“Le concessioni balneari non sono formalmente incorporate nelle milestone e target del Piano di ripresa e resilienza” dell’Italia. Mentre nella maggioranza che sostiene il governo Meloni si fanno sempre più evidenti le spaccature sul tema della proroga delle licenze per le spiagge, è bastata questa risposta della portavoce della Commissione europea Veerle Nuyts ai cronisti durante il briefing stampa quotidiano a Bruxelles per scatenare a Roma un coro di reazioni di giubilo. Come se i contenuti del Pnrr fossero segreti e soprattutto come se Nuyts non avesse (anche) ricordato che sul tema “c’è una procedura d’infrazione in corso” perché “cittadini e imprese hanno diritto a una procedura trasparente, imparziale e aperta“- cioè una gara – “al momento di decidere a quale impresa debba essere concesso il diritto di usare il suolo pubblico, in questo caso le spiagge”.
Eppure, nell’usuale gioco delle parti, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri e il presidente di Assobalneari Italia Federturismo Confindustria Fabrizio Licordari, come sempre concordi, hanno festeggiato le dichiarazioni della portavoce (“Leggo con piacere sulle agenzie che le concessioni balneari non sono formalmente incorporate nelle pietre miliari e negli obiettivi del Pnrr. Le parole della Nuyts ci danno ulteriore ragione”, sostiene il vicepresidente del Senato) traendone la conclusione che le gare non servono e una proroga sarebbe bene accetta dalla Ue. Per Licordari, addirittura, Nuyts fa “finalmente giustizia alla battaglia contro le menzogne a cui Assobalneari Italia si è opposta con fermezza da quando queste hanno incominciato a circolare durante il Governo Draghi. Menzogne abilmente costruite per rafforzare tutte le altre che costituiscono il teorema per mandare all’asta le concessioni di beni demaniali turistiche in base ad una direttiva che riguarda invece i servizi, la Bolkestein”. La cui applicazione sarebbe, secondo i signori delle spiagge che in tre casi su quattro pagano canoni inferiori ai 2.500 euro l’anno, “distorta da coloro che vogliono impossessarsi delle coste italiane”.
Ma come stanno davvero le cose? Il sistema italiano delle concessioni balneari è sotto accusa dal 2009: nel 2016 Roma è stata condannata per il mancato rispetto delle norme Ue. Due anni dopo il governo Conte 1 ha ulteriormente prorogato le autorizzazioni vigenti fino al 2033. Il Consiglio di Stato nel novembre 2021 ha bocciato quella proroga imponendo (articolo 3) la messa a gara delle concessioni entro la fine del 2023. La legge sulla concorrenza approvata l’anno scorso – quella sì prevista dal Pnrr – ha recepito quell’indicazione, con eccezioni in caso di pendenza di un contenzioso o “difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura” (il termine slitta in queste circostanze al 31 dicembre 2024). Insomma: anche se la messa a gara delle spiagge non compare “formalmente” nel cronoprogramma del Pnrr, visto che la “Entrata in vigore di tutti gli strumenti attuativi (anche di diritto derivato, se necessario) per l’effettiva attuazione e applicazione delle misure derivanti dalla legge annuale sulla concorrenza” invece è la milestone M1C2-8 del Recovery bisogna procedere. Come ovvio, visto che c’è una procedura di infrazione in corso e una sentenza del Consiglio di Stato pendente. A meno di non voler continuare con il solito gioco delle tre carte.