Erano partiti dalla Tunisia sei giorni fa: sono stati soccorsi dalla guardia costiera italiana in acque maltesi. Mancano all'appello anche due dispersi: uno è il neonato, caduto in acqua dalle braccia della madre morta. Il sindaco di Lampedusa chiede aiuto al governo: "Non lasciateci soli"
C’è anche una donna incinta tra gli otto cadaveri che sono stati trovati a bordo di un barcone di migranti soccorso dalla guardia costiera. La motovedetta Cp324 è intervenuta nella notte tra il 2 e il 3 febbraio in acque Sar Maltesi, a 42 miglia da Lampedusa, e ha tratto in salvo 42 persone di origine nordafricana, portandole all’hotspot di contrada Imbriacola, sull’isola siciliana. Secondo le testimonianze raccolte dai soccorsi, oltre agli 8 morti ci sono anche altre due vittime. La prima è un neonato, scivolato in mare dalle braccia della madre che aveva perso i sensi. I migranti pensavano che fosse svenuta, invece era deceduta sullo scafo. La seconda vittima dispersa è un uomo che sedeva sul bordo della barca e, sfinito dal digiuno e dal viaggio, è svenuto in mare. I corpi ritrovati sono di cinque uomini e tre donne, una delle quali in avanzato stato di gravidanza: sono morti di fame e di freddo durante la traversata. I migranti superstiti erano bagnati fradici, infreddoliti e disidratati. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta, coordinata dal Procuratore facente funzione Salvatore Vella.
Il neonato scivolato dalle braccia della madre – Le persone tratte in salvo hanno riferito ai mediatori culturali che sul barcone c’era una donna con il suo neonato di quattro mesi. La donna, che stingeva forte il suo bambino tra le braccia, non è riuscita a sopravvivere alla traversata. È morta nello scafo, lasciando, quindi, la presa sul bimbo che è scivolato in mare.
Gli otto corpi – Il suo cadavere, così come quello degli altri sette compagni di viaggio deceduti, è stato lasciato all’interno dello scafo. Le salme di chi non è riuscito ad arrivare vivo a Lampedusa sono state portate nella piccola camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, dove dovranno essere sottoposte a ispezione cadaverica.
Il viaggio e i soccorsi – I migranti hanno raccontato ai mediatori culturali di essere partiti con l’imbarcazione di sei metri da Sfax, in Tunisia, alle ore 3 del 28 gennaio, dopo essere stati per mesi rinchiusi in una safe house di Mahdia. Il barcone era stato avvistato da un peschereccio tunisino, che si trovava fra l’Italia e Malta, già la mattina del 2 febbraio. I pescatori hanno richiesto subito i soccorsi alle autorità marittime, spiegando via radio che a bordo vi era probabilmente un cadavere. Trattandosi di acque Sar Maltesi, i soccorsi sono stati delegati a Malta. Solo nel tardo pomeriggio è stata formalizzata la richiesta al comando generale della Capitaneria di porto di Roma che, ricevuta la richiesta di aiuto da Malta, ha inviato la motovedetta Cp324.
L’appello del sindaco – “Rivolgo un appello al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il governo non ci lasci da soli a gestire quest’immane tragedia. Aiutateci, in questo modo non riusciamo più a gestire”, ha detto il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino, recandosi all’hotspot di Lampedusa. Qualche ora prima del salvataggio nelle acque Sar Maltesi, le motovedette della Capitaneria e della Guardia di finanza avevano soccorso altri due barconi con a bordo complessivamente 75 persone. Sulla prima imbarcazione, con 37 persone originarie di Camerun, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea e Senegal, anche 14 donne, una delle quali incinta, e un minore.