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Amanda Knox, il pm che l’accusò rivela: “Ci siamo incontrati e oggi mi manda le foto di sua figlia. Ci tiene a rendermi partecipe della sua vita più intima”

E’ lo stesso magistrato, in pensione dal 2020, a rivelare il loro incontro nella nuova edizione del suo libro "Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti", appena uscita dall’editore Morlacchi

di F. Q.

“Oggi io conosco Amanda e mi fido di lei. Come potrei vederla capace di fare qualcosa di male? Ma i processi non si possono fare con i sentimenti, per di più, sopraggiunti ad una sentenza definitiva. Questo, ad Amanda, riesce pressoché impossibile capirlo. Se, dal punto di vista processuale, c’è un blocco che mi appare, per ora, insuperabile, dall’altro punto di vista, cioè da quello umano e ‘restorative’, come dice la fanciulla di Seattle, il rapporto di fiducia che si è instaurato tra noi due è altrettanto forte, coinvolgente e irrinunciabile. E ciò è accaduto per iniziativa di questa ragazza, un’iniziativa da lei a lungo coltivata. Se fosse stato per me, non avrei mai avuto il coraggio di porgerle la mano, nonostante abbia intuito il suo desiderio d’incontrarmi anche prima che me lo dicesse. Troppo ero coinvolto nello studio del processo e nel desiderio di vedere accolta l’ipotesi accusatoria anche da quei pochi giudici che l’hanno respinta, oltre che in quello di difendere le istituzioni italiane, la mia città, i miei collaboratori e me stesso dal mare di vergognose calunnie che ci sono piovute addosso”.

Prima le lettere, poi un giorno la decisione di incontrarsi al tavolino di un bar e da lì una grande amicizia. Era il 17 giugno del 2022 e da allora tra loro si è instaurato un rapporto di fiducia e stima reciproca che li lega nonostante l’Oceano che – letteralmente – li divide. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che i protagonisti di questa storia sono Amanda Knox, condannata e poi assolta per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher il 1° novembre 2007, e Giuliano Mignini, il sostituto procuratore (oggi in pensione) che l’aveva accusata insieme a Raffaele Sollecito. Accusatore e accusata si sono trovati così faccia a faccia, in campo neutro, anni dopo la vicenda giudiziaria che li ha visti protagonisti. E’ lo stesso magistrato, in pensione dal 2020, a rivelare il loro incontro nella nuova edizione del suo libro “Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti“, appena uscita dall’editore Morlacchi. Il colloquio in presenza tra la giovane americana, che in primo grado fu condannata a 26 anni dalla Corte di Assise di Perugia, e Mignini è avvenuto venerdì 17 giugno 2022, poco più di tre anni dopo la prima richiesta di incontro inoltrata, per lettera, l’8 aprile 2019: si sono trovati nei pressi di Perugia, alla presenza di don Saulo Scarabattoli, cappellano del carcere del capoluogo umbro, amico di entrambi.

La mattina del 17 giugno 2022 Mignini, insieme a don Saulo, si è recato all’appuntamento con Amanda Knox e “siamo stati insieme per quasi tutta la giornata. Abbiamo anche pranzato insieme – racconta il magistrato nel libro – Al pranzo c’era anche il marito di Amanda, Christopher, e la deliziosa bimba, Eureka Muse, nata l’11 luglio 2021. Il lungo colloquio tra lei e me, presente don Saulo, si è svolto la mattina ed è durato circa tre ore. Non posso entrare in dettagli sul contenuto dell’incontro stesso ma sono rimasto colpito dalla gioia e dalla profonda commozione che Amanda ha dimostrato. La spinta psicologica che Amanda ha provato nel desiderio d’incontrarmi dev’essere molto forte ed era stata da lei coltivata da molto tempo”.

Mignini racconta che Knox si era fatta viva con lui per lettera nella primavera di quattro anni fa. E lo fece alla vigilia di un appuntamento pubblico in Italia: il 15 giugno 2019 avrebbe partecipato ad un incontro a Modena al “Forum Monzani”, organizzato dalla Camera penale di Modena, con la partecipazione dell’associazione Innocence Project. Con ogni probabilità, nelle sue intenzioni iniziali, lei avrebbe voluto coniugare quella sua partecipazione con l’incontro con Mignini, a cui pensava da anni. Ma l’allora pm declinò l’invito facendo presente che avrebbe potuto incontrarla solo dopo il suo pensionamento: “Sarebbe iniziato, da allora, un rapporto epistolare che si protrae sino ad oggi con piena soddisfazione reciproca, che tuttavia abbiamo deciso di mantenere privato”, scrive Mignini nel libro.

