Lombardia e Lazio destinano una quota importante di risorse finanziarie a operatori privati invece che alla sanità pubblica. Ma non sempre la scelta comporta una maggiore efficienza del sistema, come testimoniano i livelli essenziali di assistenza.
di Monica Montella e Franco Mostacci (fonte: lavoce.info)*
La spesa sanitaria delle regioni
In ossequio al dettato costituzionale, il sistema sanitario italiano si caratterizza per la sua universalità garantendo a tutti i cittadini l’accesso alle cure. La tutela della salute è la voce più importante dei bilanci regionali e assorbe il 76 per cento degli impegni di spesa nel rendiconto finanziario 2021 della Lombardia e quasi il 70 per cento in quello 2020 del Lazio (al netto delle partite di giro e conto terzi).
In vista delle imminenti elezioni che si terranno a febbraio nelle due più importanti regioni italiane – la Lombardia (quasi 10 milioni di abitanti) e il Lazio (5,7 milioni) – il tema della sanità pubblica dovrebbe essere al centro dei programmi elettorali degli schieramenti, in modo che i cittadini possano scegliere consapevolmente a chi dare il proprio voto.
Il finanziamento della sanità pubblica è affidato alla fiscalità generale, salvo il contributo richiesto in taluni casi per l’acquisto di medicinali, gli accertamenti diagnostici e le visite specialistiche (ticket). Il Fondo sanitario nazionale assegna le risorse alle regioni e province autonome, che le destinano alle strutture territoriali e ospedaliere, ciascuna delle quali redige un bilancio civilistico (conto economico e stato patrimoniale) consultabile sulla banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap).
Le strutture sanitarie pubbliche forniscono i servizi ai cittadini (farmaci, medicina di base, visite specialistiche, diagnostica, ricoveri ospedalieri e così via) avvalendosi anche di imprese private convenzionate o di professionisti del settore, se non riescono a garantire le prestazioni sanitarie con il personale e le attrezzature di cui dispongono.
Nel 2021, su oltre 22 miliardi di spesa pubblica sanitaria (2.200 euro per abitante), la Lombardia (tavola 1) ne ha conferiti 6,4 agli operatori privati (erano 5,7 nel 2012). Più di un terzo è andato alle altre prestazioni sanitarie, di cui 1,5 miliardi destinati all’acquisto di prestazioni da consultori privati e comunità terapeutiche. I ricoveri ospedalieri presso strutture private costano 2,1 miliardi e le visite specialistiche 1,1 miliardi. Nel 2020, a causa del Covid, sono temporaneamente diminuite le prestazioni specialistiche e ospedaliere, ma sono cresciuti gli altri servizi sanitari anche per il ricorso a personale esterno. La spesa per abitante affidata a operatori privati ammontava nel 2021 a 645 euro, con un incremento di oltre il 10 per cento in dieci anni.
Nel Lazio (tavola 2) la spesa pubblica sanitaria è proporzionalmente inferiore alla Lombardia, ma equivalente in termini pro capite (circa 2.200 euro). Su 3,8 miliardi complessivamente destinati a operatori privati nel 2021 (il 22 per cento in più rispetto al 2012), quasi 1,6 sono stati assorbiti dai servizi ospedalieri presso strutture private accreditate, con un trend in forte crescita negli ultimi 3 anni, senza interruzione durante l’emergenza pandemica. Il valore per abitante delle prestazioni fornite da operatori privati è di 669 euro nel 2021, il 20 per cento in più rispetto a dieci anni prima.
Per tutto il periodo 2012-2021 (con l’eccezione del 2020), il 22 per cento della spesa sanitaria pubblica italiana è stata destinata a operatori privati per l’effettuazione di visite specialistiche, cure riabilitative, servizi integrativi e protesici, ricoveri ospedalieri, altre prestazioni (psichiatria, farmaci ospedalieri, termali, trasporto sanitario, prestazioni socio-sanitarie), altri servizi sanitari (consulenze e collaborazioni, altri servizi sanitari e socio-sanitari, formazione), altri servizi non sanitari (consulenze e collaborazioni). In Lombardia e Lazio la quota è molto più alta, intorno al 30 per cento.
Gli effetti sull’efficienza del sistema
Per verificare se una più alta intensità di servizi sanitari pubblici erogati tramite privati si riflette in una maggiore efficienza del sistema, la quota di spesa affidata a operatori privati è stata posta a confronto con i livelli essenziali di assistenza (Lea) raggiunti nel 2019.
Le regioni del riquadro in alto a sinistra della figura 2, delimitato dai valori medi delle due variabili considerate, sono quelle che coniugano un alto punteggio dei Lea con un valore contenuto della quota di spesa destinata ai privati (ovvero con un maggiore utilizzo di strutture e servizi pubblici).
La Lombardia e il Lazio (ma anche la Puglia) hanno un punteggio elevato dei Lea, ma anche la più alta quota di privato, che non sembra essere quindi determinante per l’efficienza del sistema sebbene si stiano considerando modelli organizzativi diversi, inclusa la presenza di produttori privati senza scopo di lucro. Le situazioni peggiori sono quelle che emergono per le regioni Sicilia e Campania, che nonostante l’elevata spesa affidata a privati, non riescono a raggiungere il valore medio dei Lea (figura 2).
La progressiva riduzione del personale sanitario, delle strutture pubbliche, delle immobilizzazioni materiali per impianti, macchinari, attrezzature sanitarie e scientifiche fanno ritenere che in Italia, ma soprattutto in Lombardia e Lazio, siano in corso da diversi anni politiche economiche tese a depotenziare la sanità pubblica lasciando un maggiore spazio all’attività di operatori privati.
Il nuovo modello di sanità in corso di realizzazione con le risorse del Pnrr per l’ampliamento dell’assistenza territoriale, le reti di prossimità e l’ammodernamento tecnologico è l’occasione da non perdere per rivedere gli attuali squilibri e ribadire la centralità del servizio pubblico a garanzia dei principi di universalità, uguaglianza ed equità di accesso alle cure sanitarie.
* L’articolo riflette solo l’opinione degli autori e non impegna in alcun modo l’Istituto di appartenenza.