Durante le sue battute di caccia Davide Piampiano, morto l’11 gennaio scorso proprio mentre cacciava, indossava sempre una telecamera. Una piccola GoPro, utilizzata dal 24enne per registrare dei video da postare sui social. La portava con sé ogni volta, anche il giorno in cui è morto, raggiunto al petto da un colpo di fucile calibro 12, nel parco di Monte Subasio, in località Fosso delle Carceri, Assisi. Proprio grazie alle immagini salvate nella memoria della sua telecamera, gli inquirenti sono riusciti a far luce sulla sua morte: non è stato un fatale incidente a ucciderlo come si ipotizzava inizialmente. Il colpo, secondo i carabinieri, è stato esploso da un’altra persona, “presumibilmente” un cacciatore che stava partecipando con Piampiano alla battuta al cinghiale nelle campagne umbre. Il sospettato è stato arrestato il 27 gennaio: è accusato di omicidio volontario. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata disposta dal gip di Perugia. Al momento non viene ipotizzato alcun movente.
Da una prima ricostruzione della dinamica, basata sulle dichiarazioni rese da vari testimoni, era emerso – riferiscono i carabinieri – che Piampiano si trovava a caccia con un amico. Un terzo cacciatore, non impegnato con loro nella battuta ma residente in quella località, dopo avere udito in lontananza uno sparo, si era avvicinato per verificare se i due fossero riusciti ad abbattere un cinghiale. È a quel punto che aveva trovato Piampiano in fin di vita. L’autopsia aveva fatto emergere numerosi dubbi sull’ipotesi che il colpo fosse stato esploso accidentalmente dallo stesso 24enne: il proiettile non era stato sparato a bruciapelo.
Le indagini dei carabinieri di Assisi, coordinati dalla Procura di Perugia hanno così portato a ricostruire una diversa dinamica dei fatti. Anche grazie ai filmati ripresi dalla GoPro: immagini risultate particolarmente crude e drammatiche che hanno portato gli inquirenti a stabilire che il colpo fatale certamente non è stato esploso dal fucile di Piampiano a seguito di una caduta, ma da un altro cacciatore. Accortosi di quanto accaduto, il presunto omicida ha poi cercato di depistare le indagini alterando lo stato dei luoghi, scaricando l’arma del ventiquattrenne, disfacendosi del proprio fucile e della giacca da caccia. Inoltre, ha “omesso di chiamare tempestivamente” i soccorsi, avvisati dopo vari minuti dall’altro cacciatore arrivato nel frattempo. “Tale comportamento omissivo – spiegano gli inquirenti in un comunicato – ha consentito di ipotizzare a carico dell’autore dello sparo l’ipotesi dolosa di omicidio, avendo egli con la sua scelta di non chiamare immediatamente i soccorsi accertato il rischio che il soggetto colpito potesse morire”.