Alla vittima è stato negato il “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti”. Farà causa al ministro dell'Interno: "È una decisione discriminatoria. Non mi permettono di lasciarmi alle spalle quella notte da incubo". Lo stupro avvenne nel 2016, in un parco a due passi dal Colosseo
È stata violentata, picchiata e rapinata mentre era in vacanza a Roma, ma non otterrà alcun risarcimento dallo Stato italiano. Dopo sei anni da quella notte, alla modella australiana che venne stuprata nel parco di Colle Oppio, a due passi dal Colosseo, è stato negato il “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti”. La sua richiesta è stata respinta perché cittadina non italiana né comunitaria. Una decisione che la vittima definisce “discriminatoria”, per lei e “per tutte le donne”. Ora, come si legge su Il Messaggero, insieme al suo avvocato Mario Rinaldi, farà causa al ministero dell’Interno contro la decisione presa dal Comitato d’esame: “Dopo sei anni da quella maledetta notte in cui quell’uomo mi picchiò e abusò di me che ero incosciente – spiega ora la vittima – sono ancora alle prese con la giustizia italiana e non riesco a chiudere una volta per tutto e a lasciarmi alle spalle questo doloroso capitolo della mia vita”.
Lo stupro avvenne il 3 ottobre del 2016: la vittima, all’epoca 49enne, fu avvicinata dal 41enne Eduard Oprea, con precedenti per stalking, nella zona della stazione Termini. L’uomo si propose di accompagnarla a casa, ma la condusse in realtà in un angolo buio del parco di Colle Oppio. Lì la colpì violentemente al volto, la rapinò e abusò di lei mentre era senza sensi a terra. A Roma si scatenò un duro dibattito sulla sicurezza per le donne in città: i cancelli del Colle Oppio vennero chiusi la sera e nel parco furono rafforzati i controlli.
Lo stupratore fu rintracciato e arrestato. Gli esami del Dna diedero riscontri e Oprea fu condannato prima a 12 anni e 6 mesi di reclusione, poi ridotti a 10 anni in seconda battuta (nel 2019) e confermati in Cassazione (nel 2020). Il giudice aveva stabilito che la modella australiana avrebbe dovuto ricevere un risarcimento di 50mila euro. “Si è leso un diritto fondamentale e inviolabile della persona – denuncia l’avvocato Rinaldi – la legge non opera alcuna distinzione o limitazione all’accesso al beneficio basata sulla nazionalità o sullo stato di residenza del richiedente, pertanto qualunque soggetto di qualsiasi sesso, nazionalità, religione e credo politico, come richiamato dalla Costituzione, si dovesse trovare in detta malaugurata situazione dovrebbe essere ritenuto destinatario del beneficio. La mia assistita è incredula“.