L’orologio dell’apocalisse segna 90 secondi alla mezzanotte. Mentre il bollettino degli scienziati atomici, pubblicato per la prima volta in inglese, russo e ucraino, avverte che l’olocausto nucleare non è mai stato così vicino allo zenit. I politici europei fanno a gara a chi manda più armi letali possibili al governo ucraino. La promessa rivolta ai cittadini attoniti è sempre la stessa. Più armi arrivano a Volodymyr Zelensky e più veloce sarà la fine del conflitto. Più passano i mesi più, in verità, la capacità di previsione delle élite appare per quello che è: nulla. Oppure una grande ed epocale presa in giro.

Il 5 marzo scorso Enrico Letta, il leader della coalizione nazionale dei guerrafondai italioti, sentenziava: le sanzioni sono le più dure mai comminate e in qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa, che finirà in ginocchio. Quasi un anno dopo, il Pil russo è calato solo del 3,5% e la tenuta del regime dittatoriale di Vladimir Putin appare più salda che mai. In compenso i profughi di guerra sono più di otto milioni, i morti decine di migliaia e le infrastrutture ed economia di Kiev sono a pezzi. A chi giova tutto questo lo si desume dai bilanci delle grandi multinazionali: utili miliardari si registrano nel settore degli armamenti, del petrolio, dell’energia e a pagare il conto non sono le imprese che continuano a commerciare con la Russia, ma i cittadini europei con inflazione a due cifre e perdita di posti di lavoro; in prospettiva prossima, anche di vite umane. Perché se il conflitto si allargherà ancora saranno i pacifici sostenitori della guerra da tastiera a essere inviati al fronte orientale prima della deflagrazione nucleare.

Colpisce che a decidere sull’invio di armi siano burocrati e governanti che disattendono completamente l’orientamento maggioritario delle opinioni pubbliche e che sono gli stessi che si riempiono ogni giorno la bocca della parola democrazia. Cosa c’è di democratico nell’andare contro l’opinione maggioritaria dei cittadini non è chiaro nemmeno al più raffinato degli studiosi di scienza politica.

La scommessa di molti di questi sedicenti democratici, e dell’apparato di propaganda che li supporta, è che Putin non userà mai i missili nucleari. Ma intanto si inondano gli ucraini di armi pesanti e li si incita a riconquistare la Crimea. Che è una terra annessa con la forza dalla Federazione russa, ma che per lo zar è ormai irrinunciabile e che mai potrà essere attaccata senza una risposta devastante. Che senso ha allora questo gioco al massacro? Foraggiare gli interessi di chi specula sulla guerra? Soddisfare la volontà di potenza di un impero sull’altro come in fondo nella storia è sempre accaduto? O semplicemente sono tutti ormai diventati ciechi e sordi e si sta ripetendo quello che già per due volte è successo prima dello scoppio della prima e seconda guerra mondiale?

Se in gioco c’è la democrazia come i politici continuano a urlare ai quattro venti, comunque la soluzione da adottare per essere coerenti è una sola: dare voce ai cittadini per potersi esprimere attraverso referendum. Volete o no continuare ad armare un conflitto che non ha vie d’uscita senza un accordo diplomatico? Desiderate fare parte di un gioco deciso sulla vostra testa da bande di affaristi, guerrafondai e speculatori di ogni genere e tipo?

Ma a nessuno sembra interessare molto del parere dei cittadini. E a questo punto c’è anche da chiedersi se davvero ai cittadini debba interessare il parere dei politici e delle autorità. Oppure se non sarebbe bene e opportuno, e finanche necessario, optare per una soluzione radicale: scendere in piazza e bloccare tutto fino a quando la democrazia ritorni a esser pilastro fondante del dibattito pubblico.

Non si chiede in fondo molto perché si potrebbe essere persino più esigenti. Per esempio: domandando la messa in stato di accusa di tutti quei politici che hanno portato l’Italia in guerra violando la Carta costituzionale: Mario Draghi, Giorgia Meloni, Enrico Letta e tutti quanti coloro che hanno deciso di finanziare una guerra che non riguarda l’Italia e mette al centro interessi che non sono nazionali, ma di altri.

Il presidente Sergio Mattarella, in questi giorni, è stato intento a scrivere editoriali di memoria al più grande imprenditore italiano di tutti i tempi, Gianni Agnelli, per cui lo si deve lasciare per forza di cose fuori dalla lista di coloro che sarebbero da mandare a processo. Chissà se l’italiano medio, tra un aperitivo e una rapida lettura della Gazzetta dello sport al bar, capirà che lasciare che altri decidano quale deve essere il destino di tutti è la decisione più stupida che si può prendere in certi momenti storici. E che è ora di fare sentire la propria voce alta e forte per fermare all’ultimo momento la catastrofe.

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