Israele, uno stato sempre più a destra e lontano dalla pace: incompatibile con la modernità
Il governo di Benjamin Netanyahu è il più a destra della storia di Israele e, nonostante si sia insediato soltanto da un mese o poco più, è già preso in un vortice di critiche per i suoi ministri: Arye Dery, già condannato per corruzione, e Itamar Ben Gvir, estremista religioso e fautore di una politica discriminatoria nei confronti della popolazione palestinese. Israele, va ricordato, non è sempre stato governato da governi di questo stampo, ma i tempi relativamente illuminati di Shimon Peres e Yzthak Rabin sembrano definitivamente tramontati.
Purtroppo lo “stato degli Ebrei” è un anacronismo mantenibile soltanto attraverso politiche discriminatorie. Per comprendere questo infelice destino di una bella utopia bisogna rifarsi alle sue origini. Il movimento sionista è stato l’ultimo nazionalismo romantico e come tutti i nazionalismi romantici nasceva su una base etnico-religiosa. Anche l’Italia o la Germania nacquero da premesse analoghe; Alessandro Manzoni, che aderiva al romanticismo, descriveva la “gente italica” come “una d’arme, di lingua, d’altare / di memorie, di sangue, di cuor.” Gli stati etnici però si sono evoluti e hanno rinnegato la loro origine romantica, adottando delle Costituzioni che rifiutano l’etnicità.
Ad esempio l’articolo 3 della nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione.” Il totale cambiamento di prospettiva da Manzoni ai Costituenti non potrebbe essere più evidente e rappresenta l’evoluzione del concetto di nazionalità dalla prospettiva etnico-religiosa a quella civico-amministrativa: l’italianità non sta più nel sangue o nella religione, ma nei certificati e sui documenti.
Un analogo salto di qualità è impossibile per lo Stato di Israele, che infatti non ha una Costituzione: se l’avesse, dovrebbe dichiararsi Stato di un gruppo etnico-religioso i cui membri hanno status speciale di fronte alla legge (come accade, ad esempio, per la “legge del ritorno” promulgata da David Ben Gurion nel 1950 e tuttora in vigore), o rinunciare all’idea dello Stato degli Ebrei. Il nocciolo del problema, mi sembra, sta nel fatto che gli italiani non erano una “gente” se non nella fantasia degli eroi del Risorgimento, mentre tra gli Ebrei l’appartenenza etnico-religiosa è profondamente sentita. Rinunciare a una più o meno fantasticata appartenenza etnico-religiosa fu indolore per gli italiani. E’ invece difficilissimo per gli Ebrei.
Ma la storia e il progresso vanno nella direzione adottata dagli stati non confessionali moderni, non nella direzione voluta da Israele, che può essere mantenuta soltanto adottando politiche retrograde. Moltissimi intellettuali ebrei-israeliani hanno chiaramente focalizzato questo dilemma: da Israel Shahak a Shlomo Sand, da Gilad Atzmon a Uzzi Ornan, per citarne solo alcuni. Rinunciare allo stato etnico non implica rinunciare alla propria storia e alle proprie credenze, ma riconoscerne la natura psicologica, privata e non pubblica, impossibile da formalizzare giuridicamente.
Purtroppo non è questa al momento né la politica attuata dal governo israeliano, né quella desiderata dai suoi elettori. Un nazionalismo etnico-religioso è incompatibile non solo con la modernità, ma anche con qualunque prospettiva politica di sinistra (se non di una sinistra a sua volta etnica e discriminatoria), come fu chiaramente dimostrato nel contrasto tra Lenin e Ber Borochov, il leader del Bund, l’Unione generale dei lavoratori Ebrei di Russia, Polonia e Lituania.
