Alcuni paesi chiedono un semplice allentamento delle regole sugli aiuti di stato, dall'altro in molti temono però che questo approccio permetterebbe ai paesi economicamente più solidi e più grandi di avvantaggiarsi rispetto agli altri. Da qui l'ipotesi di creare un fondo sovrano europeo per compensare le diverse disponibilità osteggiato dai "frugali"
Rischia di naufragare ancora prima di salpare il piano di sostegno all’industria europea a cui lavora la Commissione Ue in risposta ai maxi sussidi stanziati dagli Usa per le imprese “green”. Trovare un punto di equilibrio è oggettivamente complicato perché se da un lato alcuni paesi chiedono un semplice allentamento delle regole sugli aiuti di stato, dall’altro in molti temono che questo approccio permetterebbe ai paesi economicamente più solidi e più grandi di avvantaggiarsi rispetto agli altri. Da qui l’ipotesi di creare un fondo sovrano europeo per compensare le diverse disponibilità. Il sito Politico dà conto di un documento informale diffuso dall’Italia in cui si evidenzia come il 77% degli aiuti di stato che hanno ottenuto il via libera di Bruxelles riguardi solo due paesi: Germania e Francia. Il documento sottolinea inoltre il rischio che gli squilibri aumentino ulteriormente con regole più blande sui sussidi. Altri paesi però non ne vogliono sapere di mettere altri soldi in comune. In tal senso si è espresso ieri il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Più o meno negli stessi termine si era pronunciato in precedenza il premier olandese Mark Rutte. All’opposto Giorgia Meloni che ieri ha nuovamente invocato la creazione di un fondo sovrano europeo.
La proposta di istituire un fondo “di compensazione” è stata messa nero su bianco dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel ma secondo quanto riferisce Politico l’idea è stata fortemente criticati da alcuni diplomatici e l’ambasciatore olandese Robert De Groot ha definito le proposte di Michel “Karl Marx sotto steroidi”. In mezzo sta la vice presidente della Commissione europea Margrethe Vestager che sembra prendere le distanze tra entrambe le ipotesi. “Penso che sia importante che la competitività, nella sua essenza, derivi da una concorrenza solida e leale e non dalla spinta artificiale a breve termine che i sussidi possono fornire” ha affermato oggi. Vestager ha però anche aggiunto che “Nell’ambito del quadro temporaneo di crisi gli Stati membri hanno già mobilitato 672 miliardi di euro” contro le conseguenze della crisi in Ucraina. “I due terzi di questo importo sono stati notificati solo da due Stati membri: non tutti gli Stati membri hanno la stessa capacità di spendere. Le gare di sovvenzioni saranno sempre ingiuste, costose per i contribuenti, rischiose per l’integrità del mercato unico”.
Il primo appuntamento chiave per provare a trovare una quadra è fissato per il prossimo 9 febbraio quando i leader dei paesi europei si riuniranno per esaminare il dossier. “Insieme alla prossima comunicazione della Commissione in vista del Consiglio europeo di febbraio ci consulteremo anche con gli Stati membri su una proposta per trasformare il quadro di crisi temporaneo per gli aiuti di Stato in un quadro di crisi e di transizione più ampio”, ha spiegato la vice presidente della Commissione europea Vestager. Il tentativo a cui lavora Bruxelles sarebbe quello di utilizzare fondi già stanziati ma inutilizzati per compensare le diverse capacità di spesa ed evitare una temuta “frammentazione” senza emettere quindi nuovo debito europeo.