Raffaele e Giuseppe Todaro, padre e figlio, hanno “legami fortissimi con il clan di riferimento”, sono abituati “a muoversi con destrezza nel contesto economico, aprendo e chiudendo con estrema rapidità le società di comodo e i relativi conti bancari su cui transitano i loro illeciti profitti”. In più “hanno rivelato grande abilità nello schivare attività di controllo a loro carico.” Lo dice l’ordinanza di arresto – eseguiti il 10 gennaio scorso – dei due personaggi originari di Cutro e da decenni residenti in provincia di Reggio Emilia, dove hanno sviluppato un piccolo impero di società attive nel settore immobiliare e dell’edilizia. Liberi da decenni di fare e disfare, di chiudere accordi con Enti Pubblici e diventarne addirittura consulenti, nonostante una sfilza di interdittive antimafia e dinieghi di iscrizione alla white list che fa apparire piccoli al confronto i boss rivali della cosca Grande Aracri/Sarcone.

L’ordinanza emessa dal giudice di Brescia Andrea Gaboardi arriva a conclusione dell’indagine “Sisma”, coordinata dalla Procura Antimafia della bassa Lombardia, che ipotizza reati di corruzione, concussione, intestazione fittizia di beni e favoreggiamento. Fatti recentissimi, commessi tra il 2019 e il 2021, attorno ai lavori di ricostruzione nell’area mantovana devastata dal terremoto del 2012. Siamo sulla sponda destra del fiume Po, nei comuni di Bagnacavallo, Villa Poma e Poggio Rusco. A poca distanza dalla zona modenese in cui furono gli uomini legati alla cosca Grande Aracri a mettere le mani sulla ricostruzione, stringendo accordi con gli imprenditori locali che avevano vinto gli appalti. A poca distanza anche dal comune di Reggiolo dove i Todaro vivono da sempre, dopo l’emigrazione al nord, e dove li aveva raggiunti la prima interdittiva antimafia emessa nel 2010 dall’allora prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro. In quel provvedimento, che colpiva il “Consorzio Primavera” dei fratelli Raffaele e Francesco Todaro, c’è scritto tra l’altro che Raffaele, sposato con la figlia del boss Antonio Dragone, aveva rimediato una condanna per emissione di assegni a vuoto a Catanzaro nel 1993, mentre tre anni dopo gli era stata contestata a Cremona l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Nonostante questi precedenti lontani nel tempo, nonostante altre aziende dei Todaro fossero in seguito inciampate nei provvedimenti interdittivi della prefettura di Reggio Emilia (la GMC immobiliare, la Giada srl, La Fenice), la famiglia ha continuato le proprie attività nel settore costruzioni tirando fuori dal cilindro altre società, come la Immobiliare Raffaella di Todaro Maria Teresa & C, le cui villette a schiera costruite a Fabbrico (RE) furono oggetto di un articolo del Fattoquotidiano.it nel 2019 in cui segnalavamo l’anomalia della edificazione in un’area con vincoli ambientali, godendo anche di contributi regionali. O come la società Bondeno srls, portata alla luce da quest’ultima indagine “Sisma”, i cui proprietari occulti sono secondo la Dia i due arrestati Raffaele e Giuseppe, che l’avevano intestata al prestanome Francesco Garofalo, napoletano residente a Gonzaga soprannominato “L’ubriacone”.

È alla Bondeno srls che Giuseppe Todaro, nella sua veste di “tecnico/architetto aggiuntivo esterno presso i Comuni colpiti dal sisma”, con l’incarico di “istruire le pratiche di finanziamento delle opere di ricostruzione”, si impegnava a fare arrivare i soldi pubblici. Con le buone o con le cattive. Incarico pubblico, interesse privato, metodo mafioso. Con l’aggravante dell’obbiettivo, dice il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, di voler “agevolare l’organizzazione di stampo mafioso riconducibile alla cosca Dragone di Cutro”. Qui sta la prima grande novità dell’indagine “Sisma”, perché dopo la guerra di mafia degli anni Novanta, con decine di omicidi al sul come al Nord, e dopo l’uccisione del capo Antonio Dragone in Calabria nel 2004, pareva che la storica cosca del bidello mandato nel 1982 al soggiorno obbligato in provincia di Reggio Emilia (Dragone appunto) fosse irrimediabilmente sconfitta. E invece, dice l’ordinanza del gip di Brescia, “Todaro Raffaele, sfruttando la propria indubbia abilità affaristica e la sua capacità di mimetizzarsi dietro il paravento di attività apparentemente lecite, si è poi posto nella gestione di un gruppo omogeneo di imprenditori edili di origine cutrese e operanti nella provincia reggiana finalizzato ad ottenere, in forza di accordi illeciti, l’aggiudicazione di appalti banditi da enti pubblici e privati locali mediante la presentazione di offerte con sensibili ribassi sulla base d’asta, subappaltando le opere ad imprese fantasma, mere cartiere impiegate per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti”. Per aggiungere poi: “Il clan Dragone è stato tutt’altro che annientato… L’incarcerazione della gran parte degli esponenti della cosca rivale (i Grande Aracri) ha infatti comportato la riespansione del gruppo originario, aiutata anche dall’accresciuto prestigio criminale maturato nel corso degli anni dallo stesso Todaro Raffaele, sistematicamente sfuggito, grazie ad accurate tecniche di mimetizzazione nel contesto economico locale, alle attività di indagine nel territorio lombardo ed emiliano”.

La seconda sorpresa che emerge dalle indagini di “Sisma” in realtà non è una sorpresa ma una conferma, se pensiamo alla profonda evoluzione della ‘ndrangheta al nord e all’autonomia decisionale e operativa che si è conquistata. Spiega l’ordinanza: “Todaro Giuseppe risulta impegnato attivamente nella risoluzione di eventuali controversie tra le imprese calabresi insediate nel territorio di influenza, promuovendo intese collusive o accordi di cartello con soggetti collegati alla cosca Dragone e alla stessa cosca Grande Aracri. Tale ultima circostanza non deve sorprendere, considerando che, specialmente nei territori a maggiore vocazione imprenditoriale, il profilo affaristico del sodalizio è destinato a prevalere” visti “i lauti profitti da spartire”. Come a dire: gli affari sono affari e pur di guadagnare le due storiche consorterie rivali possono anche lavorare assieme. Lo dimostra la convivenza pacifica e senza attriti nella piccola Reggiolo, per lungi decenni, tra i Todaro legati a Dragone e la famiglia Iaquinta fedele ai Sarcone/Grande Aracri.

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