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La Redazione
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Con la sospensione di parte degli immigrati trasferiti in Albania, si assiste a un atteggiamento di resistenza da parte di un pezzo della magistratura italiana nei confronti delle misure adottate per garantire la sicurezza e contrastare l’immigrazione irregolare. Ancora una volta ci troviamo di fronte a una presa di posizione che sembra andare oltre l’ambito giuridico, assumendo una connotazione politica e ostacolando l’azione del governo Meloni. Il centrodestra guidato da Fratelli d'Italia non si lascerà intimidire e proseguirà il percorso intrapreso che è ben chiaro agli italiani e non può essere fermato da chi cerca di bloccare, con pretesti giudiziari, interventi necessari per il bene della Nazione". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera dei deputati, Galeazzo Bignami.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Che l'Albania non funzionasse era una cosa nota. Se anche non fossero intervenuti i giudici ci sarebbero 43 migranti in un sito che dovrebbe accoglierne 1500 e che costa 800 milioni. Una follia che va chiusa subito perché non funziona". Così Carlo Calenda di Azione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Corte d’Appello di Roma smonta per la terza volta la propaganda del governo Meloni e certifica il fallimento dell’accordo con l’Albania. Dopo le pronunce di ottobre e novembre, anche oggi i giudici hanno sospeso il trattenimento di una ventina dei 43 migranti bengalesi ed egiziani portati nel centro di Gjader, rimettendo la questione alla prossima pronuncia della Corte di Giustizia europea sui Paesi sicuri. L’effetto immediato è che i richiedenti asilo saranno portati in Italia e liberati, confermando ancora una volta l’illegittimità dell’operazione" Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare Avs.
"A questo disastro politico si aggiunge uno spreco inaccettabile di denaro pubblico: Meloni ha speso quasi un miliardo di euro per allestire i centri in Albania, fondi che potevano essere investiti per assumere medici e potenziare la sanità pubblica. Il governo continua a ingannare i cittadini con la sua retorica anti-migranti, ma la realtà è che le sue politiche sono inefficaci, costose e umilianti per l'Italia. Meloni venga in Parlamento a spiegare il fallimento della sua strategia migratoria, che sta diventando un boomerang giudiziario ed economico", conclude Bonelli.
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Andrea Bellelli
Professore Ordinario di Biochimica, Università di Roma La Sapienza
Mondo - 20 Gennaio 2023
Israele, uno stato sempre più a destra e lontano dalla pace: incompatibile con la modernità
Il governo di Benjamin Netanyahu è il più a destra della storia di Israele e, nonostante si sia insediato soltanto da un mese o poco più, è già preso in un vortice di critiche per i suoi ministri: Arye Dery, già condannato per corruzione, e Itamar Ben Gvir, estremista religioso e fautore di una politica discriminatoria nei confronti della popolazione palestinese. Israele, va ricordato, non è sempre stato governato da governi di questo stampo, ma i tempi relativamente illuminati di Shimon Peres e Yzthak Rabin sembrano definitivamente tramontati.
Purtroppo lo “stato degli Ebrei” è un anacronismo mantenibile soltanto attraverso politiche discriminatorie. Per comprendere questo infelice destino di una bella utopia bisogna rifarsi alle sue origini. Il movimento sionista è stato l’ultimo nazionalismo romantico e come tutti i nazionalismi romantici nasceva su una base etnico-religiosa. Anche l’Italia o la Germania nacquero da premesse analoghe; Alessandro Manzoni, che aderiva al romanticismo, descriveva la “gente italica” come “una d’arme, di lingua, d’altare / di memorie, di sangue, di cuor.” Gli stati etnici però si sono evoluti e hanno rinnegato la loro origine romantica, adottando delle Costituzioni che rifiutano l’etnicità.
Ad esempio l’articolo 3 della nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione.” Il totale cambiamento di prospettiva da Manzoni ai Costituenti non potrebbe essere più evidente e rappresenta l’evoluzione del concetto di nazionalità dalla prospettiva etnico-religiosa a quella civico-amministrativa: l’italianità non sta più nel sangue o nella religione, ma nei certificati e sui documenti.
