Le risposte che il Comune di Milano sta dando per superare le difficoltà del trasporto pubblico milanese, di Atm in particolare, sono in controtendenza rispetto a quelle di molte città europee. Aumenti tariffari e tagli ai servizi di superficie (del 3% da febbraio). Imminenti tagli anche alle linee metropolitane. Questi interventi non fermeranno la perdita di passeggeri (20-30%) anzi, con minori frequenze il fenomeno si accentuerà favorendo un maggiore uso dell’auto.
I tagli annunciati sono apostrofati dal Comune e dal management di Atm come una spending review. La spending review vera, invece, dovrebbe farla l’elefantiaco apparato aziendale dell’Atm per ridurre i costi operativi e i consumi di energia.
Il periodo coincide, secondo l’Amat (Agenzia Mobilità, Ambiente e Territorio), con una Milano più congestionata e una riduzione, di quasi un quinto, dei passeggeri della metropolitana. L’Amat registra il crollo della sosta a pagamento, che riduce sensibilmente gli incassi che il Comune vorrebbe incrementare con l’aumento delle tariffe. E’ in atto uno spostamento dell’acquisto degli abbonamenti verso titoli di viaggio giornalieri e carnet, non solo da parte dei pendolari, ma anche dei cittadini milanesi che, con lo smart working e il lavoro precario e intermittente, riducono la convenienza di acquistare gli abbonamenti. Inoltre questa fase è caratterizzata da un incremento della domanda di passeggeri il sabato e la domenica a cui Atm non sa rispondere efficacemente.
Se la gestione di Atm dei servizi di trasporto è in difficoltà, anche quella della sosta e della micromobilità non brilla. Gli introiti della sosta sono crollati (è tornata quella selvaggia) come pure la micromobilità (monopattini e bici) incrementando così i costi di gestione, già resi precari dall’affollamento degli operatori. A questo si aggiunge una campagna sanzionatoria degli ausiliari di Atm specificamente rivolta contro monopattini e bici in sharing e del tutto cieca e sorda rispetto alle auto in divieto, campagna che si fa fatica a non spiegare con una difesa del sistema di cui la stessa Atm è gestore.
Si sarebbe potuto evitare l‘aumento delle tariffe con una riorganizzazione aziendale (acquisti, consulenze, amministrazione) e una politica di risparmio energetico con l’adozione di un vero energy manager e legando gli aumenti salariali, incentivando il risparmio energetico. Senza gli aumenti salariali, si accentuerà la carenza di autisti che sta accendendo la conflittualità sindacale. Una riorganizzazione aziendale con l’asservimento semaforico della rete tranviaria potrebbe ridurre i costi e aumentare la puntualità dei mezzi. Semmai si sarebbe dovuto aumentare il ticket in area C, fermo a 5 euro dal 2012.
Con gli aumenti tariffari, non affatto obbligatori dalle norme regionali, andrà peggio. Nonostante l’area B, gli ingressi automobilistici nell’ottobre scorso sono aumentati di 30mila veicoli giornalieri. Per fronteggiare le difficoltà economiche, derivanti da una gestione inefficiente, il Comune ora vuol far cassa vendendo la sua quota di maggioranza (66%) di M4. Una boccata d’ossigeno di circa 200 milioni che durerà poco. Perché chi la gestirà (F2i)? L’attuale socio di Sea ha la garanzia che le possibili future perdite di gestione saranno a carico del Comune. Il “regalino” se lo troverà la prossima amministrazione comunale. Tutto questo nella città che mantiene il primato dell’aria più inquinata in Italia avendo infranto la normativa europea per ben 82 giorni contro i 35 permessi.