In Italia mancano 30mila medici e la spesa pubblica pro capite in sanità si ferma a 2.800 euro contro gli oltre 5.800 della Germania e i 4.200 della Francia (dati Ocse). Il governo Meloni, che in manovra ha stanziato pochissimo per migliorare gli stipendi del personale sanitario, pensa di risolvere il problema alzando fino al 2026 l’età pensionabile dagli attuali 70 a 72 anni. La proposta è contenuta in due emendamenti della maggioranza (Noi Moderati e Lega) al decreto Milleproroghe che saranno votati nei prossimi giorni. L’ipotesi era già stata bocciata lo scorso autunno nel corso della discussione sulla legge di Bilancio. Ora, di fronte alla grave crisi di personale del Sistema sanitario nazionale viene riproposta, con qualche modifica. Ma il succo non cambia: nella migliore delle ipotesi il problema è solo rinviato di tre anni. Nella peggiore, come hanno denunciato le organizzazioni di categoria, si tratta di “un regalo alle potenti lobby universitarie”.

Secondo la maggioranza, l’emendamento permetterà di far fronte alla carenza di personale mentre si attende che dalle università escano nuovi laureati in medicina e chirurgia con le relative specializzazioni, di garantire continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e di ridurre le liste d’attesa. La Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) la vede diversamente: “Se l’intento è quello di colmare la carenza di personale, è una misura inefficace“, ha commentato il presidente Filippo Anelli, sottolineando come il problema principale da risolvere sia “l’attrattività del sistema”. Servono riforme strutturali: “Quella di far lavorare i medici oltre i settant’anni non può diventare la normalità“. Se invece l’obiettivo “è quello di dare una boccata d’ossigeno al sistema, nell’attesa che, tra tre o quattro anni, arrivino i nuovi specialisti e medici di medicina generale che si sono formati grazie all’aumento delle borse, la misura può avere un senso”, dice Anelli, ma non può essere più di un “tampone”. Altrimenti è solo una “politica miope” che non risolve il problema alla base, complica l’ingresso dei giovani professionisti nel mondo del lavoro e aumenta ulteriormente l’età media dei medici italiani. Il rapporto Ocse 2022 Health at a glance pone l’Italia al primo posto in Europa in questa voce: il 56% della categoria ha più di 55 anni.

Spesa sanitaria in percentuale del pil (Ocse)

Proprio mentre deflagravano le polemiche sull’emendamento, il Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea) dell’Università di Roma Tor Vergata ha presentato il suo 18esimo rapporto Sanità. Che mette in fila i numeri della grave carenza di personale sanitario in Italia. Secondo il report, per allinearsi al livello degli altri Paesi europei di riferimento mancano all’appello 30mila medici. Per colmare questa carenza dovrebbero essere investiti 30,5 miliardi di euro, tenendo conto che l’Italia ha un maggiore bisogno di personale sanitario a causa dell’età media più alta della popolazione. Mettendo in conto i circa 12mila medici che vanno in pensione ogni anno, per colmare il gap dovrebbero essere assunti almeno 15mila professionisti ogni anno per i prossimi 10 anni. Obiettivo molto difficile da raggiungere vista la “carenza di vocazione” di cui soffre la penisola. La soluzione, secondo il Crea, sarebbe quella di offrire ai medici condizioni economiche più attrattive. Il personale medico italiano guadagna in media il 6% in meno dei colleghi europei.

Il rischio sempre più concreto, complici anche l’allargamento della flat tax e la diffusione della figura del “medico a gettone”, è che si assista a una vera e propria fuga dagli ospedali. Sommato al congelamento delle carriere e delle assunzioni, lo spopolamento delle strutture pubbliche potrebbe dare il colpo di grazia a un Sistema sanitario nazionale già fiaccato dalla pandemia. Durante il biennio in cui le misure per contenere il Covid sono state più rigide, sono saltate oltre 100 milioni di visite ambulatoriali. Prestazioni che in parte devono ancora essere recuperate.

Nonostante i 7,1 miliardi di euro stanziati dal Pnrr per la sanità, il problema della mancanza di personale non potrà essere risolto dai finanziamenti europei. Il decreto ministeriale 77 riforma la sanità territoriale italiana, con l’introduzione dei distretti sanitari e delle case di comunità per ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso e migliorare l’assistenza al cittadino, ma non risolve le preoccupazioni delle Regioni sulla mancanza di fondi necessari per le nuove assunzioni. Il tema della carenza di risorse resta e non sarà l’innalzamento dell’età pensionabile, secondo le organizzazioni di categoria, a risolverlo. Anche per questo fanno appello al Parlamento perché bocci un provvedimento che suona come l’ennesimo depauperamento del sistema. Per l’Intersindacale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria si tratta di una misura “iniqua che confonde il maquillage con la sostanza, provando a nascondere un altro duro colpo alla sanità pubblica. Non c’è più tempo”, scrive in una nota l’organizzazione sindacale.

La proposta è definita “un indecente colpo di mano”, “un regalo alle potenti lobby universitarie fatto con il pretesto della grave carenza di medici”. Inoltre, i rappresentanti pongono l’attenzione sul tema della copertura dei turni fragili, come i festivi e le notti: i medici più anziani difficilmente coprono questi orari, costringendo le aziende sanitarie a ricorrere alle cooperative. In questo senso, alzare l’età pensionabile non porterebbe alcun beneficio. Il sistema sanitario nazionale “ha bisogno di interventi strutturali – ripetono i sindacati -, primo tra tutti l’abolizione del tetto di spesa sul personale, che è la madre di tutte le battaglie, per consentire l’immediata assunzione dei giovani medici, anche specializzandi, pronti a entrare nel Servizio sanitario nazionale, ma, di fatto, dolosamente bloccati proprio da chi ha interesse a sostituirli con i pensionati”. La toppa, dunque, rischia di essere peggio del buco.

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