Qual è stato il messaggio con cui Amanda ha esordito? “Lo posso dire perché la ragazza di Seattle lo ha proclamato pubblicamente a Modena e lo ha sempre confermato nel corso di questi anni – racconta Mignini – È molto semplice: la premessa è che lei avrebbe voluto conoscermi, debbo ritenere, dall’inizio delle indagini. Fin dalla notte del fermo e successivamente. Il contesto giudiziario, fatto di ‘ruolì contrapposti e il fatto che gli unici contatti con me fossero nelle ‘stanze degli interrogatori’ e nelle ‘aule di giustizia’ erano, però, di ostacolo a questa conoscenza personale e ciò la faceva soffrire. Finito il processo e, soprattutto, dopo avermi visto al di fuori del mio ruolo, si era rafforzato il suo desiderio e aveva preso il coraggio di contattarmi. Sperava di far coincidere il tanto atteso incontro con me con la sua partecipazione all’incontro di Modena, ma, visto che ero indisponibile in quel momento, ha accettato di attendere il mio pensionamento, prima di incontrarmi e, nel frattempo, ha cominciato l’intenso rapporto epistolare con me. L’attesa si è protratta perché, nel frattempo, era scoppiata l’epidemia del Covid, ma, finalmente, il 17 giugno dello scorso 2022 abbiamo, di comune accordo, fissato la data del nostro incontro nei pressi di Perugia”.

Lei avrebbe voluto che Mignini fosse presente anche ad un successivo incontro con i suoi familiari a cui si sarebbero dovuti aggiungere i suoi avvocati Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova, ma l’ex pm ha “ritenuto di rinunciare a questo secondo incontro, per evidenti ragioni di opportunità, anche perché vi sarebbe stata un’apericena e la mia presenza, insieme ai suoi legali, mi sembrava inopportuna”. All’inizio, sull’onda delle continue riserve e pressioni a non fidarsi che erano venute da più parti, anche da persone che lo avevano messo in guardia nei confronti di Amanda ma che erano animate dalle migliori intenzioni, “qualche riserva e qualche cautela” l’aveva anche Mignini. “Ma sono andato avanti, dritto, nel rapporto con lei perché, ormai, la conosco, gli altri, no. E ho capito che non c’era alcun inganno in lei. Solo il bisogno di aprirsi e di dirmi tutto del suo mondo, di dirlo solo a me e di sentirmi parlare della mia vita – scrive Mignini – C’è un particolare che è più eloquente di ogni altra considerazione, una delle cose che mi hanno più stupito di lei, in questa sua svolta: il fatto che ci tenga a rendermi partecipe della sua vita più intima. Mi manda le foto della sua vita familiare e, soprattutto, della piccola, dolcissima Eureka il cui volto lei lo nasconde a tutti, perché ha paura dei paparazzi, come dice, meno che a me e a don Saulo. Amanda mostra spessissimo le foto di Eureka, fin da quando aveva pochi giorni, a me e don Saulo, mentre nel secondo caso era comprensibile, perché le era sempre stato amico e un prezioso sostegno fin dal suo fermo e arresto, per me, questo atteggiamento aveva ed ha un che di straordinario perché io sono quello che l’ha messa in carcere e ne ha chiesto la condanna”.

Perché è nato in Amanda questo interesse per il suo ex inquisitore? “Non lo so. Questo è un mistero che va rispettato – scrive ancora Mignini – Forse, le avrà parlato di me don Saulo che mi conosce, come suo vecchio parrocchiano, esattamente dal 1967. Amanda, come me profondamente curiosa, rassicurata da don Saulo, cominciò a interessarsi di me, unico tra tutti gli inquirenti in cui lei avrebbe potuto scorgere, forse, non lo so, un briciolo di umanità e di comprensione. È come se, nonostante tutto e nonostante io fossi il pm, lei sentisse di potersi fidare completamente di me. Questo è quello che deve essere successo in lei. Ancora oggi m’interrogo sul bene che, nonostante i miei difetti, lei deve avere visto o immaginato di vedere in me. S’è instaurato così un rapporto unico e credo di poterlo definire straordinario. Un rapporto in cui, da un lato vi è il passato dei ruoli processuali contrapposti, senza possibilità, almeno per ora, di una composizione di questa diversità di vedute sul processo. A questo riguardo, debbo dire che, nonostante la mia grande pazienza e il mio sforzo di far comprendere ad Amanda che il quadro che è emerso dal processo, al di là delle innegabili anomalie dell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, sia tutt’altro che inquadrabile in un ‘errore giudiziariò, non sono riuscito a convincerla”.

Interpellato dall’Adnkronos, l’ex pubblico ministero Giuliano Mignini aggiunge: “Questo è quello che posso dire. Non rinnego nulla delle mie conclusioni processuali che confermo in pieno. Non sono io che ho chiesto di incontrare Amanda. Fosse stato per me, non sarebbe mai successo. Non lo avrei mai immaginato. È Amanda che mi ha chiesto di incontrarmi ed io, a processo concluso, con lei che aveva scontato la pena per la calunnia ed era stata assolta in maniera dubitativa dall’omicidio, ho ritenuto di ascoltarla e di incontrarla. Ho ipotizzato le ragioni che possono avere spinto Amanda ad incontrarmi nel libro che, nella postfazione, Amanda ha condiviso ma dovreste essere voi a chiederglielo. Quello che posso dirvi è questo”.

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