In Italia è possibile un trasporto pubblico (quasi) gratuito? A riaccendere il dibattito è stato l’annuncio del sindaco di Bari Antonio Decaro: nel 2023 in città l’abbonamento annuale ai mezzi pubblici passerà per tutti da 250 a 20 euro. La misura costerà 5 miliardi di euro e, secondo le prime dichiarazioni, sarà finanziata grazie al ‘Pon Metro’ (Piano operativo città metropolitane), un programma europeo da 800 miliardi per incentivare la mobilità sostenibile sul territorio e in 14 città italiane. Oltre a contrastare il caro benzina, servirà a ridurre il traffico in città ed eliminare le emissioni di Co2. Quello del capoluogo pugliese però non è il primo esperimento di questo tipo. Il comune di Genova ha deciso da un anno di abolire le tariffe su funivie e ascensori che collegano il centro alla parte alta della città. In Europa dall’Estonia alla Germania, si sta cercando di capire quali sono i benefici e quali sono i limiti di abbattere i costi della mobilità pubblica. In senso opposto si è mossa Milano che dal primo gennaio scorso ha aumentato il costo del biglietto del 10% da pur lasciando invariati gli abbonamenti mensili ed annulai.
In Spagna la gratuità dei treni locali e a media percorrenza diventerà “una misura strutturale” per aiutare le famiglie a basso reddito. Lo ha dichiarato la ministra del Tesoro Maria Jesùs Montero, annunciando la proroga del provvedimento, entrato in vigore lo scorso settembre, per tutto il 2023. È troppo presto però per una valutazione dell’impatto economico e ambientale, che sarà rimandata all’anno a venire. Lo stesso accade a Malta, che ha eliminato il biglietto per abitanti e turisti da ottobre 2022. Tuttavia, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), per ogni euro speso per il trasporto pubblico i privati ne guadagnerebbero 3, grazie alla minore congestione delle strade, ai tempi di percorrenza più rapidi senza automobili e a un minore impatto sulla salute e sull’inquinamento.
Per esempio, Tallin, in Estonia, ha reso i trasporti pubblici gratis dal 2013 per i suoi 400mila residenti. La città aveva già investito in precedenza sull’efficienza delle sue linee, ma la misura ha avuto comunque un impatto. Per una ricerca di Oded Cats, professore alla Delft University of Technology dei Paesi Bassi, in un anno l’abolizione delle tariffe ha fatto aumentare i passeggeri del 14% e ha fatto crescere dell’8% il numero di quelli che hanno abbandonato l’automobile. Le linee gratuite hanno collegato i sobborghi e le periferie al centro della città, con benefici soprattutto per le fasce più povere della popolazione. Quasi un terzo degli utenti dei mezzi ha dichiarato di avere un reddito basso, inferiore ai 300 euro al mese. Si tratta di disoccupati (32%), residenti in congedo parentale (21%) e pensionati (17%). Un quinto poi sono giovani tra i 15 e i 18 anni. L’esempio del capoluogo estone è stato seguito in 11 altre contee su 15, con una crescita media della mobilità pubblica del 32% nella seconda metà del 2018. In Francia invece ad Aubagne, nell’hinterland di Marsiglia, l’utenza dei mezzi ha segnato un +135,8% dopo l’abolizione del pagamento dei mezzi. Mentre le sedici linee di autobus senza costi nella provincia di Dunkerque, nel nord del paese, ha fatto aumentare la frequentazione del centro città da parte dei suoi 200mila abitanti.
Anche in Germania la sperimentazione del biglietto mensile da 9 euro per un anno su tutti i mezzi ha avuto risultati positivi: gli abbonati sono passati da 10 a 52 milioni, con un calo di 1,8 milioni di tonnellate di Co2 emesse. Una cifra pari all’energia consumata da 350mila famiglie in un anno. Almeno 1 utente su 10, rivelano gli ultimi dati, ha sostituito l’automobile con i mezzi pubblici nel suo tragitto quotidiano, tanto che, in alcuni periodi, si è parlato di sovraffollamento delle tratte. L’impatto sul traffico di questi incentivi è in discussione anche in Lussemburgo. Il Granducato è stato il primo a sperimentare tariffe gratuite su tutto il territorio nazionale, con un investimento di 41 milioni di euro nel 2020 (che si sono aggiunti ai 500 milioni già destinati al trasporto pubblico). Nonostante gli oltre 40mila passeggeri giornalieri di tram e treni del 2021, però il numero di auto sulle strade nelle ore di punta non è cambiato rispetto al periodo precedente alla misura.
In Italia il dibattito è ancora in corso. Con un parco auto di 40 milioni di vetture, si tratta del secondo paese in Europa per mezzi privati pro-capite. Secondo un rapporto del 2019 del Mims (ministero della Mobilità e dei trasporti sostenibili) dal settore dipendono circa un quarto delle emissioni di Co2 nazionali. L’abitudine di utilizzare il trasporto pubblico infatti è poco diffusa: prima della pandemia solo il 13% degli italiani lo faceva abitualmente. La maggior parte di questi erano studenti (42%) e viveva al Nord Italia (il 14% contro l’8% del Sud), dove i mezzi pubblici sono percepiti come più affidabili e capillari. Dove però è stato introdotto con continuità un servizio gratuito, bus, treni e tram vengono utilizzati. A Genova, per esempio, da quando è stato eliminato il biglietto per la funicolare e gli ascensori, almeno 3mila persone hanno rinunciato a utilizzare un mezzo privato, calcola Amt (l’azienda di trasporto pubblico locale).
In media i passeggeri sulle linee sono aumentati del 33%, con una riduzione della congestione anche sui bus rimasti a pagamento. Progetti di questo tipo quindi non sono impossibili da realizzare e l’investimento non peserebbe troppo sui cittadini. Il Fondo nazionale dei trasporti copre già dal 48% al 70% (al Sud Italia) dei finanziamenti. Il 18% di questi viene da risorse locali, mentre solo il 34% deriva dalla vendita dei biglietti, con alcuni picchi negativi dove l’evasione della tariffa è più diffusa. Abbattere i costi del trasporto pubblico però può non bastare: il governo e le amministrazioni locali dovranno lavorare per potenziare i servizi e rendere sempre più appetibile l’utilizzo di treni, metropolitana e bus, al posto dell’automobile.