Buone notizie per una storica battaglia dei Verdi: la creazione del Parco Unico del Delta del Po. Intendiamoci: per ora siamo solo all’annuncio e a una prima apertura politica – da parte della viceministra all’Ambiente, Vannia Gava – a favore dell’unificazione dei due parchi regionali che ricadono in Emilia-Romagna e Veneto. Si tratta però di uno spiraglio che ci incoraggia a portare fino in fondo questa battaglia dei Verdi che non esito a definire identitaria.

Solo un paio di anni fa, con l’ex senatore Verde, Sauro Turroni facemmo un blitz all’inaugurazione della fiera di Rimini Ecomondo consegnando all’allora ministro della Transizione ecologica, Sergio Costa, una lettera con cui gli chiedevamo di intervenire con urgenza per dotare questo prezioso territorio di strumenti gestionali adeguati.

Bene, dunque, le dichiarazioni di principio della viceministra. Ora, però, devono seguire i fatti. Basta anche agli stop and go sul piano legislativo che, a ripetizione, hanno trasformato il Parco del Delta da parco nazionale unico a parchi regionali, in un perverso gioco dell’oca che periodicamente ne riportava lo status gestionale alla casella di partenza.

Da anni noi Verdi ci battiamo per garantire tutela, fondi e una governance unitaria adeguati al Delta del Po, questo straordinario mosaico di biodiversità avifaunistica e vegetazionale che si estende su una superficie di oltre 66mila ettari, oggi amministrata da due enti parchi regionali. Si tratta di un’area naturalistica tra le più importanti d’Italia e del mondo: non a caso nel 2015 ha ottenuto il riconoscimento come riserva Mab dell’Unesco per le sue caratteristiche uniche, che ne fanno anche un’area di grande richiamo turistico e di notevole interesse culturale. E tuttavia, ancora oggi, non al riparo dall’attività venatoria e vittima di non infrequenti morie di pesci e avifauna a causa di una gestione lacunosa del territorio. Problemi ai quali va aggiunto quello dell’aumento dell’ingressione salina che ormai ha portato l’acqua marina a una profondità di oltre venti chilometri dalla costa.

Raccogliendo il testimone di chi mi ha preceduta in questa battaglia, sul tema del parco unico e del massimo livello possibile di tutela da garantire sono intervenuta più volte, in qualità di capogruppo di Europa Verde nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, per sollecitare la giunta Stefano Bonaccini a operare assieme alla Regione Veneto per arrivare a una gestione unitaria che, tra l’altro, garantirebbe anche la regolare disponibilità di maggiori fondi: oltre ai 55 milioni di euro extra in arrivo dal Pnrr destinati al progetto di valorizzazione del parco in chiave ambientale, culturale, turistica (dei quali 30 milioni all’Emilia-Romagna e 25 al Veneto).

La creazione del parco unico non è solo una, sia pur importante, questione economica: grazie anche al necessario coinvolgimento delle comunità e delle Istituzioni locali che consentirebbe di agire sulla base di una visione e di progettualità coordinate di più ampio respiro indispensabili per garantire il presidio puntuale ed efficace di un habitat da preservare a tutti i costi e da ampliare ulteriormente con l’acquisizione di aree limitrofe a quelle attualmente destinate a parco. Una di queste è la cosiddetta penisola di Boscoforte, tra il territorio di Argenta e Comacchio (Fe), dentro il perimetro del Parco del Delta del Po.

Si tratta di un’area dunosa formatasi in età etrusca di grande pregio naturalistico, al cui interno vivono allo stato brado numerosi esemplari di cavalli. Luogo privilegiato anche per la sosta e la nidificazione di numerose specie di uccelli. Una sorta di Camargue. Nel 2008 la Regione Emilia-Romagna e la Società Bonifiche Valli Meridionali di Comacchio S.p.A. (proprietaria della Penisola di Boscoforte) sottoscrissero un Protocollo d’intesa che prevedeva la cessione a titolo gratuito all’Amministrazione Regionale di una parte di tale penisola. Quel protocollo non fu mai perfezionato e oggi la parte settentrionale di Boscoforte (circa 70 ettari di superficie d’acqua), che fu declassata da area protetta a area contigua, non solo è aperta alla caccia, ma è tra le più frequentate dai cacciatori.

In un’interrogazione alla giunta regionale dell’Emilia-Romagna ho chiesto, oltre al perfezionamento della donazione del 2008, di valutare l’opzione dell’acquisizione dell’intera penisola di Boscoforte per ricomprendere entro i confini del Parco del Delta del Po anche la parte settentrionale, quella più preziosa dal punto vista naturalistico, oggi ancora in mani private, al fine di sottoporla a tutela e al divieto di caccia. Un’operazione win win che dimostrerebbe la volontà concreta delle istituzioni di tutelare il territorio valorizzando le sue vocazioni in termini di turismo e sviluppo economico compatibili con il rispetto dell’ambiente.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Il governo vuole il nucleare del futuro, ma deve fare i conti col passato: dopo decenni l’Italia non è ancora in grado di mettere in sicurezza le scorie delle centrali dismesse

next
Articolo Successivo

La siccità ci costringe a cambiare le abitudini alimentari: l’agricoltura deve pensarci subito

next