Un accordo da 8 miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas a favore del mercato interno libico e garantire l’esportazione in Europa. E un’intesa per supportare la Libia con cinque imbarcazioni attrezzate nel campo della ricerca e soccorso di migranti in difficoltà in mare. La premier Giorgia Meloni fa tappa a Tripoli – dopo la visita in Algeria e prima di volare in Tunisia – nell’ambito del viaggio per lanciare quello che ha definito il suo “Piano Mattei“. Da una parte il tentativo di cambiare approccio sull’immigrazione, dall’altra l’idea dell’Italia come hub per redistribuire il gas in Europa.

L’intesa clou è però proprio quella sul gas con la compagnia petrolifera nazionale (Noc). E a brindare è soprattutto l’Eni, che rafforza la sua posizione come primo operatore in Libia, come ha sottolineato l’ad Claudio Descalzi. Il progetto previsto dall’accordo, aggiunge Descalzi, “contribuirà allo sviluppo e alla creazione di lavoro nel paese”. Denominato ‘Strutture A&E’, è il primo di grandi dimensioni ad essere sviluppato nel paese dall’inizio del 2000. I due giacimenti a gas, localizzati nel Mediterraneo al largo di Tripoli, vedranno la produzione iniziare nel 2026 fino a un plateau di 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno. È prevista anche la costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Ccs) a Mellitah.

“Un chiaro segnale che il settore petrolifero in Libia è privo di rischi“, la tesi del presidente della Noc, Farhat Omar Bengdara. L’accordo, però, è stato contestato nelle scorse settimane dall’altro esecutivo libico (non riconosciuto dalla comunità internazionale), quello guidato da Fathi Bashagha. Un scenario ancora più incerto per il ruolo del generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica. Dove si trovano vari campi petroliferi, dove fanno base molti scafisti e dove è segnalata l’attività dei mercenari russi della Wagner. Meloni ha “auspicato” che l’impegno del governo di Dbeibah a indire elezioni “possa tradursi rapidamente in azioni concrete, con la mediazione dell’Onu”. Un “ampio compromesso politico nazionale“, ha aggiunto, può “aiutare a sbloccare l’attuale situazione di stallo”.

La premier ha rassicurato le autorità locali che l’Italia “è pronta ad aiutare” la crescita della Libia. Ma sul tema immigrazione continua a chiedere una svolta da Bruxelles, e su questo insisterà anche nel Consiglio europeo del 9-10 febbraio: “Il tema deve riguardare l’Ue nel suo complesso”. Cruciale, però, resta la collaborazione dei Paesi di partenza. Negli incontri con il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, e il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi, Meloni ha sottolineato che ultimamente le partenze sono aumentate. Da qui la necessità di “intensificare” l’impegno, di trovare “soluzioni più efficaci”, con risultati “verificabili”, anche “in collaborazione con l’agenzia Onu sul campo”.

Intanto i ministri degli Esteri dei due Paesi hanno siglato un accordo per “potenziare le capacità e la cooperazione con l’autorità libica in relazione alla guardia costiera“. Un patto “vergognoso” perché consegna “5 motovedette a chi si è reso responsabile di torture e stupri ai danni dei migranti”, ha protestato Angelo Bonelli (Avs), invitando la premier “a leggere il rapporto choc dell’Onu che svelò la detenzione arbitraria, le torture e gli stupri a cui sono sottoposti i migranti per mano della guardia costiera libica”.

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