L’invio dei tank Leopard all’Ucraina non è solo un nuovo step nel graduale aumento della tensione tra la Russia e gli alleati di Kiev, ma un possibile punto di svolta che potrebbe portare a un’escalation irreversibile del conflitto. È questa, almeno, l’opinione di alcuni generali in pensione italiani come Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), e Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa, che hanno commentato la decisione della Germania di cedere alle pressioni esterne e dare il benestare all’invio dei carri armati all’esercito ucraino.
Bertolini sostiene che “la Germania ormai, da un punto di vista della condotta di una politica estera autonoma nei confronti dell’est, ha le ali tarpate. Ha cercato di evitare la cessione dei Leopard, un po’ perché teme una ulteriore escalation della guerra che la coinvolgerebbe in parte per la sua posizione, essendo al centro dell’Europa, ma soprattutto perché si tratta di mezzi tedeschi. Tuttavia, ormai, in Europa continentale chi decide sono i polacchi e, per quanto possa sembrare paradossale, i baltici“. Una situazione che, secondo Bertolini, sta trascinando il blocco Nato-Ue verso un eccessivo e pericoloso coinvolgimento nel conflitto in corso: “Siamo avviati a una guerra, anche noi, nella quale non abbiamo ancora impiegato personale ma mandiamo armi – ha aggiunto – Diciamo chiaramente che vogliamo che uno dei due belligeranti venga sconfitto e l’altro vinca. Credo che se tra qualche mese ci chiederanno, magari con la scusa di utilizzare mezzi che abbiamo dato noi e che hanno bisogno di un particolare expertise, oppure per far fronte a una particolare situazione di crisi, di mandare anche qualche nostra unità cominceremmo ad affrontare il problema. Ci stiamo rassegnando all’entrata in una guerra che con noi non c’entra niente, per questioni di carattere territoriale fra due Paesi europei estranei sia alla Nato che all’Unione europea. Poi però ci siamo voluti invischiare, abbiamo voluto puntare tutto sulla prosecuzione di questa guerra e temo che, se non ci sarà qualche illuminazione di chi dirige questa operazione spaventosa, ci troveremo con le mani legate“.
Posizione simile a quella espressa, anche se con termini meno allarmati, dal generale Tricarico: “L’irrobustimento delle forze ucraine con carri da combattimento di performance elevate è sicuramente un provvedimento che va nella direzione di recuperare i territori annessi illegalmente dalla Russia. Quello che probabilmente andrà stimato con particolare attenzione sono i tempi, le quantità, l’addestramento e la manutenzione dei carri, ambiti in cui ci si deve muovere con grande professionalità e solerzia e l’aiuto occidentale deve andare al massimo regime. Se è vero, come sembra, che ci sarà una spallata al muro da parte dei russi, si dovrà puntellare bene questo muro”. L’invio dei tank, quindi, di per sé non è sufficiente a imprimere un’accelerata alla controffensiva ucraina, sempre più rallentata col passare delle settimane: il ruolo svolto dall’Occidente, in questo senso, è fondamentale. “Sembra che questa guerra si stia svolgendo nel contesto di una scommessa – ha concluso il generale -, quella secondo cui stringere il cappio lentamente intorno al collo di Putin possa comportare una sua resa. Personalmente ho sempre sostenuto che la via del negoziato debba esser battuta con maggiore serietà e impegno di quanto non sia stato fatto finora. Purtroppo non sembra che questa sia la strada privilegiata da chi dovrebbe invece intavolare una robusta iniziativa per un negoziato e quindi siamo sempre nell’ambito della scommessa. Certamente non sono segni che vanno nella direzione di una distensione ma di un ulteriore incremento della tensione alla quale la Russia non si sa come risponderà. Si scommette che ci sia un logoramento irreversibile“.
