiscono l’unico supporto alla famiglia e ai bambini e alle bambine basandosi su un’idea anacronistica e adultocentrica della famiglia. Famiglia in cui ideologicamente devono prevalere i legami di sangue sul benessere dei bambini e il diritto degli adulti rispetto a quello dei minori. Perché altrimenti prevedere il coinvolgimento di reti familiari sino al quarto grado, senza peraltro regolare criteri di idoneità, senza appurare quali sono i rapporti del minore con questi parenti che possono essere anche a lui sconosciuti o vivere a migliaia di chilometri di distanza? Il legame di sangue che origina dalla parentela non è garanzia di tutela per il minore, ogni caso deve essere affrontato singolarmente vagliando tutte le possibilità e avendo bene presente il principio che deve informare ogni provvedimento che riguarda i minori: l’interesse supremo degli stessi, sancito da leggi e convenzioni internazionali, e che è sempre prioritario rispetto ai diritti degli adulti.

Molte altre sarebbero le osservazioni su questo provvedimento, ma quello che emerge e che inquieta profondamente è la ratio di questa legge: la famiglia d’origine è la struttura ideale in cui crescere un bambino anche nel caso in cui sia disfunzionale, anche nei casi in cui disturbi e squilibri possono arrecare danni irreversibili ai minori; tutelare la famiglia in ogni caso risponde ad una logica antica a cui questi politici sono ancora ancorati: la trasmissione del potere patriarcale.

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