La pattinatrice valtellinese, la più medagliata di sempre ai Giochi olimpici (invernali o estivi non fa differenza) critica di nuovo la Fisg, la Federazione italiana sport del ghiaccio. Ma ora la situazione sembra a un punto di non ritorno, tanto che la campionessa potrebbe correre con gli Stati Uniti
I rapporti sono tesi da anni. Dal 2014, come minimo. Ma le frizioni tra Arianna Fontana e la Fisg (Federazione italiana sport del ghiaccio) diventarono di dominio pubblico alle Olimpiadi di Pechino, lo scorso anno, quando lei accusò alcuni atleti italiani di averla “puntata”, di proposito, durante gli allenamenti, per farla cadere e farle male. E ora la campionessa valtellinese, dopo quasi 12 mesi, mette la parola fine al rapporto tra lei e la FederGhiaccio sul quale, a distanza, stava lavorando il Coni: “La fiducia è irrecuperabile” ha scritto lei, minacciando di lasciare i colori azzurri per un’altra nazione. Quale? Gli Stati Uniti, molto probabilmente, Paese del marito-allenatore, Anthony Lobello.
La medaglia d’oro dello short track di Pechino ha affidato a un post su Instagram le proprie riflessioni: “Ho deciso di aggregarmi al viaggio che Anthony (Lobello, ndr) aveva già in programma qui per vedere cosa hanno da offrire gli Stati Uniti e Salt Lake City nel caso dovessi continuare il mio viaggio olimpico. Vorrei ringraziare gli allenatori e i gruppi d’allenamento con cui ho pattinato mentre ero qui. Grazie per aver accolto me e il mio allenatore a braccia aperte”. La questione dirimente, che si trascina da tempo, è la partecipazione dell’atleta italiana più medagliata dei Giochi olimpici (invernali o estivi non fa differenza) alle Olimpiadi di Milano-Cortina. Su questo punto Fontana scrive che “purtroppo non ci sono state comunicazioni costruttive sulla mia partecipazione da parte della Fisg dopo che, dall’aprile scorso, ci sono state ammissioni, da parte del presidente della Fisg (Andrea Gios, ndr), di errori commessi e fatto promesse che non sono mai state mantenute. Lo staff rimane, in parte, quello che ha permesso ad atleti di prendermi di mira durante gli allenamenti e questo non è accettabile. La strada davanti a me non è facile, ma so che non tollererò più che il personale tecnico e federale prenda decisioni per isolarmi senza assumersi la responsabilità di queste decisioni”.
Poi la scelta che potrebbe compiere Fontana: “Questo non è mai stato un ‘anno sabbatico’, non ho gareggiato perché non posso giustificare di gareggiare per una Federazione che condona comportamenti e decisioni dannose nei miei confronti. Finché quelle decisioni e azioni saranno approvate, non tornerò e se dovessi decidere di competere in futuro, il mio percorso sarà completamente separato da quello che il direttore tecnico e il suo staff hanno pianificato per il gruppo italiano. In quel caso, mi dispiacerà non allenarmi con il resto degli atleti italiani, ma la mia fiducia nello staff tecnico e federale è irrecuperabile”.
Resta da capire, a questo punto, quanto Fontana faccia sul serio. Non è da escludere l’ipotesi che il suo sia una specie di ultimatum. Bisogna altresì considerare che nel 2026 avrà sì 36 anni, ma un’atleta del suo calibro e della sua esperienza – peraltro portabandiera dell’Italia a PyeongChang 2018 – potrebbe comunque essere in grado di raccogliere soddisfazioni. Sul caso è stato interpellato il ministro per lo Sport, Andrea Abodi, che però si è limitato a dire che “sono in contatto con Arianna Fontana e avevo un appuntamento con lei, ma purtroppo mi si è stravolta l’agenda. Non mi ha parlato di questa prospettiva, ma da ministro per lo sport farò di tutto affinché questo non avvenga”. L’obiettivo, insomma, è che si arrivi al più presto a un compromesso per non vedere la campionessa valtellinese vestire la tutina a stelle e strisce.
In giornata è arrivata la risposta della Fisg, che certifica – invece – un solco incolmabile tra le due posizioni. Oltre a esprimere “stupore e rammarico per le gravi esternazioni espresse da Fontana” il cui “ contenuto per nulla giova alla ricerca di una soluzione comune e condivisa per il prossimo futuro in avvicinamento ai Giochi di Milano-Cortina 2026″, la Fisg punta il dito contro l’atleta lombarda, mettendo al centro della vicenda – tanto per cambiare – una questione di soldi. La FederGhiaccio, stando alla nota stampa diffusa, avrebbe lavorato col Coni per garantire “che l’atleta fosse messa nelle migliori condizioni possibili per competere ancora ai massimi livelli. Preso atto della volontà di Fontana di non aggregarsi alla Nazionale italiana seguendo il lavoro impostato e programmato dallo staff tecnico federale, la Fisg si è nuovamente resa disponibile a prendersi carico dei costi di allenamento e preparazione dell’atleta, insieme allo staff da lei scelto, nel luogo che più avrebbe ritenuto adatto e consono alle proprie esigenze”. Con una condizione: a patto che “Fontana prendesse parte alle competizioni internazionali con la Nazionale italiana, accompagnata a bordo ghiaccio dal proprio tecnico durante le gare individuali e dal tecnico federale nelle gare a squadra”.
Ed ecco il punto dirimente: la Fisg ha comunicato ad Icelab, la società di appartenenza di Fontana, “l’impegno a garantire la somma di 200mila euro a stagione a copertura di tutte le spese di preparazione e allenamento. Una cifra, tuttavia, purtroppo neanche lontanamente vicina alla somma irraggiungibile richiesta da Fontana per il quadriennio in corso”. Poi la precisazione sulle presunte aggressioni subite fa Fontana in allenamento: “Quanto al nuovo riferimento alla vicenda già denunciata ai Giochi di Pechino con oggetto le accuse di Fontana ai suoi compagni di squadra, si vuole sottolineare la recente archiviazione da parte della Procura Federale e della Procura Generale del Coni. Un episodio sul quale la Fisg si era immediatamente adoperata chiedendo agli organi di giustizia competenti di indagare, come da prassi, in modo autonomo e indipendente. Quel che è certo è che d’ora in avanti la Fisg non tollererà ulteriori accuse, avvertimenti o intimidazioni da parte di Fontana. L’interesse federale, come già espresso dal Presidente Gios a Pechino in occasione dei Giochi Olimpici Invernali, è la tutela e la salvaguardia del lavoro di un’intera Nazionale e di un intero movimento, che verranno sempre prima degli interessi di un singolo atleta, per quanto vincente. Le medaglie sono e restano importanti, ma non lo saranno mai più del rispetto, dell’educazione, della professionalità e della correttezza”.