Analisi del sangue gratuite per tutti i 171mila abitanti dei 12 comuni veneti che si trovano nella Zona Arancione contaminata dai Pfas. A chiederlo sono le stesse associazioni che hanno ottenuto dalla giunta regionale del governatore Luca Zaia l’equiparazione con i cittadini della zona Rossa. Finora solo a questi ultimi (30 comuni delle province di Vicenza, Padova e Verona) era consentito verificare la presenza nel sangue di valori tossici di sostanze perfluoroalchiliche. Agli altri era addirittura impedito, visto che i medici di base non erano autorizzati a prescrivere gli esami. Alla fine è arrivato il via libera, ma solo su base volontaria. Non ci sarà, quindi, uno screening della popolazione. Chi vuole potrà rivolgersi a un laboratorio dell’Arpav, non ancora stato indicato, anche se dovrà pagare un ticket di 90 euro.

“Siamo tutti esposti alla contaminazione: la Regione renda gratuite le analisi”, scrivono Mamme No Pfas, Greenpeace, Rete Gas Vicentina, Monastero del Bene Comune, Medici per l’ambiente (Isde), Cittadini Zero Pfas, Acqua Bene Comune Comitato Veronese, Equistiamo e Movimento Blu. “Finalmente, per stessa ammissione della Regione, i cittadini della zona arancio sono riconosciuti a rischio – aggiungono – Ciononostante dovrebbero sobbarcarsi una spesa di 90 euro per conoscere il proprio stato di contaminazione per un avvelenamento di cui non sono minimamente responsabili. La sorveglianza sanitaria e il monitoraggio non devono e non possono essere a carico del cittadino. Non è uno sfizio o un privilegio per pochi conoscere i propri livelli di Pfas nel sangue!”.

Finora la sorveglianza sanitaria nei confronti dei cittadini che vivono vicino alle zone rosse più inquinate non era neppure garantita. La protesta è stata a lungo inascoltata. Adesso si è però creata una sperequazione. “Il nostro è un diritto, tanto più che ai cittadini della zona rossa e ai cittadini del comune di Trissino è permesso di analizzare il proprio sangue gratuitamente. Perché i cittadini della zona arancione dovrebbero pagare? – spiegano le associazioni – Un laboratorio tedesco certificato per le analisi sui Pfas nel sangue prevede una spesa di 80 euro a persona in regime privato. È inaccettabile pagare per un servizio erogato dalla Regione in regime di convenzione più di quanto è richiesto all’estero in regime privato”.

I Comuni della zona Arancione interessati (popolazione dai 9 ai 65 anni) sono Altavilla Vicentina (8.823 abitanti della fascia 9-65), Arcugnano (5.668), Arzignano (18.307), Creazzo (8.072), Gambellara (2.429), Montebello Vicentino (4.575), Montecchio Maggiore (16.831), Monteviale (2.064), San Bonifacio (15.576), Sovizzo (5.519), Trissino (6.269) e Vicenza (77.068 abitanti). Mentre la popolazione totale è di 240.168 abitanti, la fascia interessata agli esami è di 171.201 persone.

Trissino è il paese nel Vicentino dove ha sede lo stabilimento della Miteni, indicato come la centrale della dispersione nel sottosuolo delle sostanze utilizzate per decenni nella produzione industriale. A Vicenza è in corso il processo con dieci imputati per reati ambientali. “Crediamo che la questione dei fondi per effettuare le analisi in zona arancione si possa facilmente bypassare tenendo conto che solamente il 60 per cento circa dei cittadini che hanno ricevuto l’invito a partecipare allo screening nella zona rossa ha aderito – sottolineano le associazioni – Il che significa che resta un 40 per cento circa di disponibilità per effettuare ulteriori analisi per le quali la Regione ha già stanziato i fondi a copertura sia dell’utilizzo dei macchinari, sia del personale necessario allo svolgimento delle operazioni di screening”.

Le associazioni ricordano come ad Arzignano, Montecchio, Chiampo, Montorso “da molti anni viene erogata acqua con decine di nanogrammi di Pfas: sebbene non vengano superati i valori di performance fissati dalla Regione per le acque destinate al consumo umano, ricordiamo che i Pfas sono sostanze bioaccumulabili e che i suddetti valori di performance non garantiscono alcuna sicurezza per la salute dei cittadini”.

La Regione Veneto ammette 390 nanogrammi come somma di Pfas e 90 nanogrammi per la somma di solo due Pfas (Pfos e Pfoa). Inoltre, nei Comuni di Vicenza e limitrofi fino al 2013 una parte dell’acqua erogata era attinta al pozzo Scaligeri, chiuso tempestivamente nel 2013 per gli altissimi livelli di Pfas. “Ne consegue che anche questi cittadini sono stati esposti a valori sconosciuti, ma potenzialmente e verosimilmente elevati, di contaminazione”, è la preoccupazione. Il documento con la richiesta delle associazioni si conclude con la richiesta di modificare la delibera, per “adeguarla a una democratica modalità di effettuazione delle analisi e di esercizio di un diritto di tutta la cittadinanza del Veneto”.

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