L'annuncio della partecipazione del presidente ucraino al festival della canzone italiana mette d'accordo personalità che hanno avuto le idee più diverse sul conflitto. Lanciate anche una petizione e una manifestazione. Il presidente M5s: "Non credo sia necessario sentirlo in un contesto così leggero". Il leader di Azione: "I contesti in cui un presidente in guerra dev'essere presente sono altri". Il direttore della Stampa: "Così il rischio è la banalizzazione". Vespa difende la scelta: "E' stato ospite a Cannes, Venezia, Golden Globes"
C’è un argomento che riesce a mettere d’accordo Carlo Calenda e Giuseppe Conte e Beppe Grillo, Matteo Salvini e Alessandro Di Battista. Ma pure Vittorio Feltri e Vauro Senesi, Carlo Freccero e Fabio Volo, Massimo Giannini, Mario Giordano e Moni Ovadia. È la presenza di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo: da quando Bruno Vespa ha annunciato che il presidente dell’ucraina interverrà con un video messaggio nella serata finale dell’11 febbraio, si è levato un coro di critiche che parte dalla politica (bipartisan) e arriva fino al mondo dello spettacolo, passando per professori universitari e giornalisti. L’ultimo in ordine di tempo è Conte: “Io sono stato molto contento – dice – quando il presidente Fico ha invitato il presidente Zelensky alla Camera dove ha potuto esprimere le sue ragioni in Parlamento. Non credo che sia così necessario avere Zelensky in un contesto così leggero come quello di Sanremo”. Ma prima di lui avevano già parlato altri esponenti, anche del governo che sembra un po’ in imbarazzo, se non infastidito. “Se avrò dieci minuti di tempo per vedere il Festival di Sanremo, vedrò le canzoni, non Zelensky” afferma il ministro dei Trasporti Matteo Salvini. E ancora: “Il festival con la guerra e le morti in corso? Non mi sembra che le cose vadano d’accordo”. E si ritrovano su questa posizione politici che mai avrebbero pensato di poter andare d’accordo su qualcosa. Perfino Carlo Calenda è critico: “Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra”, ha scritto su Twitter. Calenda quindi la pensa come il Movimento 5 stelle: “I contesti in cui il presidente di un Paese aggredito deve essere presente sono altri, non i festival”, ha commentato Stefano Patuanelli. E la pensa anche come Beppe Grillo, che sul suo blog ha ospitato l’intervento di Torquato Cardilli sul conflitto russo ucraino, dal titolo emblematico: “Dalle bombe alle canzoni. Anche il dolore fa spettacolo”. “L’annunciata presenza di Zelensky al Festival di Sanremo è inopportuna e appare mera propaganda di guerra”.
Difende la scelta Bruno Vespa, indicato come colui che avrebbe organizzato “l’ospitata”: “Non capisco francamente tutto questo rumore per un breve intervento di Zelensky ” dice all’agenzia Ansa. “Al Festival hanno partecipato alte personalità della politica internazionale e sono stati trattati tutti i temi sociali, anche scabrosi e controversi – ha sottolineato -. Zelensky è stato ospite ai festival di Cannes e Venezia, oltre che ai Golden Globes, e mi dispiace questo malanimo nei confronti di un uomo che si sta battendo con straordinario coraggio per salvare la libertà del proprio popolo da una pesantissima aggressione”. Va detto che tra le personalità di politica internazionale a cui fa riferimento Vespa non risultato capi di Stato di Paesi in guerra.
Tra i politici è intervenuto duramente anche l’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris, portavoce di Unione Popolare: “Se si vuole sostenere il popolo ucraino e parlare finalmente di pace e non solo di armi e guerra si dia la voce, cantata o parlata, ad una mamma ucraina ed una russa”. Mentre le voci a favore dell’intervento di Zelensky? Quasi introvabili. Scorrendo le agenzie di stampa dell’ultima settimana se ne scovano giusto un paio. In controtendenza (anche in maggioranza) Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di Fdi, ospite di Agorà, su Rai 3, aggiunge: “Penso possa essere un momento di grande coinvolgimento, di chiarificazione, di informazione, come sempre è stato per il Festival, penso sia un dato positivo”. Un po’ più sentita quanto meno la nota del segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova: “È importante che gli italiani ascoltino la diretta testimonianza di chi sta guidando la resistenza alla brutale e immotivata aggressione russa”.