Un analogo salto di qualità è impossibile per lo Stato di Israele, che infatti non ha una Costituzione: se l’avesse, dovrebbe dichiararsi Stato di un gruppo etnico-religioso i cui membri hanno status speciale di fronte alla legge (come accade, ad esempio, per la “legge del ritorno” promulgata da David Ben Gurion nel 1950 e tuttora in vigore), o rinunciare all’idea dello Stato degli Ebrei. Il nocciolo del problema, mi sembra, sta nel fatto che gli italiani non erano una “gente” se non nella fantasia degli eroi del Risorgimento, mentre tra gli Ebrei l’appartenenza etnico-religiosa è profondamente sentita. Rinunciare a una più o meno fantasticata appartenenza etnico-religiosa fu indolore per gli italiani. E’ invece difficilissimo per gli Ebrei.
Ma la storia e il progresso vanno nella direzione adottata dagli stati non confessionali moderni, non nella direzione voluta da Israele, che può essere mantenuta soltanto adottando politiche retrograde. Moltissimi intellettuali ebrei-israeliani hanno chiaramente focalizzato questo dilemma: da Israel Shahak a Shlomo Sand, da Gilad Atzmon a Uzzi Ornan, per citarne solo alcuni. Rinunciare allo stato etnico non implica rinunciare alla propria storia e alle proprie credenze, ma riconoscerne la natura psicologica, privata e non pubblica, impossibile da formalizzare giuridicamente.
Purtroppo non è questa al momento né la politica attuata dal governo israeliano, né quella desiderata dai suoi elettori. Un nazionalismo etnico-religioso è incompatibile non solo con la modernità, ma anche con qualunque prospettiva politica di sinistra (se non di una sinistra a sua volta etnica e discriminatoria), come fu chiaramente dimostrato nel contrasto tra Lenin e Ber Borochov, il leader del Bund, l’Unione generale dei lavoratori Ebrei di Russia, Polonia e Lituania.
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Giustizia & Impunità
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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Con la sospensione di parte degli immigrati trasferiti in Albania, si assiste a un atteggiamento di resistenza da parte di un pezzo della magistratura italiana nei confronti delle misure adottate per garantire la sicurezza e contrastare l’immigrazione irregolare. Ancora una volta ci troviamo di fronte a una presa di posizione che sembra andare oltre l’ambito giuridico, assumendo una connotazione politica e ostacolando l’azione del governo Meloni. Il centrodestra guidato da Fratelli d'Italia non si lascerà intimidire e proseguirà il percorso intrapreso che è ben chiaro agli italiani e non può essere fermato da chi cerca di bloccare, con pretesti giudiziari, interventi necessari per il bene della Nazione". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera dei deputati, Galeazzo Bignami.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Che l'Albania non funzionasse era una cosa nota. Se anche non fossero intervenuti i giudici ci sarebbero 43 migranti in un sito che dovrebbe accoglierne 1500 e che costa 800 milioni. Una follia che va chiusa subito perché non funziona". Così Carlo Calenda di Azione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Corte d’Appello di Roma smonta per la terza volta la propaganda del governo Meloni e certifica il fallimento dell’accordo con l’Albania. Dopo le pronunce di ottobre e novembre, anche oggi i giudici hanno sospeso il trattenimento di una ventina dei 43 migranti bengalesi ed egiziani portati nel centro di Gjader, rimettendo la questione alla prossima pronuncia della Corte di Giustizia europea sui Paesi sicuri. L’effetto immediato è che i richiedenti asilo saranno portati in Italia e liberati, confermando ancora una volta l’illegittimità dell’operazione" Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare Avs.
"A questo disastro politico si aggiunge uno spreco inaccettabile di denaro pubblico: Meloni ha speso quasi un miliardo di euro per allestire i centri in Albania, fondi che potevano essere investiti per assumere medici e potenziare la sanità pubblica. Il governo continua a ingannare i cittadini con la sua retorica anti-migranti, ma la realtà è che le sue politiche sono inefficaci, costose e umilianti per l'Italia. Meloni venga in Parlamento a spiegare il fallimento della sua strategia migratoria, che sta diventando un boomerang giudiziario ed economico", conclude Bonelli.