Sarà nostalgismo, sicuramente. Ma è negabile che quel pallone a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 fosse più bello per tantissimi aspetti, dalle partite in concomitanza, alle divise e addirittura per i soprannomi? Il Cobra, Tatanka, il Pendolino, el Buitre… il Condor. Già, deve essere bello giocarci da attaccante con un soprannome come Condor, anche quando non sei destinato a una carriera come quella del “buitre”. Il condor è Massimo Agostini, romagnolo doc, che a Cesena trova quel soprannome: in bianconero Agostini ci arriva nel 1981 a 17 anni nelle giovanili, per poi esordire in prima squadra nel 1983. Ci trova uno molto più esperto di lui, Patrizio Sala, che decide di chiamarlo “Condor”: nel soprannome gioca il suo ruolo il naso adunco di Massimo, ma pure i movimenti in area di rigore, veloci e famelici rendono bene. Ci sono due gol che rendono perfettamente il concetto in tal senso: uno arriva in un Napoli-Boavista di Coppa Italia del ’94, di un Agostini ormai 30enne che porta palla al limite d’area la manda a sinistra del difensore mentre lui gira a destra, riprende il pallone e fa secco il portiere, l’altro in un Napoli-Milan dello stesso campionato, con Sordo che cicca il pallone al limite d’area e Agostini che in due passi se lo mangia e infila Rossi sul primo palo. Non c’è solo astuzia e rapacità dunque, ma anche la velocità di pensiero con cui si valuta il da farsi: un attaccante intelligente dunque, moderno per l’epoca.

Un gol a Seba Rossi dunque, che col Condor giocava nelle giovanili del Cesena, quelle giovanili del Cesena guidate da Arrigo Sacchi che arrivano a vincere lo scudetto Primavera nell’82. Il primo gol arriva contro la Cavese, coi romagnoli guidati da Pippo Marchioro che perdono per 3 a 1. Sarà l’unico gol in quel campionato. Nell’anno successivo gioca di più e comincia a far vedere le sue doti da Condor: 5 gol in 31 partite. Arriva a 13 gol il terzo anno: ormai è uno dei giovani attaccanti più promettenti in cadetteria, e allora lo compra la Roma di Dino Viola per metterlo a disposizione di Sven Goran Eriksson. La squadra che aveva sfiorato lo scudetto l’anno prima e che cambia, con Toninho Cerezo, Ciccio Graziani e Dario Bonetti che vanno via, sostituiti da Marco Baroni, Klaus Berggreen e appunto Massimo Agostini. È un annata non positiva: la Roma arriva settima e Agostini segna 5 gol, diventando comunque il miglior marcatore giallorosso assieme a Bergreen e Ciccio Desideri. Con Liedholm l’anno successivo va meglio per la Roma, che arriva terza, ma non per Agostini che gioca poco a discapito di Voeller. Una doppietta al Pescara in campionato e un gol al Monopoli in Coppa Italia: perciò quando c’è la possibilità di tornare al Cesena, nell’ambito dell’operazione che porta Rizzitelli in giallorosso il Condor accetta, anche perché i romagnoli intanto sono stati promossi in Serie A. E il primo gol arriva proprio contro la Roma che al Manuzzi vinceva per 1 a 0 con gol di Sebino Nela, infilandosi tra le maglie dei giallorossi all’87esimo e mettendo alle spalle di Tancredi. I gol alla fine della stagione saranno 11, così pure nella stagione successiva: gol che valgono la salvezza al Cesena e ad Agostini la chiamata del Milan di Berlusconi. In realtà lo vorrebbe anche l’Inter di Pellegrini e del Trap per farlo giocare accanto a Klinsmann, ma il Condor preferisce ritrovare Sacchi a Milano.

L’esordio in A in rossonero è da favola: Gullit e Van Basten non riescono a incidere contro il Genoa, e quando Sacchi lo manda dentro al 72esimo dopo pochi secondi il Condor segna regalando la vittoria al Milan. Chiaramente in quella squadra c’è poco spazio per Agostini, che però quando viene chiamato in causa si fa chiamare pronto, come quando la Roma sogna il blitz a San Siro col gol di Rizzitelli, ma il Condor pareggia al 90esimo con una splendida mezza rovesciata. Altri due gol arrivano in Coppa Italia e il condor gioca in Supercoppa Uefa che i rossoneri vincono nella doppia sfida contro la Sampdoria. Non resta a Milano però: nel 1991 passa al Parma emergente di Nevio Scala, ma il feeling con l’allenatore non scatta e allora all’ultima giornata di mercato nel 1992 accetta di passare all’Ancona appena promosso in A. La coppia d’attacco con Detari è spettacolare: segnano 23 gol in stagione, e il Condor ne realizza alcuni di memorabili come quello del 4 a 4 col Genoa, ma la squadra retrocede. Resta nelle Marche, pur essendo di proprietà del Parma perché l’Ancona non riesce a pagare la seconda rata del suo cartellino: è capocannoniere della B, ma la squadra comunque non riesce a centrare la promozione.

Dovrebbe tornare a Parma, ma visti i rapporti con Scala cerca un’altra sistemazione: l’accordo con l’Atalanta sarebbe fatto, ma poi l’accordo salta e si fa vivo il Napoli.
L’allenatore partenopeo è Guerini, che Agostini conosce bene, ma dopo le prime gare la squadra si ritrova nelle zone basse della classifica e arriva Boskov: la coppia Agostini-Benny Carbone con Rincon a supporto va che è una meraviglia, e il Napoli arriva (anche grazie a quel gol al Milan) che al 90esimo dell’ultima giornata è qualificato in Coppa Uefa, ma un gol di Marco Delvecchio allora all’Inter al 93esimo fa sfumare il sogno. La seconda stagione, anche per via di problemi fisici, non è positiva per il Condor, che scende di categoria a Cesena, dove gioca per due stagioni, per poi chiudere la carriera tra Ravenna, Spezia, Tivoli e Forlì. Ha giocato nel campionato Sammarinese e poi si è cimentato con ottimi risultati nel beach soccer. Oggi è responsabile dell’area tecnica del Cesena ed è anche il suo 50esimo compleanno: il giorno del Condor.

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