I "comportamenti" dei dirigenti, secondo la Corte federale d'appello, sono stati "scorretti" nonché "sistematici e ripetuti" ehanno provocato "effetti" sul bilancio attraverso la "ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni" di mercato. Il caso dello scambio Tongya-Ake: "Fattura corretta a penna perché non apparisse come uno scambio". Sulle altre società non ci sono abbastanza prove
La valutazione del singolo valore degli scambi è superata, ormai secondaria, rispetto a “comportamenti” ritenuti “scorretti” nonché “sistematici e ripetuti” che hanno provocato “effetti” sul bilancio attraverso la “ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni” di mercato. Una maniera di agire che ha portato alla “inevitabile alterazione del risultato sportivo”. È sostanzialmente maturata così la penalizzazione di 15 punti della Juventus, con la Corte d’Appello federale della Figc convintasi che il “libro nero FP” redatto dal direttore sportivo Federico Cherubini rappresenti una prova granitica, insieme alla mole di intercettazioni e documenti sequestrati nell’inchiesta della procura di Torino, di un “modus operandi” che viola l’articolo 4 del Codice di giustizia della Figc sulla lealtà e probità sportiva. La Juve ha preannunciato ricorso al Collegio di garanzia presso il Coni parlando di motivazioni “prevedibili nei contenuti” ma viziate “da evidente illogicità, carenze motivazionali e infondatezza in punto di diritto” e si dice certa che farà “valere con fermezza” le sue ragioni.
“Sistema fraudolento” – Il “fatto nuovo”, sottolinea invece la Corte federale nelle 36 pagine di motivazioni, è “l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo – come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale – è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa”. Elementi nuovi che invece i giudici hanno ritenuto insufficienti per condannare tutti gli altri dirigenti delle 8 società coinvolte nella revocazione del proscioglimento dello scorso aprile. “Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato – scrivono i giudici nelle motivazioni – Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio”. E il “sospetto” che “eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna”.
“Plusvalenze un obiettivo, non un effetto” – Mentre sulla giravolta a 180 gradi rispetto al “non si può definire il valore di un calciatore” sottolineato nel proscioglimento di aprile, i giudici annotano che la Corte federale “aveva avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima” e “aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l’introduzione di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si trasformino in patologici, in modo anche da avvisare la società agente di avere oltrepassato i limiti della razionalità e della dimostrabilità”. Una intervento ritenuto “urgentissimo ancora oggi”. Ma, aggiungono, “avere affermato un tale principio non legalizzava qualunque comportamento”. E “sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte”.
Lo scambio Akè-Tongya e… – Una delle operazioni – definito un caso “eclatante” – alle quali è dedicato maggiore spazio nella sentenza è lo scambio Akè-Tongya con l’Olympique Marsiglia: “Apparentemente costruita con contratti indipendenti, è in realtà un vero e proprio scambio e viene così qualificato dalle mail interne”, sottolineano i giudici. E viene ripercorsa la genesi: “‘Scambiamo Tongya con Akè, entrambi trasferimenti definitivi identici’ – ripercorre la Corte federale – E alla richiesta se ‘dobbiamo condizionarli l’uno all’altro?’ la risposta è ‘li abbiamo condizionati l’uno all’altro’. Anche l’Olympique Marsiglia precisa ripetutamente che si tratta di una operazione incrociata e integralmente compensata”, si legge nelle motivazioni.
…e la fattura corretta “a penna” – E quando è il momento di fatturare, si legge, l’Olympique annota “compensazione” nella causale della fattura per l’operazione di scambio che viene “materialmente corretta a penna e ‘barrata’ in ogni dove e riscritta dalla FC Juventus S.p.A. e rispedita al mittente chiedendo di modificarla”. Perché? “Per evitare che potesse essere compreso all’esterno che l’operazione era effettivamente di mero scambio (cioè permuta) e non certo composta da atti indipendenti”, sostiene sottolineando che la Juventus – che ha perso il 2,45% in Borsa dopo la pubblicazione delle motivazioni – sarebbe obbligata a redarre uno scambio di questo tipo secondo il principio contabile dello IAS38, paragrafo 45, che imporrebbe per le permute di scambiare l’immobilizzazione immateriale (cioè il calciatore) al valore contabile netto. “I dirigenti della FC Juventus S.p.A. dicono espressamente che si deve evitare di evidenziare la compensazione”. Insomma, la “natura dell’operazione non doveva emergere dai documenti ufficiali riguardanti la fatturazione”.
Per i giudici “alterazione del risultato sportivo” – E nel provvedimento viene anche sottolineato che il quantum della sanzione (insomma, perché proprio 15 punti) viene scritto che “deve essere proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita tentando di rimediare ad una tale alterazione, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della Figc impone quale clausola di carattere generale in capo alle società sportive”. Il quadro dell’artificiosità delle operazioni per i giudici è “dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna” e che “hanno tutti una ‘natura essenzialmente confessoria’”. E c’è una “aggravante distintiva” rispetto a “qualunque precedente”: “Colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza” della artificiosità.