Le donne al potere non smettono di stupirci. Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, va a Davos e rinnova l’impegno per la transizione ecologica. Jacinda Ardern, premier in Nuova Zelanda, ha innescato un processo di transizione ecologica simile a quello promosso da Von der Leyen in Europa.
Gli uomini hanno spesso detto di volere un’economia sostenibile, ma non hanno mai fatto nulla, se non il bla bla bla denunciato da un’altra donna: Greta Thunberg.
Ardern, in questi giorni, ha fatto una mossa inaudita nella politica maschile: al vertice della popolarità e del potere, si è dimessa. Non per uno scandalo, né per sfiducia di chi prima la sosteneva. Ardern ha detto che non ce la fa più a fare il mestiere che fa. Un uomo, Giulio Andreotti, disse che il potere logora chi non ce l’ha. Per le donne questo non vale. La mia interpretazione è che esercitano il potere per il bene comune, molto più di quanto non facciano gli uomini, e lo fanno disinteressatamente.
L’esercizio del potere logora eccome. Si può restare attaccati alla poltrona, oppure ci si può alzare al vertice della popolarità e lasciare spazio ad altri o magari ad altre.
Il governo di Giorgia Meloni non smentisce la sensibilità femminile ai problemi ambientali e, non a caso, prevede un ministero per il Mare. Però, vista la crisi energetica in corso, c’è bisogno di energia e, quindi, si sta proponendo di andarla a prendere perforando i nostri fondali. Un’idea che già era venuta a Matteo Renzi quando era al governo. Fece di tutto per far fallire il referendum sul rinnovo delle concessioni a trivellare in mare, ci riuscì e emanò decreti che permettevano le trivellazioni. Fermate da una moratoria del ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in un governo successivo a quello di Renzi.
Ora si torna all’attacco del nostro mare e le trivellazioni sono ritenute nuovamente necessarie. Il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, presa da mille impegni, forse non se n’è accorta. L’assessore all’ambiente della Regione Puglia, non a caso una donna, Annagrazia Maraschio, se n’è accorta e si oppone, chiamando i sindaci pugliesi ad alzare la voce contro questa minaccia. L’assessore chiama anche me, chiedendo supporto scientifico all’opposizione contro questa scelta. E mi tocca far partire un disco rotto, che ripete sempre la stessa musica.
La scienza si è già espressa e, a parole, la politica ha già deciso di darle ascolto. Nella Direttiva Marina dell’Unione Europea, recepita dall’Italia, si chiede il raggiungimento del Buono Stato Ambientale (Bsa) in tutte le acque europee. I Descrittori di Bsa richiedono la salvaguardia della biodiversità, come sancito anche dalla recente decisione di inserire biodiversità ed ecosistemi nell’Articolo 9 della Costituzione.
Chiedono anche che l’immissione di energia, inclusa quella sonora, non alteri il funzionamento degli ecosistemi. Le prospezioni per la ricerca di combustibili fossili nei fondali marini richiedono l’impiego di tecnologie che implicano fortissime emissioni sonore, deleterie per gli ecosistemi.
Un altro Descrittore richiede che i fondali marini non siano alterati significativamente, e le trivellazioni portano a indubbie alterazioni degli ecosistemi. Non basta. Il Pnrr dota l’Italia di enormi risorse per la transizione ecologica che, prima di ogni altra cosa, implica il “transito” da produzione di energia da fonti fossili a fonti rinnovabili. Esiste poi una Missione identificata dalla Commissione Europea che si prefigge di salvaguardare la salute degli oceani, dei mari, delle acque costiere e interne. Tutte queste iniziative sono state intraprese dando ascolto agli scienziati. E questo non solo a parole, nella Costituzione e nelle Direttive, ma con grandi investimenti.
Contro le direttive, le missioni, la transizione ecologica, l’articolo 9 della Costituzione, il nostro paese si prefigge di continuare con le fonti fossili, andando a cercare nuovi giacimenti sui fondali marini. Una decisione inspiegabile anche in seguito alla guerra: il transito alle rinnovabili ci libererebbe finalmente dalla dipendenza dai fornitori di combustibili fossili, incluso il guerrafondaio Putin (un uomo) che ci minaccia di chiudere i rubinetti del suo gas. Per non parlare dei petrolieri arabi che corrompono i politici europei per favorire i loro interessi di venditori di combustibili fossili, come ci insegna il caso Qatar.
Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, dice: “Le compagnie petrolifere continuano a fare di tutto per incrementare la loro produzione, pur sapendo benissimo che il loro modello di business non è compatibile con la sopravvivenza umana”. Questa frase è diventata uno slogan delle associazioni ambientaliste come Marevivo, presieduto da una donna, Rosalba Giugni, che scendono in campo chiedendo il rispetto delle Direttive e delle finalità del Pnrr per la transizione ecologica.
La politica al femminile sta ribaltando le logiche maschili nei confronti dell’ambiente: tante parole e pochi fatti, spesso in direzione opposta alle parole, come nel caso delle trivellazioni in mare. L’augurio è che Giorgia Meloni confermi il suo amore per il mare (so che è anche una subacquea) e che riesca a convincere il suo governo ad onorare le direttive e gli impegni presi con il Pnrr. Noi “scienziati” non possiamo che ripetere i concetti che hanno portato i politici a prendere queste decisioni.