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Regeni, i genitori a Tajani: “Collaborazione egiziana è inesistente, basta finte promesse”

Il ministro degli Esteri ha dichiarato che al-Sisi "lavorerà per rimuovere gli ostacoli che rimangono alla soluzione dei due casi", riferendosi a Zaki e Regeni. Ma i genitori del ricercatore massacrato in Egitto, intervistati da Repubblica, dicono: "Questo 'mantra' è oltraggioso"

“Non abbiamo aspettative, noi pretendiamo verità e giustizia, come azioni concrete. Basta, per favore, basta finte promesse. Pensiamo sia oltraggioso questo mantra sulla ‘collaborazione egiziana’ che invece è totalmente inesistente”. A parlare sono Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio, sette anni dopo la scomparsa del figlio. In un’intervista a Repubblica commentano così le dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che dopo avere incontrato al-Sisi ha dichiarato che da parte egiziana non c’è “nessuna reticenza sulle questioni Regeni e Zaki”. “Mi hanno assicurato la volontà dell’Egitto di risolvere i problemi – ha aggiunto-. Non c’è stata nessuna reticenza a discutere da parte egiziana, e anzi il primo a parlarne è stato il presidente Sisi. Ci ha detto che lavorerà per rimuovere gli ostacoli che rimangono alla soluzione dei due casi”.

Dichiarazioni smentite dai fatti nel corso degli anni e dagli stessi genitori del ricercatore brutalmente ucciso al Cairo, che già mesi fa avevano messo nero su bianco che “l’Egitto sbeffeggia l’Italia, governo abbia una reazione di dignità. La soluzione deve essere politica”. E nulla era successo neanche dopo le ultime proteste della famiglia e dopo il colloquio della premier Giorgia Meloni con il presidente egiziano. Per l’Egitto, nonostante le parole, la vicenda è stata chiusa definitivamente, come scritto in un documento del ministero della Giustizia italiano depositato ai giudici di Roma.

“Non abbiamo incontrato nessuno membro del governo attuale”, hanno spiegato i genitori di Giulio a Repubblica, e sui rapporti tra Italia ed Egitto dicono: “Ricordiamo il nostro esposto, contro lo Stato italiano che prevede che non si vendano armi a paesi che violano i diritti umani, come l’Egitto. Purtroppo non ci risulta sia stata compiuta una efficace istruttoria, non abbiamo mai avuto una risposta. Un Paese che vuole essere democratico, dovrebbe anche sapere fare delle scelte. La realpolitik non può sconfinare nella complicità con i dittatori“. Quanto invece alla cosa che più li ha feriti in questi anni sono “tutte le promesse mancate, l’ipocrisia, le strette di mani come mera esibizione, la retorica di certi discorsi o comunicati, la chiara prevalenza degli interessi sulla tutela dei diritti umani, alla parola interessi sarebbe da sostituire il termine interessamento che pone una vera attenzione alle persone”. Per Paola e Claudio Regeni la vita “è stata drammaticamente stravolta” il 27 gennaio di 7 anni fa, “quando la console italiana al Cairo ha chiamato per dirci che Giulio non aveva fatto ritorno a casa dalla sera del 25 gennaio. Diciamo che da tempo ci aspettiamo un 25 gennaio diverso, con dei risultati concreti, ma purtroppo oltre ad aver dovuto imparare a decodificare gli avvenimenti o non avvenimenti, siamo ormai preparati anche all’inerzia-incoerenza della politica”.