La trasversalità dell’opinione contraria, con le diverse sfumature, si è registrata ieri sera durante Otto e Mezzo (La7). Gli ospiti Massimo Giannini, Lucio Caracciolo, Italo Bocchino e Jasmine Cristallo – che sulla guerra in Ucraina hanno espresso in questo anno di combattimenti spesso opinioni diverse tra loro – si sono espressi per il no alla partecipazione in remoto del presidente ucraino al festival. Il direttore della Stampa Massimo Giannini ha bollato la scelta come “non opportuna”, dicendosi “pienamente contrario”. “Siccome la guerra è una vera tragedia e lo sta diventando sempre di più – spiega Giannini – se da una parte posso anche capire che Zelensky abbia interesse ad alimentare e tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale, per contro vedere questa rappresentata questa tragedia tra i Maneskin e una canzone di Giorgia, e lo dico con tutto il rispetto dei nostri cantanti, è un modo per banalizzare una tragedia che invece è in pieno corso”.
Contro la partecipazione di Zelensky al Festival. È stata anche lanciata una petizione: i firmatari contestano la spettacolarizzazione e militarizzazione del Festival. Intanto due associazioni che si chiamano “Comitato di liberazione nazionale” e Pecora nera hanno organizzato una manifestazione pacifista proprio l’11 febbraio a Sanremo. E dove sono invece le opinioni a favore della presenza di Zelensky a Sanremo? Se ne sentono pochissime, la maggior parte espresse molto timidamente.
La musica non deve avere nulla a che fare con la propaganda bellica, dicono i firmatari della petizione. Tra loro ci sono professori universitari e giuristi (Ugo Mattei, Franco Cardini, Paolo Cappellini, Geminello Preterossi, Anna Cavalieri, Carlo Magnani, Pasquale De Sena, Giovanni Messina, Alessandro Somma, Alessandra Camaiani); economisti (Joseph Halevi, Thomas Fazi, Gabriele Guzzi); il politico Alessandro Di Battista e anche l’ex direttore di Rai2 e massmediologo Carlo Freccero, che al Fatto Quotidiano ha spiegato le ragioni della sua adesione: “Così Zelensky si mescola alle musichette, mentre sul terreno di guerra si accumulano i morti“.
La trasversalità di chi ha deciso di opporsi alla presenza di Zelensky a Sanremo supera il mondo della politica. Tra i primi c’è stato Moni Ovadia, anche lui firmatario della petizione, che in un’intervista sempre al Fatto Quotidiano ha espresso le sue preoccupazioni: “Si fa strame della Costituzione e con sofismi e sarchiaponismi la si stravolge promuovendo una deriva militarista furiosa”. A dire le stesse cose è pure Mario Giordano, giornalista e conduttore di Fuori dal coro su Rete4, di tutt’altra parte politica: “Zelensky va a Sanremo a chiedere più armi lì sul palco tra Gianni Morandi, Chiara Ferragni, i Cugini di Campagna e Amadeus”. Più ironico, ma pur sempre contrario, c’è anche Vittorio Feltri: “Zelensky a Sanremo ci canterà bandiera rossa” anche se non è chiarissima la battuta (Zelensky di tutto può essere accusato tranne che è comunista). E il vignettista Vauro Senesi a sua volta ha dichiarato: “Trovo che sia una scelta squallida, Zelensky è il leader di un paese in guerra, il mainstream italiano lo continua a dipingere come l’eroe in maglietta, sembra un personaggio di un fumetto”. Vauro ha anche precisato che proverà a essere presente sabato 11 febbraio alla manifestazione pacifista, lanciata da Diego Costacurta, coordinatore provinciale imperiese dell’associazione che porta il nome di “Comitato di Liberazione Nazionale” e membro attivo del collettivo Pecora Nera.
Nel frattempo, anche nelle ultime ore altri volti noti hanno espresso la loro contrarietà alla presenza di Zelensky a Sanremo. Si va dal direttore di Limes, Lucio Caracciolo, che a Otto e mezzo (La7) ha dato un giudizio tranchant: “Questo mescolare continuamente l’orrore della guerra, i combattimenti in corso, il sangue che scorre con un sottofondo musicale o sportivo, oltre a essere di cattivo gusto, è anche diseducativo“. E’ nello stesso contesto che anche Italo Bocchino, personalità vicina a Fratelli d’Italia, ha ribadito: “Non è il festival della canzone italiana il luogo utile e adatto per un passaggio del genere, distinguere un momento nazionalpopolare a un momento drammatico. C’è il rischio di banalizzazione o strumentalizzazione. Rischia di abbassare la serietà del tema”. Mentre Jasmine Cristallo sottolinea che è lo stesso Zelensky che si autopropone per eventi del genere.
Fuori dalla politica, sono gli stessi concetti che ha voluto sottolineare a ‘Un Giorno da Pecora’, su Rai Radio1, lo scrittore e conduttore Fabio Volo: “Zelensky a Sanremo? Sono cose che personalmente fatico a capire, capisco l’attenzione però mi sembra anche un po’ la spettacolarizzazione di un qualcosa”.