Tutto nasce dalla denuncia di un imprenditore, che registra di nascosto la richiesta di quella che gli inquirenti ritengono una mazzetta, definita un versamento “extra” da spartire tra gli amministratori. Così è partita l’inchiesta per reati contro la pubblica amministrazione che oggi ha portato agli arresti per Nicola Fragomeni, attuale presidente del consiglio comunale e coordinatore provinciale di Coraggio Italia, e Ugo Zamengo, consigliere comunale e anche lui esponente del partito del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. I due, entrambi ex sindaci di Santa Maria di Sala (Venezia), sono stati posti ai domiciliari insieme agli altri 4 indagati: due manager della sanità padovana e due imprenditori padovani. L’indagine riguarda la vendita di un terreno per l’edificazione di una casa di riposo nel comune veneziano: secondo quanto ha riferito in conferenza stampa il procuratore capo Bruno Cherchi, le tangenti richieste dagli indagati ammonterebbero al 10-15% del valore degli appalti.
Nel corso dell’indagine, svolta tra il 2019 e il 2022 con controlli, pedinamenti e analisi dei tabulati telefonici, è emerso che gli indagati avrebbero stipulato accordi illegali per la realizzazione della Rsa, al tempo in cui Fragomeni era primo cittadino di Santa Maria di Sala. L’ex sindaco e coordinatore provinciale di Coraggio Italia è peraltro coinvolto anche in un’altra parte della inchiesta, che riguarda l’acquisto di mascherine e altri presidi sanitari, fatto con affidamento diretto da Fragomeni a un familiare, che ha portato secondo l’accusa a un guadagno illecito di 60mila euro. Fragomeni è stato anche candidato per il Senato alle ultime elezioni politiche di settembre 2022 nella lista per il proporzionale di Noi Moderati in Veneto, senza risultare eletto.
Il cuore dell’inchiesta riguarda appunto la ricerca di un terreno per l’edificazione della nuova casa di riposo. Da queste dinamiche avrebbero tratto vantaggio, oltre a Fragomeni, l’altro ex sindaco Zamengo, che già all’epoca dei fatti era consigliere comunale, un dirigente dell’amministrazione, il titolare di uno studio di architettura e due imprenditori padovani. Le indagini partono appunto dalla denuncia di un altro imprenditore ai carabinieri, con una registrazione presa di nascosto, di tangenti che gli sarebbero state richieste per la compravendita di un terreno da destinare a Rsa, sospesa perché necessitava di un cambio di destinazione d’uso, da agricolo a edificabile. Per questo passaggio, per il quale era necessaria una delibera comunale, l’imprenditore avrebbe ricevuto indicazioni da parte dei pubblici funzionari che era necessario un versamento “extra”, una somma definita “rilevante” da spartire tra gli amministratori.
Vistasi rifiutata la richiesta da parte dell’imprenditore, gli indagati secondo l’accusa si sono rivolti ad altri proprietari di terreni per far diventare edificabile un altro lotto comunale, destinato alla costruzione della casa di riposo. Altri imprenditori che lavorano nel settore, secondo quanto ha ricostruito il procuratore Cherchi, hanno dato la disponibilità all’accordo, per avere quel terreno e potervi costruire la casa di riposo. L’operazione, ha commentato Cherchi, è “importante in termini economici“. Oltre a questo, altre attività amministrative dovevano coinvolgere la conferenza dei servizi di sindaci dell’area, ma anche l’Ulss 3 serenissima, che doveva autorizzare l’avvio della struttura. La Regione Veneto, estranea all’indagine, non ha poi deliberato nel 2022 l’assegnazione di posti letto per questa esigenza. Sia il dirigente della Conferenza dei servizi sia l’Ulss 3 Serenissima, competente per dare l’autorizzazione ai posti letto in Rsa, non erano a conoscenza di questi accordi e la loro attività amministrativa risulta essere stata corretta, come emerso dalle intercettazioni.