I dati del rapporto “Una falsa soluzione: gli effetti nascosti sulla salute della dipendenza dai gas fossili in Europa” lanciato da Fondazione Heal, Isde, l’Associazione medici per l’ambiente e ReCommon: nel 2019 l'Italia ha avuto costi sanitari fino a 2,17 miliardi di euro. Il ruolo di Eni e dello Stato: con la crisi energetica le centrali stanno aumentando
Se la produzione di energia da carbone è ancora la forma di generazione più inquinante e dannosa per la salute, anche i costi sanitari dovuti alla produzione di energia da gas fossile sono elevati e, al 2019, per Unione europea e Regno Unito ammontano a 8,7 miliardi di euro. L’Italia, tra l’altro, è in cima alla lista per quanto riguarda gli impatti sulla salute delle centrali a gas, che oggi coprono la metà del fabbisogno elettrico del Paese. Con costi sanitari che arrivano fino a 2,17 miliardi di euro, è seguita da Germania (1,74 miliardi), Regno Unito (1,14), Francia (850mila euro), Paesi Bassi (430mila) e Spagna (410mila). Il rapporto “Una falsa soluzione: gli effetti nascosti sulla salute della dipendenza dai gas fossili in Europa” lanciato da Fondazione Heal, Isde, l’Associazione medici per l’ambiente e ReCommon analizza le conseguenze dirette sulla salute dell’inquinamento dell’aria per la combustione dei gas, che comprendono 2.864 decessi prematuri da inquinamento dell’aria da PM 2,5, biossido di azoto (NO2) e ozono, più di 15mila casi di problemi respiratori in adulti e bambini, oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni di produttività persi per malattia. E se, a fine 2021, risultavano proposti 48 nuovi gruppi di generazione elettrica a gas, per 18,5 gigawatt di potenza, da aggiungere ai 41 gigawatt già esistenti., la Commissione europea ha incluso nuove infrastrutture per l’espansione del mercato del gas fossile nel pacchetto REPowerEU, al fine di affrontare la crisi energetica in atto.
Oltre 800 impianti che bruciano gas fossile – “Gli effetti sulla salute e i costi derivanti dalla combustione di gas fossili sono stati enormemente sottostimati nei dibattiti pubblici e politici, ma non possono più essere ignorati” spiega Vlatka Matkovic, responsabile di Heal per Salute ed Energia, sottolineando che “le centrali elettriche si trovano in aree densamente popolate, nelle quali una moltitudine di persone viene minacciata dagli effetti dell’inquinamento dell’aria”. Nel 2021, il gas fossile ha rappresentato il 18% della produzione di elettricità dell’Ue, con alcuni Paesi che vi fanno maggiore affidamento per la generazione di elettricità e calore rispetto ad altri. Sono oltre 834 gli impianti che bruciano gas fossile per la generazione di energia (e calore), a cui vanno ad aggiungersi gli 88 del Regno Unito. I cinque paesi con il maggior numero di impianti a gas fossile per la produzione di energia elettrica o la cogenerazione di energia elettrica e termica sono Germania (247), Italia (111), Francia (93), Spagna (68) e Paesi Bassi (42).
L’inquinamento da gas fossile – Quelli maggiormente responsabili delle emissioni di polveri dagli impianti a gas fossili sono Italia, Spagna, Francia, Paesi Bassi e Germania. Questi cinque Paesi, insieme al Regno Unito, sono responsabili del 75% di tutte le emissioni di polveri derivanti dalla combustione di gas fossili in Europa. Poi ci sono gli ossidi di azoto (NOx) che comprendono sia il monossido di azoto (NO) che il biossido di azoto (NO2) e vengono rilasciati nell’aria durante la combustione di combustibili fossili. Il Paese europeo con le maggiori emissioni di NOx dalle centrali elettriche a gas fossili è il Regno Unito (22.453 tonnellate nel 2019). Seguono Italia (oltre 15mila), Germania (13mila), Spagna, Paesi Bassi e Francia. Questi sei Paesi sono responsabili del 78% di tutte le emissioni di NOx dagli impianti a gas fossili in Europa. Per quanto riguarda, invece, l’anidride solforosa (SO2) da impianti a gas fossili, l’Italia è il Paese che ne emette di più (410 tonnellate), seguita da Francia, Spagna, Irlanda e Germania. Ancora una volta, questi Paesi sono responsabili del 75% di tutte le emissioni di SO2 derivanti dalla combustione di gas fossili in Europa. Le centrali a gas emettono anche altri inquinanti dannosi per la salute e l’Italia, in modo particolare è al secondo posto in Europa sia per l’ammoniaca sia per i composti organici volatili non metanici (COVNM).
Gli effetti sulla salute – Nel 2019, l’inquinamento atmosferico dovuto alla combustione di gas fossili per la generazione di energia ha provocato 2.821 decessi prematuri per inquinamento dal PM 2,5 nell’Ue e nel Regno Unito, 38 morti causate dall’esposizione a breve termine all’ozono derivante dagli impianti a gas e 5 decessi postneonatali causati dal PM10. Questo tipo di inquinamento contribuisce anche all’insorgenza o all’aggravamento di una serie di patologie. Gli effetti respiratori includono bronchite o sintomi di asma in bambini asmatici (solo nel 2019, circa 116mila giorni per i sintomi di asma), casi di bronchite in bambini non asmatici (12.014) e nuovi casi di bronchite cronica negli adulti. “L’inquinamento atmosferico da combustione di gas fossili nel 2019 ha causato oltre 3 milioni di giorni di attività limitata nella popolazione attiva. Sono stati persi – spiega il report – 908.457 giorni lavorativi che rappresentano un notevole impatto economico”. Solo l’inquinamento da PM 2,5 ha determinato 1.407 ricoveri ospedalieri a causa di problemi cardiovascolari, e questo numero esclude i ricoveri ospedalieri per problemi respiratori legati al PM o ad altri inquinanti. “Circa 20 anni fa l’Italia ha investito massivamente nella produzione di energia da gas fossile. Il risultato è che questo Paese deve oggi subire, tra gli Stati Europei, i più pesanti costi sanitari generati da questa scelta, che già allora appariva insostenibile”, spiega Agostino Di Ciaula, presidente del comitato scientifico di Isde.
Il ruolo di Enipower e dello Stato – Nella lista degli inquinatori che bruciano gas fossile in Italia Enipower, parte del gruppo Eni, controllato per il 30% dallo Stato, è al primo posto. Le centrali di Enipower emettono il 20% delle emissioni di ossidi di azoto di tutto il parco elettrico a gas italiano. “Lo Stato prima incassa il 30% dei profitti di Eni e poi si sobbarca il 100% degli impatti sanitari delle centrali del cane a sei zampe” commenta Antonio Tricarico, campaigner e ricercatore di ReCommon, secondo cui “la revisione del Piano Nazionale per l’Energia e il Clima prevista quest’anno dovrebbe mirare ad adottare l’obiettivo di un sistema elettrico libero da fonti fossili entro il 2035 e sollecitare un’ordinata eliminazione del gas entro tale data”.