Le intercettazioni sono troppe? I dati dicono che sono in calo. Violano la privacy dei cittadini? Nessun caso negli ultimi due anni, pochisismi anche prima. L’ennesima bordata alle tesi del ministro della Giustizia Carlo Nordio arriva dalle audizioni in corso in Commissione Giustizia al Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva avviata su proposta della presidente Giulia Bongiorno (Lega). Martedì davanti ai senatori hanno sfilato il presidente dell’Autorità garante della privacy, Pasquale Stanzione, e Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale a Milano e già consigliere giuridico dell’ex ministra Marta Cartabia. Ed entrambi hanno smontato coi numeri le affermazioni che il Guardasigilli ha messo alla base dei suoi annunci di voler smantellare lo strumento d’indagine. Il garante, come riportato oggi dal Fatto Quotidiano in edicola, ha spiegato che “dal 2020, cioè con la nuova legge, non abbiamo registrato alcuna violazione della privacy” (leggi l’articolo).
Gatta ha decostruito uno dei mantra più ripetuti da Nordio, cioè che il numero delle intercettazioni sia eccessivo e fuori controllo. Citando i dati pubblici del ministero, ha dimostrato invece che negli ultimi anni è calato: “Le intercettazioni, dal punto di vista dei bersagli, sono in calo, non in aumento. C’è stato un picco nel 2013, quando erano state 141.169, mentre nel 2021, ultimo dato disponibile, sono state 94.800, il dato del 2021 è vicino a quello del 2004″, cioè il primo della serie statistica. E le intercettazioni svolte tramite trojan, che Nordio vuole abolire perché “incivili”, rappresentano in realtà un’esigua minoranza, appena il 3%. Anche Gatta boccia il piano di smantellamento annunciato dall’ex ministro: “Non vedo una particolare esigenza di ridurre il novero dei reati”, per i quali sono previste le intercettazioni, “che sono già reati molto gravi, men che meno riguardo alla corruzione: qui rischieremmo di andare in contrasto con le convenzioni internazionali, che richiedono uno sforzo sul piano delle indagini”. In questo senso invita a considerare anche “le vicende ben note di questi ultimi mesi”, cioè il Qatargate. E conclude: “Sul piano internazionale, un passo indietro rispetto all’utilizzo di intercettazioni per il contrasto alla corruzione sarebbe avvertito negativamente“.
Anche sul tema della riservatezza le cose non stanno come dice il ministro, che parla in continuazione di “gogna mediatica” e sostiene dialoghi irrilevanti per le indagini finiscano costantemente sui giornali. “Dal 2020 non abbiamo registrato alcuna violazione della privacy“, ha detto il presidente dell’Autorità. Rispondendo a una domanda precisa posta da Roberto Scarpinato, senatore M5s ed ex pm antimafia, che gli chiedeva quanti casi si fossero verificati “dopo il 1º settembre 2020“. La data è quella di entrata in vigore della riforma Orlando, che ha reso di fatto impossibile il deposito di conversazioni irrilevanti, prevedendo che non possano essere nemmeno trascritte e debbano restare custodite in un archivio segreto. Una legge che secondo Nordio non ha funzionato. E invece per il Garante ha funzionato eccome: “Dal 2020 non registriamo nell’Authority alcun caso al riguardo”, ha detto. Non solo. A una seconda domanda di Scarpinato, “quanti casi di violazione della privacy (sempre da intercettazioni, ndr) siano stati registrati negli ultimi vent’anni“, Stanzione risponde: “Su questi numeri non posso essere preciso perché la nostra consiliatura è attiva da due anni, quindi non ho il quadro preciso dal 2000 al 2020. Ma posso tranquillizzare: non sono moltissimi“. Un conto lo aveva pubblicato ilfattoquotidiano.it nel 2015, quando si discuteva proprio della riforma Orlando: le segnalazioni del garante su conversazioni “indebite” pubblicate dai giornali erano poco più di una dozzina in vent’anni, meno di una all’anno.
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