Anche se non c’è stata alcuna conferma immediata sui responsabili del raid contro la struttura militare di Isfahan, tutto sembra rientrare in uno schema di attacchi contro i siti strategici in tutto l’Iran che sono stati attribuiti a Israele negli ultimi anni. Non si è trattato di un aiuto soft all’Ucraina, che chiede senza risultato armi a Israele dall’inizio della guerra con la Russia: il raid in Iran è stato compiuto soprattutto per tutelare la sicurezza di Israele. I droni che oggi lIran sta dando ai russi – 2000 km di raggio – domani potrebbero essere nelle mani di Hezbollah e schierati in Siria e sud Libano, o imbarcati su ex porta-container per essere lanciati dal mare.

I quadricotteri che hanno colpito a Isfahan sono stati certamente assemblati in Iran, hanno scarso raggio (50 km) e quindi sono stati lanciati da una zona vicina all’impianto militare. Solo il Mossad dispone di una rete in grado di mettere insieme unoperazione così complessa, attraverso i gruppi sunniti iraniani clandestini, i monarchici dellex Shah, i Mujahiddin Khalq. Reti che hanno consentito i sabotaggi e le uccisioni eccellenti” dei tecnici nucleari iraniani negli anni scorsi. I droni hanno un ruolo sempre più importante nella guerra ombra combattuta tra Iran e Israele nei cieli di Iraq e Siria, nel Golfo Persico, nel Mar Rosso e persino nel Mediterraneo orientale, dove le petroliere sono state date alle fiamme da entrambe le parti dall’inizio del 2019. Tuttavia, la posta in gioco è stata più alta nello stesso Iran, dove il programma nucleare è stato oggetto di ripetuti tentativi di sabotaggio. Il massimo scienziato del Paese è stato assassinato nel 2020 e l’impianto nucleare di Natanz è stato colpito un anno dopo da un’esplosione che ne ha danneggiato le centrifughe. La struttura di Karaj è stata colpita lo stesso anno. Un attacco nel 2022 ha danneggiato una struttura di droni, distruggendo almeno 120 velivoli. È noto poi che Israele stia addestrando i piloti del suo jet da combattimento più avanzato, l’F35, per un possibile attacco agli impianti nucleari in Iran. Ha utilizzato gli aerei da guerra per attaccare gli interessi iraniani in Siria, comprese le consegne di parti di droni agli Hezbollah libanesi.

L’Iran ha sviluppato il suo programma missilistico e di droni per compensare la mancanza di una forza aerea efficace. E paradossalmente sono stati gli Usa a fornire il know-how all’Iran. Nel 2011 le forze armate iraniane hanno preso il controllo e fatto atterrare un drone-spia americano RQ-170 Sentinel intatto. Hanno decodificato tutto entro un anno e alla fine hanno prodotto la loro versione che negli anni è stata via via migliorata. L’Iran ora vanta una flotta di droni capaci di missili a guida di precisione con una portata di 2.000 km, oltre a un gruppo di droni di sorveglianza.

Lo Shahed 136, noto anche come drone sciame che ora è ampiamente utilizzato in Ucraina, sottolinea solo fino a che punto l’Iran è arrivato ad affermarsi come una potenza tecnologica dei velivoli senza pilota. Introdotto ufficialmente dall’Iran nel 2021, l’obiettivo dello Shahed 136 è aggirare i sistemi di difesa aerea di un avversario e sopraffare le forze di terra. Trasporta una testata del peso di circa 35 kg. E’ noto come drone “kamikaze”, per volare direttamente contro un bersaglio. Un altro drone da combattimento letale avanzato nell’arsenale iraniano è lo Shahed 129 che è stato testato in combattimento in vari teatri del Medio Oriente, tra cui Siria, Libano e regione del Golfo. Spinto dalla consapevolezza di non poter affrontare gli Stati Uniti frontalmente, l’Iran ha investito le sue risorse limitate nella costruzione di droni su larga scala, relativamente rudimentali e poco costosi ma efficaci.

Ma questa è una parte della storia. L’altra – non meno allarmante – è stata rivelata questa settimana dalla comunità dell’intelligence israeliana. Le Guardie rivoluzionarie iraniane stanno costruendo due portaerei per il lancio di droni armati ed elicotteri da combattimento, diversificando così le loro capacità per potenziali attacchi contro Stati Uniti e Israele. Le navi “Shahid Mahdavi” e “Shaid Bagheri” avranno ponti lunghi 240 metri. Lavorando alla massima velocità, il cantiere ISOICO fuori dal porto di Bandar Abbas dovrebbe terminare i lavori sulla prima nave, “Shahid Mahdavi 110-3”, entro la metà di marzo. Il tempo di produzione è stato ridotto convertendo in navi le porta-container per uso militare costruite nel 2000 per il commercio con la Cina. Le immagini registrate dai satelliti occidentali hanno mostrato l’inizio dei lavori nel maggio 2022. Lo scorso novembre il cantiere navale è stato visto allestire i ponti delle navi convertite per il decollo dei droni kamikaze.

Con i vettori aerei a portata di mano, l’Iran acquisirà una nuova arma di alto valore per organizzare azioni offensive dal Mediterraneo e dal Mar Rosso e rappresentare una minaccia diretta e tangibile per Israele, gli Emirati del Golfo e l’Egitto. Una nave spia iraniana, la “Makran” si trova attualmente nell’Atlantico al largo delle coste del Venezuela. Se viene integrata da una piccola portaerei dotata di droni, anche la costa americana del Pacifico potrebbe trovarsi sotto una nuova minaccia iraniana.

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