Avvertimenti sui danni alla salute anche sull’etichetta degli alcolici. Dopo un periodo di moratoria di sei mesi, la Commissione Europea ha dato il via libera alla normativa irlandese che equipara l’alcol alle sigarette. Una decisione presa nonostante il parere negativo di Spagna, Francia, Italia e altri sei paesi membri dell’Unione. Sulla questione si è esposta la professoressa Antonella Viola, ricercatrice e docente all’università di Padova, appoggiando la scelta di Dublino e spiegandone le motivazioni in un’intervista al Corriere della Sera: “Una decisione giustissima. Bisogna far sapere che l’alcol è incluso nella lista delle sostanze cancerogene di tipo 1, come amianto e benzene. È chiaro il legame tra il consumo di alcol, e non solo l’abuso, e i tumori al seno, del colon-retto, al fegato, all’esofago, a bocca e gola. Le donne che bevono uno o due bicchieri di vino al giorno hanno un rischio aumentato del 27% di sviluppare il cancro alla mammella”, ha spiegato. E il famoso detto, ‘un bicchiere al giorno fa bene al sangue, fa bene al cuore’? Una bufala. “Nessun medico serio lo direbbe. Non c’è una dose sicura. Come per le sigarette la dose sicura è zero. Noi siamo abituati a pensare che a far male sia l’abuso di alcol, ma l’effetto cancerogeno si sviluppa anche con un uso moderato. Può indurre alterazioni metaboliche che si riflettono a livello cardiochirurgico e causare seri danni all’intestino”.
Anche il cervello risentirebbe del consumo costante di alcol, persino in piccole quantità. “Studi recenti hanno analizzato le componenti della struttura cerebrale, dimostrando che uno o due bicchieri di vino al giorno possono alterarle. Insomma, chi beve ha il cervello più piccolo”, ha continuato la biologa. Un boccone amaro da digerire per produttori e sostenitori dei benefici del vino. Viola, però, reputa che informare i cittadini sia doveroso: “Capisco bene i grandissimi interessi che muove il settore, ma non possiamo nascondere la verità – ha sottolineato –. Bisogna rendere consapevoli i cittadini dei rischi collegati all’alcol, come è stato fatto per il fumo, lasciando poi a loro la scelta di bere o meno. La gente deve conoscere gli effetti del consumo di alcol sulla salute, per poi decidere responsabilmente”.
E ancora, una critica all’abitudine di bere in compagnia: “Il problema è considerare l’alcol un motivo di aggregazione. È uno sbaglio”, ha sentenziato la docente. Mettere le etichette su tutte le bottiglie, insomma, vale la pena: “Con le sigarette ha funzionato, quell’avviso ha ridotto il consumo di tabacco. Ripeto, il consumatore ha il diritto di sapere che l’alcol fa male, poi così come c’è chi fuma ugualmente, continuerà a esistere anche la fetta di popolazione che si concede il vino o altri alcolici. Ognuno è libero di fare e vivere come vuole, ma almeno forniamo gli strumenti per conoscere prima le conseguenze delle proprie scelte”. Niente aperitivo con gli amici, quindi? “Sì, ma con il succo di pomodoro. Non dobbiamo fare l’errore di trovarci in compagnia per bere qualcosa, come si dice. Io per esempio ho da poco rivisto il mio amico e collega Nicola Elvassore, appena nominato direttore scientifico del Vimm, l’Istituto di Medicina biomolecolare di Padova dove tempo fa ho iniziato la mia vita di ricercatrice, e abbiamo festeggiato con una passeggiata”.