Il viceministro con delega al fisco anticipa i contenuti della delega fiscale attesa in consiglio dei ministri: colpo di spugna non solo per chi non versa il dovuto dopo aver dichiarato, ma anche per gli evasori conclamati. Non è ben chiaro chi dovrebbe stabilire se l'evasore è stato "trasparente" e concedergli quindi di godere dello scudo. Poi dice che "una lotta all’evasione efficace nel corso del tempo non c'è stata". Il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini: "E' scesa di 15 miliardi in 8 anni"
Riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre. Ma soprattutto “semplificazione del sistema sanzionatorio“, cappello sotto il quale troverà spazio il famigerato scudo penale sui reati fiscali che il governo Meloni aveva tentato di inserire legge di Bilancio salvo fare marcia indietro per decisione della premier e del ministro Giancarlo Giorgetti dopo la levata di scudi delle opposizioni. La delega fiscale preannunciata a dicembre, durante la discussione della manovra in cui sono stati inseriti diversi condoni e sanatorie, approderà in consiglio dei ministri entro marzo. Da giorni il viceministro dell’economia Maurizio Leo ne sta anticipando i contenuti: a inizio settimana per esempio ha fatto sapere che gli attuali valori catastali, che secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio favoriscono i ricchi proprietari di seconde case centro delle grandi città e nelle zone turistiche, vanno benissimo così e non saranno modificati (la motivazione ufficiale è che in altri Paesi la rivalutazione è ancora più datata).
Poi ha ribadito che lo scudo per fare salvo chi ha pendenze fiscali da ogni conseguenza penale sarà ripescato: “Pensiamo agli omessi versamenti. Se l’omesso versamento non è reiterato nel corso del tempo è giusto pagare una sanzione amministrativa, ma non penale”. Giovedì, durante Telefisco del Sole24Ore, ha messo sul tavolo altre idee ancora più radicali. Per esempio, ha detto, uno degli aspetti “su cui si deve lavorare è che nel momento in cui c’è una trasparenza nei comportamenti del contribuente si può addirittura eliminare per esempio uno dei reati, che è quello dell’art. 4 dell’infedele dichiarazione: l’infedele dichiarazione non dovrebbe più configurarsi”. Insomma: la proposta – che ricalca quella di dicembre – è quella di salvare chi nasconde al fisco parte del reddito, la esatta definizione di evasione fiscale. Non è ben chiaro chi dovrebbe stabilire se l’evasore è stato “trasparente” e concedergli quindi di godere dello scudo, o se l’ipotesi valga solo in caso di ravvedimento operoso.
Questo nell’ambito di una riforma della riscossione – quella che Draghi aveva promesso dopo il suo condono sulle cartelle sotto i 1000 euro e mai realizzato – ma anche dell’accertamento, dice. Perché “il tax gap è sempre oscillato tra 85 e 100 miliardi. Quindi una lotta all’evasione efficace nel corso del tempo non c’è stata. O perlomeno i volumi sono così elevati che non si raggiunge il risultato auspicato nonostante gli sforzi fatti dall’Agenzia delle entrate“. Frase non particolarmente apprezzata dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini, che ha precisato come “dal 2011 al 2019 le principali imposte (Irpef, Ires, Iva e Irap) sono scese da 90 miliardi di evasione a 74 miliardi. Concordo che 74 miliardi è comunque troppo, ma sono 15 miliardi in meno di evasione fiscale: c’è un maggior adempimento e questa è una gran bella notizia per il paese perché è una tendenza che si sta strutturando progressivamente e viene confermata anno dopo anno”.
Per Leo comunque bisogna cambiare l’approccio sull’accertamento. E va fatto distinguendo tra le aziende di maggiori dimensioni e quelle di minori dimensioni”. In che modo? “Per quelle di minori dimensioni si può pensare a un concordato preventivo biennale“, modello che era stato introdotto in via sperimentale durante il governo Berlusconi IV nel 2003. In pratica visto che “oggi l’amministrazione finanziaria ha a disposizione tanti elementi”, è “sicuramente possibile convocare il contribuente e dire: ecco, andiamo a vedere il tuo reddito. Poi se accogli la mia proposta, per il biennio successivo per me se ci sono incrementi o decrementi di reddito sono assolutamente irrilevante“. Insomma: le tasse da pagare si decidono in anticipo, su un reddito “stimato”. Per le imprese più grandi “c’è la ‘cooperative compliance’: la normativa risale al 2015, bisogna in qualche modo abbassare la soglia di accesso, fare in modo che ci sia una certificazione della rilevazione del rischio fiscale; a questo aggiungere un contraddittorio preventivo”. Concorde solo in parte Ruffini, che ha ribadito come l’evasione “non la si contrasta solo con l’attività ovvia ed evidente di recupero, accertamento e liquidazione, ma la vera sfida per un paese civile e moderno è quella di indurre i contribuenti a versare spontaneamente le imposte dovute, quindi indurre il gettito spontaneo”.
Nel frattempo i condoni riscuotono successo, esulta Leo: “In soli 5 giorni, sino a ieri sono arrivati 65mila richieste di definizione agevolata delle cartelle. Questo è un dato sicuramente incoraggiante. E io penso che la tregua fiscale così come la abbiamo concepita debba rappresentare un ponte verso la riforma, verso un fisco più equo e più a misura d’uomo”. Ruffini ha quantificato la portata della misura: le mini-cartelle per debiti nei confronti delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali pubblici oggetto della cancellazione interessano “circa 7 milioni di contribuenti” e complessivamente “queste cartelle sono 25-27 milioni e il controvalore è di circa 18 miliardi“.