Salirà sul palco del Teatro Ariston con il suo cappellino, ormai marchio di fabbrica ed è pronta a stupire con “Mare di guai”, un brano (co-scritto con Calcutta e prodotto da Dardust) intenso, elegante e delicato che racconta la fine della storia d’amore con la sua ex. Ariete si proporrà al grande pubblico del Festival di Sanremo con la freschezza e la sana incoscienza di chi ha 20 anni.
Canti della relazione con la tua ex. Non ti intimorisce raccontare i fatti tuoi davanti a milioni di spettatori?
Ormai qualsiasi cosa che si pubblica online diventa di dominio pubblico. Per me la cosa più importante è raccontarmi sempre con verità. Mi ero lasciata da poco e con Dardust abbiamo abbozzato il pezzo. Mi è venuto naturale perché lo studio di Dardust era la sua casa, quindi mi sono ritrovata a rivivere alcune situazioni (convivevo con la mia ex) e a trascriverle di getto. Parlo del mare di guai in cui mi sono ritrovata, ma non in senso necessariamente negativo. Ho scritto col cuore, credo che una ‘pischella’ come me di 20 anni non possa fare altrimenti.
Hai già fatto ascoltare questo pezzo alla tua ex?
Certo! Siamo comunque rimasti in buoni rapporti.
Perché hai deciso di partecipare a Sanremo?
Per mettermi in gioco e per acquisire più consapevolezza ed esperienza. Tutte le nuove sfide sono belle.
Sia nelle canzoni che in pubblico sei una sostenitrice della salute mentale. Perché?
Ritengo che la salute mentale sia importante quanto quella fisica. Non giudico chi non la pensa come me, ma chi non la pensa come me non deve rompermi le scatole. Non voglio insegnare niente a nessuno. Ritengo che questo tema sia importante anche come stile di vita. La salute mentale mi sta a cuore perché si è molto discusso dei contraccolpi che il Covid e il lockdown hanno avuto sulle persone.
E cosa ti ha colpito di questo dibattito?
Molte persone sono rimaste sole a casa a far i conti con i propri mostri, sedimentati e rimasti lì in sospeso per tanti anni. Ho toccato con mano la situazione con mio fratello, che sin da piccolissimo ha avuto problemi, è ancora sotto psicofarmaci, ha sempre avuto un rapporto conflittuale col proprio corpo e il cibo. I miei hanno girato, assieme a lui, diversi specialisti fino al ricovero. Spero proprio che i problemi legati alla salute mentale, ma anche chi è borderline, vengano visti come casi da trattare in assoluta normalità e non come eccezionalità.
Cosa intendi nello specifico?
Se mio fratello va a scuola e ha un momento di dissociazione, in un mondo ideale un professore dovrebbe riconoscere il problema e agire di conseguenza. Intendo dire che la salute mentale dovrebbe essere priorità.
Hai dichiarato: “Non voglio diventare la santa della comunità o portatrice della fluidità”. Cosa volevi dire?
Noto che quando racconto la mia quotidianità o racconto i miei amori con le ragazze c’è gente che ancora si stupisce. Io agisco e parlo da anni così. È la mia vita quotidiana, sono assolutamente ‘scialla’ (tranquilla, ndr) su queste cose. Per me scrivere canzoni d’amore per le donne è la cosa più ovvia del mondo. Non ho mai fatto leva su questo, così come non ho mai detto che faccio parte di una minoranza.
Qual è il tuo obbiettivo?
Arrivare in quella situazione in cui a nessuna frega più nulla di come vivo io. Non voglio essere una paladina, non c’è nulla ad essere paladini nell’uscire mano nella mano con la propria ragazza o col proprio ragazzo se parliamo di un uomo. Tutti dovrebbero dire ‘Bella lì, è normale’. Ma quando c’è da battersi sono sempre la prima ad esserci, alle manifestazioni, al Pride, nel commentare uscite spiacevoli che sento in giro. Ma non voglio essere la prima a mettere la luce su quelle cose che per me e – spero per tutti – dovrebbero essere normalità.