L’estate scorsa era stata l’associazione Antimafiaduemila a far riflettere sul caso di Attilio Manca, il medico 34anni, morto nel 2004. Una morte, che più volte archiviata come suicidio, invece fu provocata. Che quello del giovane camice bianco sia stato un omicidio è una conclusione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Manca fu ritrovato senza vita in casa a Viterbo. L’ipotesi iniziale fu quella del suicidio perché dagli esami autoptici risultarono nel corpo del 34enne eroina e alcol. Una ipotesi che, però, la famiglia e i colleghi di lavoro non hanno mai ritenuto attendibile. I suoi genitori si opposero all’archiviazione sostenendo che il figlio fosse stato ucciso per coprire un intervento subito da Bernardo Provenzano a Marsiglia. Secondo la Commissione, “l’unica ipotesi ragionevole e priva di contraddizioni” è quella dell’omicidio di Manca.
“Appare incongruo giungere a una conclusione diversa da quella secondo cui Attilio Manca sia stato ucciso, unica ipotesi ragionevole e priva di contraddizioni con i dati obiettivi delle modalità della morte del Manca, le informazioni fornite dai collaboratori di giustizia, gli elementi raccolti sui contatti fra la latitanza di Provenzano e il territorio di Barcellona Pozzo di Gotto e della provincia di Messina e, infine, le considerevoli opacità su aspetti rilevantissimi riguardanti le cure sanitarie in favore del latitante corleonese“. Per la Commissione, la morte di Attilio Manca è “imputabile a un omicidio di mafia e che l’associazione mafiosa che ne ha preso parte (non è chiaro se nel ruolo di mandante o organizzatrice o esecutrice) sia da individuarsi in quella facente capo alla famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto”.
La scorsa estate l’associazione Antimafiaduemila, con la relazione all’epoca delle deputate del M5s Stefania Ascari e Piera Aiello e la consulenza di Federica Fabbretti, aveva reso nota l’esistenza di un’intercettazione di fine 2003 in cui i gregari di Bernardo Provenzano, allora ancora latitante, dicevano bisognava “fare una doccia” ad un medico, di cui non viene mai fatto il nome, per aver negato le cure al boss. Il medico fu trovato con due buchi nel braccio sinistro e la sua morte archiviata come una overdose. Stando a quanto ricostruito, Provenzano aveva bisogno di un medico a causa del suo tumore alla prostata e, prima del suo viaggio in Costa Azzurra dove sarebbe stato poi operato, i suoi uomini avevano chiesto la disponibilità ad un dottore che però si rifiutò di aiutarli. Nell’intercettazione, contenuta nel fascicolo che aprì all’epoca la Procura di Roma, si sentono le voci di sei o sette uomini, tra cui anche il fedelissimo di Provenzano, Giuseppe Lo Bue. A confermare la rilevanza di queste informazioni è l’avvocato della famiglia del medico morto, Fabio Repici. Per oltre 18 anni, i genitori di Attilio Manca si son battuti sulla morte sospetta del figlio e ora stanno valutando di presentare un nuovo esposto. Secondo la famiglia il medico, che aveva 34 anni quando morì, non si suicidò con un’overdose da eroina, aggravata dall’assunzione di uno psicofarmaco a base di benzodiazepine, ma proprio perché coinvolto a sua insaputa nelle cure a Bernardo Provenzano.
Il medico venne ritrovato la mattina del 12 febbraio 2004 seminudo sul letto, con il volto tumefatto e il setto nasale deviato. Poco lontano due siringhe. Alla famiglia venne detto che l’uomo era morto per un aneurisma e l’autopsia ravvisò tracce di alcol e cannabis: a compierla, senza indicare a verbale tutti i presenti, rileverà nel 2018 la relazione di minoranza dell’antimafia fu la dottoressa Ranalletta, moglie del primario dell’ospedale Belcolle di Viterbo, dove lavorava Attilio Manca. Le indagini imboccarono immediatamente la pista del suicidio per overdose perseguita in tre richieste di archiviazione nonostante tutti i colleghi del medico avessero smentito la tossicodipendenza di Attilio Manca confermando che la vittima era mancina e chiedendosi come aveva potuto iniettarsi la dose di droga nel braccio sinistro.