di Sergio Brero

Che Alfredo Cospito non sia un assassino ce lo dice la sua stessa storia processuale, infatti rivendica di aver teso nel 2012 un’imboscata a Claudio Adinolfi, allora ad di Ansaldo Nucleare, e di avergli sparato alle gambe. Se avesse avuto l’attitudine ad uccidere, probabilmente Adinolfi, invece di avere problemi di deambulazione, sarebbe in qualche camposanto. Ma Alfredo Cospito ed Anna Beniamino sono attualmente due detenuti delle carceri italiane a cui è stato contestato il reato di strage “allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato”, art. 285, che è un delitto contro la personalità dello Stato, probabilmente il più grave dell’ordinamento.

Le pene richieste sono ergastolo ostativo per lui e 29 anni per lei.

Viene contestato loro questo articolo a seguito dello scoppio di due ordigni a basso potenziale, la notte tra il 2 e il 3 giugno 2006, nei dintorni della scuola per carabinieri di Fossano in provincia di Cuneo. In questa occasione non ci furono feriti, né gravi danni, nessuna ombra di vittime. Quando Cospito ne parla dice: “…l’assurda accusa di aver commesso una ‘strage politica’, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno.” Tra l’altro sia Alfredo Cospito sia Anna Beniamino non rivendicano l’azione e ne disconoscono la paternità, notando giustamente che “…nell’anarchia c’è un rincorrersi di sigle dietro alle quali di fatto può esserci chiunque”.

Questi a grandi linee i fatti.

A tutta prima viene il dubbio che i giudici della Cassazione, quelli che a suo tempo decisero per la riqualificazione del reato, ne abbiano letto soltanto il primo paragrafo, che in precedenza recitava: “Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con la morte”. Perché mi sono dimenticato di dire che Alfredo Cospito, torinese, la sua pena la sta scontando in regime di “carcere duro” o 41bis ormai da diversi mesi. Quindi non può uscire all’aria come gli altri detenuti, gli è negata qualsiasi attività o socialità all’interno del carcere, ha un solo colloquio mensile e la sua corrispondenza viene censurata.

Il 41bis, che diversi esponenti della società civile hanno denunciato come lesivo dei diritti per boss mafiosi con decine di omicidi al passivo, è stato applicato a Cospito perché continuava ad intrattenere rapporti di corrispondenza con riviste di area anarchica. La tesi dell’accusa è che con questa corrispondenza Cospito impartisse istruzioni operative per le colonne anarchiche armate ai suoi ordini. Cioè dopo un paio di secoli di processi ad anarchici di tutti i tipi, la procura di Torino ha finalmente individuato il capo degli anarchici, visto che si sa, gli anarchici hanno capi e strutture gerarchiche…

Se non fosse che si sono presi sul serio, e che in ballo ci sono i diritti e le vite di persone reali, farebbe sorridere.

E qui veniamo a quello che secondo me è il succo della questione: ad Alfredo Cospito non è rimasto altro modo per contestare questa situazione estrema che metterne in discussione la sostenibilità. Ovvero, dichiarare che vivere in una situazione di deprivazione sensoriale, oltre che di privazione della libertà, senza orizzonti di speranza, all’interno di una galera italiana, è una vita che può non valer la pena affrontare. Questa dichiarazione l’ha fatta entrando in sciopero della fame, ormai mesi fa, perdendo nel frattempo più di 30 kg.

Come rapportarsi a questa vicenda? Ha senso che persone come Alfredo Cospito espiino la loro pena in regime di 41bis? Cosa pensare di chi stravolge la mitica “funzione riabilitativa” della pena e trasforma la carcerazione di alcuni detenuti quasi in una vendetta quotidiana dello Stato – fine vendetta mai?

Da appassionato di storia dei servizi segreti, so che dietro alle strategie delle forze di sicurezza e degli apparati repressivi c’è un verminaio di strumentalizzazioni, macchinazioni, situazioni indicibili che ne informano le vicende e ne rendono opachi e inaccessibili i percorsi. Basta leggere Fasanella, Giannulli e gli altri giornalisti/storici che si occupano di rendere conoscibili al pubblico i documenti segreti mano a mano che vengono desecretati per rendersi conto di quello che realmente accade ad un certo livello dei nostri apparati statali. Tra stragi di Stato, omicidi eccellenti, vendette incomprensibili e protezioni scandalose, i colpevoli restano misteriosi, i mandanti inafferrabili, ma gli effetti sull’opinione pubblica reali e duraturi. E adesso abbiamo Alfredo Cospito che potrebbe prendersi un ergastolo ostativo, si trova già al 41bis, ed è in sciopero della fame; Anna Beniamino potrebbe vedersi condannata a 29 anni di prigione per una vicenda in cui non ci sono vittime.

Come mai tutto questo zelo? E’ perché sono senza protezioni varie? Sono gli unici che la magistratura riesce a condannare a piacimento e gli scarica addosso la frustrazione accumulata? E’ perché Alfredo Cospito ed Anna Beniamino fanno talmente paura allo Stato da dovergli tappare la bocca a qualsiasi costo, altrimenti chissà cosa potrebbe succedere? E’ perché con un trattamento iniquo ed estremo vogliono spingere all’azione eventuali sodali degli imputati in modo da poterli castigare?

Chi ricorda la storia dei suicidi in carcere degli anarchici torinesi Maria Soledad Rosas ed Edoardo Massari nel 1998? A fronte di accuse ingigantite e montate ad arte si tolsero la vita, per accuse relative alla Tav e alla val di Susa. E’ perché si vuole un replay di quanto successo allora?

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