In generale la privatizzazione dei servizi idrici attuata in Inghilterra a partire dal 1989 per decisione del governo di Margaret Thatcher è al centro di critiche e ripensamenti. Le 9 principali società che gestiscono i servizi hanno accumulato debiti per versare dividendi agli azionisti (66 miliardi di sterline a fine 2022) e il costo delle passività si scarica sulle bollette e sugli utenti a fronte di un servizio spesso inefficiente
Il consiglio comunale di Oxford, cittadina inglese di 152mila abitanti, ha votata all’unanimità per chiedere che il servizio idrico torni ad essere pubblico. Il consigliere Chris Jarvis ha spiegato che “la privatizzazione è stato un esperimento fallito” che si è rivelata una “truffa legalizzata”. Jarvis ha aggiunto: “Abbiamo visto miliardi di sterline sprecati a fronte di una completa mancanza di investimenti per la manutenzione delle infrastrutture, il tutto accompagnato da un aumento vertiginoso delle bollette. Sta diventando sempre più chiaro che si tratta di una truffa legalizzata, che esiste esclusivamente a vantaggio degli azionisti, a scapito delle persone e del pianeta“, ha proseguito il consigliere. Il collega Lois Muddiman ha ricordato come l’anno scorso Thames Water (la società che gestisce il servizio) abbia scaricato acque reflue non filtrate nei fiumi intorno ad Oxford in oltre 5mila occasioni. La consigliera ha anche rimarcato come la società sia stata condannata a restituire agli utenti 50 milioni di sterline a causa dei disservizi, la somma più altra tra analoghe disposizioni emanate in Gran Bretagna.
Un portavoce di Thames Water ha ribattuto che la società “è impegnata a proteggere l’ambiente e ad assicurare il servizio per i clienti” ricordando come gli azionisti non ricevano dividendi da 5 anni. In generale la privatizzazione dei servizi idrici attuata in Inghilterra a partire dal 1989 per decisione del governo di Margaret Thatcher è al centro di critiche e ripensamenti. Le 9 principali società che gestiscono i servizi hanno accumulato debiti per versare dividendi agli azionisti (66 miliardi di sterline a fine 2022) e il costo delle passività si scarica sulle bollette e sugli utenti a fronte di un servizio spesso inefficiente. Il quotidiano inglese Guardian ha recentemente rivelato come il 70% delle quote di queste società faccia capo a fondi di investimento internazionali, private equity, banche, non di rado tramite società domiciliate in paradisi fiscali.