Roberto Romboli, costituzionalista dell'università di Pisa, si gioca la vicepresidenza con Fabio Pinelli, avvocato scelto dalla Lega. Ma su di lui pesa una grossa incognita: secondo alcuni consiglieri la sua elezione è stata irregolare, perché non è più un professore ordinario bensì un professore emerito. Non ci sono precedenti in materia: a esaminare il caso sarà la Commissione verifica titoli, in cui è stato nominato lui stesso in quanto membro laico più votato
Cambio della guardia al Consiglio superiore della magistratura: martedì 24 gennaio si riunisce per la prima volta il nuovo plenum dell’organo di autogoverno, eletto a settembre nella componente togata (venti magistrati) e a gennaio in quella laica (dieci avvocati e docenti universitari). Va così in archivio il mandato segnato dallo scandalo Palamara, che aveva costretto alle dimissioni sei consiglieri e minato alle fondamenta la credibilità dell’istituzione. Ma anche l’esordio della nuova consiliatura si annuncia complicato. Tra martedì e mercoledì dovranno essere portate a termine le prime due pratiche: la verifica dei titoli dei neo-eletti e la votazione del vicepresidente, che va scelto tra i membri laici ed è il dominus di fatto dell’organo. I candidati più quotati sono Roberto Romboli, costituzionalista dell’università di Pisa eletto in quota Pd, e Fabio Pinelli, avvocato vicino alla Lega (ma sponsorizzato anche da una “vecchia gloria” del centrosinistra, l’ex presidente della Camera Luciano Violante).
Su Romboli però pesa una grossa incognita: secondo alcuni consiglieri la sua elezione è stata irregolare, perché non è (più) un “professore ordinario di università in materie giuridiche”, titolo ammesso dalla Costituzione, bensì un professore emerito, carica onorifica che può essere attribuita agli ordinari dopo il pensionamento. E dove la Carta ha voluto ammettere l’elezione di pensionati, è il ragionamento, l’ha fatto in modo esplicito: per esempio specificando che possono essere eletti giudici costituzionali “anche i magistrati in quiescenza”. Non ci sono precedenti in materia: a esaminare il caso sarà la “Commissione verifica titoli“, appena nominata da Mattarella e formata (per prassi) dal giudice di merito, dal giudice di legittimità e dal membro laico più votati. Quest’ultimo è proprio Romboli, che non ha rifiutato la nomina e quindi si troverà a “giudicare se stesso” insieme a Bernadette Nicotra e Paola D’Ovidio, togate di Magistratura indipendente (la corrente conservatrice). La proposta della Commissione (convalidare o meno l’elezione) dovrà essere poi approvata o respinta dal plenum nella seduta di mercoledì, presieduta dal capo dello Stato.
Se l’elezione di Romboli fosse giudicata valida, scatterebbe una sfida dall’esito incerto tra lui e Pinelli per la vicepresidenza: per aggiudicarsela infatti servono 17 voti, la maggioranza assoluta dei 33 componenti (Mattarella per prassi non vota). Sulla carta i due partono in perfetta parità, con 16 voti ciascuno. Romboli potrebbe contare sugli otto togati progressisti (sei di Area e due di Magistratura democratica) e sui quattro moderati di Unità per la Costituzione, oltre a sé stesso, a Michele Papa (laico eletto in quota M5s) e ai due membri di diritto dell’organo, il primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio e il procuratore generale Luigi Salvato. Pinelli, invece, ha i voti di otto membri laici (i sette del centrodestra più Ernesto Carbone, eletto in quota Azione-Iv), dei sette togati di Magistratura indipendente e – con ogni probabilità – anche quello di Andrea Mirenda, l’unico eletto sganciato dalle correnti. Decisivi, quindi, potrebbero rivelarsi eventuali “voti ribelli” da una parte o dall’altra. Ma il centrodestra è deciso ad aggiudicarsi la poltrona per la prima volta nella sua storia.