Una settimana prima di Natale, nel 2016, un tir piombò sulla folla del mercatino uccidendo 12 persone. Il tunisino Anis Amri (nella foto), responsabile della strage, scappò verso l’Italia e fu ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) durante un controllo di polizia all’esterno della locale stazione ferroviaria. La sua fuga in Italia portò a una indagine e una serie di controlli su i suoi contatti. Oggi a distanza si 7 anni è in corso una operazione della Polizia di stato con arresti e perquisizioni in tutta Italia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, nei confronti di esponenti di un gruppo accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con proiezione transnazionale. Tre le misure cautelari eseguite. Per due cittadini tunisini è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre per il terzo indagato, anch’egli originario del paese nord africano, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Più di 40 le perquisizioni in corso a carico di altrettante persone. Contestata l’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità. Amri usò un autoarticolato polacco, rubato in Piemonte, e si lanciò sulla folla del mercatino di Natale di Breitscheidplatz, nelle vicinanze della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, del quartiere berlinese di Charlottenburg. Il tunisino era appartenente alla rete salafitica La vera religione. Due anni dopo la strage in Italia erano stati arrestate cinque persone considerate appartenenti alla sua rete.
Nel corso dell’operazione di polizia sono state eseguite 44 perquisizioni nei confronti di 18 indagati per vari reati e di altre 26 persone nelle province di Ancona, Fermo, Ferrara, Catanzaro, Modena, Macerata, Siracusa e Verona. Tra i siti perquisiti è anche un Centro di Assistenza Fiscale – Caf nel Maceratese e un casolare nelle campagne della stessa provincia, meta abituale di stranieri giunti in Italia in stato di clandestinità. L’operazione denominata “Wet shoes” prende il nome da una conversazione intercettata dagli inquirenti nel corso di uno sbarco di clandestini avvenuto a Mazara del Vallo, nella quale uno dei sodali fa presente di aver paura di essere controllato dalle Forze di Polizia con a bordo gli stranieri appena sbarcati, in quanto gli stessi avevano ancora “le scarpe bagnate”. Agli arrestati viene contestata l’”associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità” ai soggetti sottoposti a misura cautelare personale i quali, “grazie ad una fitta rete di complicità intessuta sul territorio maceratese (in cui figurano titolari di aziende e pubblici ufficiali, con estensioni in diverse zone del territorio nazionale ed estero), avevano costituito un sodalizio criminale in grado di gestire l’approdo clandestino sulle coste siciliane di stranieri, in prevalenza nord africani, il supporto logistico e le coperture occorrenti per ottenere la documentazione necessaria a favorire il loro trasferimento su tutta l’area Schengen”.
Stando alle indagini tra gli stranieri intenzionati a raggiungere lo spazio europeo, attraverso i canali messi a disposizione dalla rete criminale, c’erano anche soggetti contigui a circuiti di combattenti impegnati in teatri di jihad. La posizione dei tre soggetti destinatari della misura cautelare è al vaglio anche in ordine ad eventuali movimentazioni finanziarie sospette che potrebbero essere connesse a fenomeni terroristici. L’indagine, spiegano gli investigatori, costituisce uno sviluppo investigativo dell’attività condotta dalla Digos di Roma, coordinata dalla Procura Capitolina, all’indomani dell’attentato terroristico a Berlino dal Amri, alla luce del suo soggiorno all’interno dei confini nazionali italiani, dove aveva fatto ingresso irregolare, proveniente via mare dalla Tunisia, attestandosi infine in Germania grazie al possesso di falsi documenti di identità italiani. Gli accertamenti permisero di ricostruire la rete relazionale italiana dell’attentatore, con particolare riguardo al periodo di soggiorno tra la Capitale e Latina, risalente alle fasi immediatamente precedenti il suo trasferimento in Germania, tali da attestare profili di contiguità con l’organizzazione terroristica denominata “Isis”. L’attività di indagine si concluse con l’operazione Mosaico” del 29 marzo 2018. Le ricadute investigative scaturite dai sequestri eseguiti nell’ambito dell’operazione “Mosaico” hanno messo in luce, secondo gli inquirenti, il pieno coinvolgimento di altre persone da cui l’indagine denominata “Mosaico II”, condotta dalla Digos romana e coordinata dalla Procura di Napoli, culminata il 15 maggio 2020 nell’esecuzione di 10 misure cautelari nei confronti di soggetti italiani e stranieri attestati sulla dorsale campana, e la successiva operazione “Mosaico III”, del 23 giugno 2022, conclusasi con l’esecuzione di ulteriori 3 misure cautelari ed un mandato d’arresto europeo nei confronti di uno straniero rifugiatosi in Olanda.