Economia

Bollette gas, il caso delle spese triplicate per chi ha la tariffa indicizzata al parametro “sbagliato”. Perché succede e come difendersi

Un'amministratrice di condominio ha scritto a ilfattoquotidiano.it segnalando che la fatturazione varia da palazzo a palazzo da un prezzo di 1 euro al metro cubo a oltre 3 euro, nonostante il fornitore sia lo stesso. La società ha spiegato che la differenza dipende dall’indice utilizzato: i contratti che hanno come riferimento il Pfor producono bollette molto più alte rispetto a quelli che agganciati al Psv. Il decreto Aiuti bis, che blocca le modifiche unilaterali dei contratti per non far salire le tariffe, in questo caso ha l'effetto contrario

Stesso gas, stesso periodo e stessa zona e a volte anche stessa società. Ma prezzi diversissimi tra loro. Stanno aumentando le segnalazioni di consumatori che si ritrovano bollette anche triplicate rispetto al proprio vicino di casa che magari ha anche lo stesso operatore. Tutto questo perché nel contratto cambia quella che ai più appare come una semplice sigla ma che in realtà cambia tutto: Pfor, cioè Prezzo di fornitura a copertura dei costi di approvvigionamento del gas naturale, invece di Psv, ovvero Punto di Scambio Virtuale.

Il caso di Verona – Tra i casi emblematici, quello di un’amministratrice di vari condomini di Verona, Alessia Bassan, che ha scritto a ilfattoquotidiano.it segnalando di aver ricevuto prima delle feste le fatture relative ai consumi di gas di novembre. La fatturazione varia da condominio a condominio da un prezzo di 1 euro al metro cubo standard (Smc) a oltre 3 euro/Smc. I contratti sono tutti con Agsm Aim, la multiutility di Verona e di Vicenza. L’amministratrice riporta degli esempi, tra cui quello di un condominio che ha ricevuto una fattura di oltre 34mila euro ma se anziché applicare la tariffa di 3.292 euro/Smc avessero applicato la stessa del condominio vicino di 1,0595, la fattura sarebbe stata inferiore agli 11mila euro. Per le famiglie del condominio la differenza è enorme. L’amministratrice ha dunque contattato la società che ha risposto che la differenza di prezzo dipende dall’indice utilizzato: i contratti che hanno come riferimento il Pfor producono bollette molto più alte rispetto a quelli che hanno come riferimento il Psv. L’amministratrice dunque si è affrettata a cambiare i contratti con il Pfor, mantenendo lo stesso gestore ma facendo riferimento all’indice Psv. I nuovi contratti entreranno in vigore tra 60 giorni.

Contattato da ilfattoquotidiano.it, l’ufficio stampa di Agsm Aim risponde che “la società non ha potuto applicare l’indice Psv perché le variazioni unilaterali che ci permettevano di adattare gli indici sono state bloccate dal decreto Aiuti bis art. 3 che ci impedisce tutt’ora di farlo”. Questo riguarda tutti gli operatori del settore. Dunque il decreto Aiuti bis, che blocca le modifiche unilaterali dei contratti per non far salire le tariffe, in questo caso ha l’effetto contrario. C’è comunque una via di uscita: con il consenso del cliente, magari informandolo con una buona comunicazione sulle varie possibilità, il contratto si può cambiare di comune accordo, come ha fatto l’accorta amministratrice in questione.

Gli indici – Ma cosa sono questi indici di cui in pochi parlano ma che evidentemente sono fondamentali per la formazione del prezzo? Fino al 30 settembre 2022, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) ha aggiornato la componente energia per gli utenti in regime di tutela gas utilizzando il Pfor, un parametro legato all’indice Ttf di Amsterdam, il principale mercato di riferimento all’ingrosso europeo per lo scambio del gas. Il calcolo veniva fatto in anticipo rispetto al trimestre di applicazione, utilizzando una media dei prezzi forward, ossia le stime del prezzo futuro nei successivi tre trimestri. Dal 1° ottobre Arera ha sostituito il Pfor con il Psv: un indice che prende il nome dalla piattaforma punto di incontro tra domanda e offerta del gas in Italia. Attualmente è un indice più stabile e meno volatile del Ttf, perché definito ex-post, in base al valore medio del prezzo spot del mese di competenza, senza previsioni future più incerte. Dunque Arera ha smesso di calcolare e pubblicare il Pfor, ma le società autonomamente possono ancora calcolarlo e applicarlo, tant’è che nel mercato libero ci sono ancora contratti che lo prendono a riferimento.

Che offerte scegliere – “Chi usa il parametro Pfor è legato alle quotazioni dell’indice Ttf che è molto più volatile e instabile. In questi mesi di incertezze, soprattutto legate alla guerra in Ucraina, le quotazioni del Ttf sono state condizionate dall’insicurezza sulla continuità delle forniture e quindi si sono impennate”, spiega Paolo Cazzaniga, esperto tariffe energia di Altroconsumo. “Il Psv invece è un indice calcolato sulla base delle quotazioni del mercato italiano: si fa la media giorno per giorno senza previsioni. È meno incerto e quindi tendenzialmente più basso”. Per queste ragioni Cazzaniga sostiene che “in questo momento nel gas è meglio scegliere i contratti indicizzati al Psv, considerata la scarsità di offerte a prezzo fisso”. E questo nonostante il Ttf stia scendendo da inizio gennaio. “Sarà compito di Arera valutare se, data la discesa delle sue quotazioni, il Ttf potrà tornare ad essere un punto di riferimento”.

Quando l’applicazione del Pfor è illegittima -Dunque nel mercato libero ancora si può scegliere tra Pfor e Psv. Tutto lecito. Tuttavia ci sono anche casi in cui l’applicazione dell’indice più alto non è legittima. In sostanza “la legittimità o meno dell’uso dell’indice Pfor dipende da cosa c’è scritto nel proprio contratto”, spiega Anna Vizzari, coordinatrice della consulenza giuridica Altroconsumo. “Alcuni consumatori domestici ci hanno segnalato parametri diversi dal contratto firmato. Se ci sono discrepanze tra contratto e bolletta (ad esempio nel contratto c’è scritto che si applica l’indice più basso PSV e poi invece applicano il parametro Pfor) allora si può fare il reclamo, poi bisogna aspettare 40 giorni e dopo si può fare la conciliazione in Arera”. Ma “bisogna anche verificare se nel contratto non ci sia una clausola che permetta la variazione del parametro in determinate situazioni. In questo caso la società può cambiarlo”.