L’obbligo di indossare sempre il velo, i maltrattamenti e il progetto di un matrimonio combinato con un uomo che ha il doppio della sua età. Non potendo più sopportare la situazione familiare di cui era vittima, una studentessa di 16 anni residente nell’alto Vicentino, figlia di senegalesi di religione musulmana, si è confidata con un’operatrice del doposcuola. La quale, dopo aver ascoltato per alcuni mesi le sue confessioni, ha segnalato il caso agli assistenti sociali, che a loro volta si sono rivolti ai magistrati.
La vicenda è stata riportata dal Giornale di Vicenza. Secondo l’accusa del pubblico ministero Alessia Grenna, i genitori della giovane l’hanno rinchiusa in camera per un paio d’anni, picchiandola se rifiutava di indossare il velo e programmando per lei le nozze con un cugino trentenne. Stando alla ricostruzione, la ragazza era stata costretta a sentire quasi tutti i giorni il promesso sposo al telefono: se si rifiutava riceveva botte, insulti e frasi oltraggiose. La vittima ha riferito che il padre la frustava con il cavo di un caricabatterie. Inoltre, secondo il suo racconto, i genitori limitavano i suoi contatti con i compagni maschi e le tenevano il cellulare costantemente sotto controllo per sapere chi frequentasse, minacciandola di rispedirla in Senegal se non si fosse adeguata. Su richiesta del pm, la gip Chiara Cuzzi ha disposto la misura cautelare dell’allontanamento della madre e del padre dalla ragazza, che ora è ospite in una struttura protetta.
Nell’interrogatorio di garanzia, i genitori – difesi dall’avvocatessa Maela Magliocco – hanno negato le accuse, affermando di essere sempre stati contenti delle amicizie della figlia e sostenendo che lei li abbia denunciati per ripicca, essendo insoddisfatta della precaria condizione economica della famiglia che la faceva inferiore alle coetanee. “Purtroppo non possiamo garantirle lo stile di vita delle sue compagne e questo le crea ansia e rabbia” ha detto il padre, 49 anni, operaio, portando come esempio della propria tolleranza il fatto che la ragazza indossasse pantaloncini corti per giocare a pallavolo. Le indagini sono in corso: intanto l’ordinanza del gip vieta loro di vedere la figlia, di contattarla e di avvicinarsi alla scuola e alla palestra, nonché alla struttura dove ora vive. Gli inquirenti hanno già sentito altri testimoni, tra cui una sua amica e l’allenatore della squadra di pallavolo per cui gioca.