Potrebbe esserci una svolta nella sparizione di Daouda Diane, il migrante che lavorava ad Acate, nel Ragusano, scomparso nel nulla il 2 luglio dello scorso anno dopo aver pubblicato due video in cui denunciava le condizioni di scarsa sicurezza all’interno del cantiere in cui lavorava. Adesso la procura di Ragusa indaga su 5 persone, tra cui un minorenne: sono i titolari della ditta Sgv Calcestruzzi e i loro familiari. La famiglia Longo, che ha sempre rigettato ogni accusa, adesso è finita sotto indagine per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Gli occhi degli inquirenti sono puntati proprio nei depositi degli inerti del calcestruzzo, dove potrebbe celarsi il corpo del Daouda Diane. Alla scomparsa volontaria dell’uomo la Procura non ha mai creduto, anzi si è concentrata sin da subito sulla famiglia proprietaria della impresa di calcestruzzo, più volte coinvolta in passato in fatti ricollegabili alla mafia. Originario della Costa D’Avorio, Daouda da otto anni lavorava come mediatore nel centro di accoglienza tra Vittoria e Acate, dove migliaia migranti vengono impiegati nei campi, spesso in condizioni estreme, per la raccolta del pomodoro.
Per arrotondare aveva cominciato da pochi giorni a lavorare proprio nella ditta Sgv, come operaio edile, nonostante la società abbia pure negato questo. Dopo i primi giorni di lavoro ha cominciato a denunciare attraverso dei video tutte le problematiche legate alla sicurezza evidenziate durante i suoi turni in ditta. In seguito all’invio di un video al fratello in cui diceva “qui c’è la morte” di lui non c’è più traccia, sparito nel nulla insieme al suo telefonino. A poco sono servite, fino ad oggi, le ricerche dell’uomo con i cani molecolari e le manifestazioni della popolazione di Acate, programmate ogni due del mese, per sensibilizzare chi può avere notizie sulla sparizione: Daouda Diane non si trova. Nei giorni scorsi i famigliari hanno inviato un video in cui lanciano un appello per avere notizie delle sorti del mediatore culturale: “Siamo in seria difficoltà – ha detto la moglie – non possiamo più mangiare. Daouda ci manca tanto e vogliamo rivederlo vivo. Aiutateci”. A sostenere la famiglia ci ha pensato in questo momento il sindacato Usb, vicino sin da subito con moglie e con il figlio di Daouda che nel videomessaggio dice di non poter andare più a scuola a causa della mancanza di soldi. Quei soldi dovevano arrivare dal padre che poco dopo la sparizione sarebbe dovuto partire per la Costa D’Avorio per riabbracciare dopo anni la famiglia. Quell’aereo però, il mediatore culturale che aveva deciso di lavorare ancora di più, trovando impiego nell’impresa dei Longo, non lo ha mai preso.