“L’ondata di gesti vandalici prova che il legame tra il detenuto e i suoi compagni rimane e tenderebbe a giustificare il mantenimento del 41-bis“. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio chiude ulteriormente gli spiragli all’ipotesi di un atto di “clemenza” del governo nei confronti di Alfredo Cospito, l’anarchico che da 104 giorni è in sciopero della fame contro il regime di carcere duro a cui è sottoposto. In conferenza stampa insieme ai colleghi Antonio Tajani (Esteri) e Matteo Piantedosi (Interni), il Guardasigilli ricorda che “il difensore di Cospito ha presentato al ministero istanza di revoca del 41-bis, aprendo se così si può dire un procedimento parallelo” a quello giudiziario, pendente in Cassazione, che deciderà il prossimo 7 marzo. “In realtà”, dice Nordio “si tratta di un’interpretazione molto opinabile, perché la legge è stata cambiata e questo potere non esisterebbe più. Una cosa comunque è certa: anche questa decisione del ministro transita attraverso il parere delle autorità giudiziarie. Significa che qualunque decisione sulla parte che ci compete non deve essere adottata se prima non riceviamo tutti i pareri delle autorità giudiziarie“, ha spiegato. Sul ricorso in Cassazione contro la revoca del 41-bis, invece, “la magistratura è sovrana e il governo non può assolutamente intervenire“, afferma.
Il ministro della Giustizia rivendica lo spostamento del 55enne anarchico dal carcere di Sassari a quello di Opera: “La salute del detenuto per noi è sacra e inderogabile. E infatti nella stessa giornata in cui abbiamo avuto un minimo cenno, peraltro opinabile, di peggioramento delle condizioni di salute di Cospito, lo abbiamo trasferito nella struttura più idonea in assoluto a garantire l’assistenza sanitaria insieme al mantenimento del 41-bis”, dice. Precisando che “questo non è un cedimento dello Stato di fronte alle forme di intimidazione, è il riconoscimento che una cosa è l’espiazione della pena, un’altra è la sicurezza pubblica, la terza la tutela della salute del detenuto. Lo Stato non può dare segno di essere intimidito da attività violente e minacciose. A titolo puramente personale, posso dire che avendo condotto l’inchiesta sulle Brigate rosse del Veneto in pieno terrorismo, l’idea che ho sempre avuto è che di fronte alla violenza non si tratta“, afferma. E rispondendo a una domanda chiarisce: “Io penso che in questo momento storico il 41-bis sia indispensabile e sia necessario mantenerlo. Teniamo presente che il 41-bis di applica nei confronti di persone che dal carcere continuano a predicare la violenza e l’illegalità, quindi non danno segno di alcuna redenzione e continuano a costituire un pericolo”.
Il ministro Piantedosi invece è tornato sugli episodi di violenza riferibili all’area anarchica avvenuti nei giorni scorsi, in particolare lunedì, con due azioni incendiarie in contemporanea a Roma e Milano. “I fatti di questi giorni hanno sottolineato la necessità di alzare il livello di attenzione della sicurezza pubblica rispetto ad alcune effervescenze che si sono verificate, ma non è che siamo con la minaccia terroristica dietro l’angolo. Con serenità faremo le nostre valutazioni e prenderemo le nostre decisioni, alcune sono state già prese. È pleonastico dire che non ci faremo condizionare“. E poi si rivolge direttamente agli antagonisti: “Lo voglio dire con chiarezza: il fatto di mettere in pratica certe azioni, difficilmente intercettabili in sede di prevenzione, non significa che in seguito non si riesca ad assicurare i responsabili alla giustizia“. Rispondendo a una domanda, riconosce che “il rischio di ricompattamento di frange diverse dagli anarchici sicuramente c’è. Nella manifestazione dell’altra sera a Roma per Cospito c’era una componente di una più generale galassia dell’antagonismo, estranea agli anarchici. Il fatto è all’attenzione delle forze di polizia”.
Tajani invece parla di una “campagna internazionale anarchica orchestrata contro lo Stato italiano”, che “reagisce con la forza della legge alla violenza di chi ha attaccato beni privati e pubblici, in Italia e all’estero”. Gli ultimi quaranta giorni, ripercorre il titolare della Farnesina, “sono stati segnati da attacchi più o meno gravi contro sedi diplomatiche e contro funzionari diplomatici. C’è stato un crescendo di attacchi terroristici o solo dimostrativi contro il personale dello Stato, e questo è odioso perché si tratta di servitori dello Stato che sono stati minacciati nelle loro sedi in territorio italiano, anche se all’estero. Il primo attentato e forse il più grave c’è stato il 2 dicembre contro la vettura del consigliere dell’ambasciata di Atene Susanna Schlein“: in quel caso, ricorda Tajani, “si è rischiata veramente una strage ed è stata evitata solo perchè non è esplosa la seconda molotov, poteva saltare tutta la palazzina, perché la seconda auto era vicina all’impianto del gas”. Per evitare questi attacchi, informa Tajani, “abbiamo innalzato le misure di sicurezza rafforzando tutto il sistema della rete” e “dato il via a una campagna su come tutelare la sicurezza dei diplomatici e delle ambasciate”.