Quando mi imbatto in una pietra d’inciampo rimango ad osservare le domande suscitate dalle poche informazioni incise: un nome, un luogo, una data e poco altro. Eppure quel poco spalanca storia e memoria.
Sono di quelli che parla di geografia della destinazione agli studenti, che il senso della memoria è sapere quello che è accaduto prima per imparare a non commettere gli stessi errori. Congiungere passato e presente con una linea e prolungarla vuol dire tracciare una rotta che indica una via che non puoi percorrere a piedi o in auto o in treno. E’ una direzione che puoi solo vivere, la direzione che apprendiamo da ciò che ci precede, storia e memoria, ma senza confonderle perché sono due cose diverse.
Le pietre d’inciampo del passato non bastano più, perché la memoria se non è contestualizzata al presente resta un sigillo lontano. Allora vorrei pietre d’inciampo del presente, sulle quali leggere nome e cognome del colpevole, data di nascita e data di condanna definitiva per un femminicidio, per uno stupro, per aver ricoperto una carica dello Stato e averla tradita, per aver rubato soldi pubblici, per aver evaso più di una vita da operaio, per aver trafficato in esseri umani, per mafia.
Voglio inciampare sul presente e sapere che la giustizia ha un senso. Voglio pietre d’inciampo di questi colpevoli ancora vivi e coltivare il presente dell’indignazione, magari sputandoci sopra ogni volta che passo.