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Leopard all’Ucraina, l’allarme degli ex generali: “Così andiamo verso una guerra che non ci riguarda”, “è come scommettere”
Dura la posizione dei due militari in pensione Leonardo Tricarico e Marco Bertolini, contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania. Questo tipo di sostegno, unito all'assistenza di cui i militari ucraini avranno bisogno per utilizzarli, dicono, coinvolgerà eccessivamente Berlino e i Paesi europei nel conflitto: "Credo che se tra qualche mese ci chiederanno, di mandare anche qualche nostra unità cominceremmo ad affrontare il problema"
L’invio dei tank Leopard all’Ucraina non è solo un nuovo step nel graduale aumento della tensione tra la Russia e gli alleati di Kiev, ma un possibile punto di svolta che potrebbe portare a un’escalation irreversibile del conflitto. È questa, almeno, l’opinione di alcuni generali in pensione italiani come Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), e Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa, che hanno commentato la decisione della Germania di cedere alle pressioni esterne e dare il benestare all’invio dei carri armati all’esercito ucraino.
Bertolini sostiene che “la Germania ormai, da un punto di vista della condotta di una politica estera autonoma nei confronti dell’est, ha le ali tarpate. Ha cercato di evitare la cessione dei Leopard, un po’ perché teme una ulteriore escalation della guerra che la coinvolgerebbe in parte per la sua posizione, essendo al centro dell’Europa, ma soprattutto perché si tratta di mezzi tedeschi. Tuttavia, ormai, in Europa continentale chi decide sono i polacchi e, per quanto possa sembrare paradossale, i baltici“. Una situazione che, secondo Bertolini, sta trascinando il blocco Nato-Ue verso un eccessivo e pericoloso coinvolgimento nel conflitto in corso: “Siamo avviati a una guerra, anche noi, nella quale non abbiamo ancora impiegato personale ma mandiamo armi – ha aggiunto – Diciamo chiaramente che vogliamo che uno dei due belligeranti venga sconfitto e l’altro vinca. Credo che se tra qualche mese ci chiederanno, magari con la scusa di utilizzare mezzi che abbiamo dato noi e che hanno bisogno di un particolare expertise, oppure per far fronte a una particolare situazione di crisi, di mandare anche qualche nostra unità cominceremmo ad affrontare il problema. Ci stiamo rassegnando all’entrata in una guerra che con noi non c’entra niente, per questioni di carattere territoriale fra due Paesi europei estranei sia alla Nato che all’Unione europea. Poi però ci siamo voluti invischiare, abbiamo voluto puntare tutto sulla prosecuzione di questa guerra e temo che, se non ci sarà qualche illuminazione di chi dirige questa operazione spaventosa, ci troveremo con le mani legate“.
Posizione simile a quella espressa, anche se con termini meno allarmati, dal generale Tricarico: “L’irrobustimento delle forze ucraine con carri da combattimento di performance elevate è sicuramente un provvedimento che va nella direzione di recuperare i territori annessi illegalmente dalla Russia. Quello che probabilmente andrà stimato con particolare attenzione sono i tempi, le quantità, l’addestramento e la manutenzione dei carri, ambiti in cui ci si deve muovere con grande professionalità e solerzia e l’aiuto occidentale deve andare al massimo regime. Se è vero, come sembra, che ci sarà una spallata al muro da parte dei russi, si dovrà puntellare bene questo muro”. L’invio dei tank, quindi, di per sé non è sufficiente a imprimere un’accelerata alla controffensiva ucraina, sempre più rallentata col passare delle settimane: il ruolo svolto dall’Occidente, in questo senso, è fondamentale. “Sembra che questa guerra si stia svolgendo nel contesto di una scommessa – ha concluso il generale -, quella secondo cui stringere il cappio lentamente intorno al collo di Putin possa comportare una sua resa. Personalmente ho sempre sostenuto che la via del negoziato debba esser battuta con maggiore serietà e impegno di quanto non sia stato fatto finora. Purtroppo non sembra che questa sia la strada privilegiata da chi dovrebbe invece intavolare una robusta iniziativa per un negoziato e quindi siamo sempre nell’ambito della scommessa. Certamente non sono segni che vanno nella direzione di una distensione ma di un ulteriore incremento della tensione alla quale la Russia non si sa come risponderà. Si scommette che ci sia un logoramento irreversibile“.
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.